DOPO CAPORETTO: LE PROFUGHE E LA POVERTA'
LE PROFUGHE E LA POVERTÀ
Con lo scoppio della guerra e la
chiamata alle armi di mariti, fratelli e padri parecchie donne
dovettero inventarsi il ruolo di capo-famiglia, ruolo a cui non erano
preparate. Quelle residenti nelle zone di guerra dovettero migrare in
altre regioni affrontando esperienze nuove e difficili, soprattutto
quando finirono nelle regioni del centro-sud.
< Si instaurava così un circolo
vizioso, come narra una profuga friulana giunta a Cerignola (FG):
"... fuggita
dal mio caro paesello, durante l'invasione nemica, senza aver potuto
portare con me neppure il necessario per cambiarmi, fui menata qui,
in questa città delle Puglie […]. Qui non si può avere neppure
l'acqua per lavarsi e devo pagarla a caro prezzo, diffalcando la
spesa dall'esigua paga di lire due al giorno. Con l'enorme crescente
rincaro dei viveri devo
pensare a tutto con sole due lire;
né posso andare in cerca di decorosa occupazione, vergognandomi di
uscire dal mio ricovero così malandata e indecentemente vestita."
(Daniele Ceschin, "La condizione delle donne profughe e dei
bambini dopo Caporetto", in "DEP-Deportate, Esuli,
Profughe, Rivista Telematica di studi sulla memoria femminile",
n. 1, 2004, p. 28). .. >
< ... "Una
donna di San Pietro del Natisone (UD), trasferita in un piccolo paese
vicino a Catania, ricorda come
"siamo
abbastanza mal visti che questa giente e peggio delle bestie. Ci
guardanno male anoi e noialtri non potiamo più soportare […] Siamo
qui come i zingari anche peggio tutti straciati."
(Daniele Ceschin, "La condizione delle donne profughe e dei
bambini dopo Caporetto", in "DEP-Deportate, Esuli,
Profughe, Rivista Telematica di studi sulla memoria femminile",
n. 1, 2004, p. 29). ... >
Spesso molte profughe si trovarono
costrette a dover chiedere l'elemosina e, in certi casi disperati,
arrivarono perfino ad abbandonare i propri figli.
Per molte di queste profughe, provenendo da
piccoli paesi e dalle campagne, non fu facile trovare lavoro in
quelle fabbriche che convertirono la loro produzione in forniture per
l'esercito: munizioni, armi, abiti, divise militari e tutto ciò che
serviva alle truppe al fronte. Pur di avere un salario garantito e
superiore alla media si adattarono a fare lavori, pesanti e
pericolosi, tipicamente maschili nelle industrie meccaniche e
siderurgiche o nelle aziende agricole della pianura padana.
Purtroppo molti approfittarono delle
profughe che si trovavano in questa situazione costrette ad accettare
un lavoro a qualsiasi condizione. Casi di ricatti e soprusi,
pagamenti al ribasso erano al'ordine del giorno, non mancavano
ovviamente le violenze sessuali (materiali e psicologiche). Le più
colpite erano le giovani ragazze. A quelle più avvenenti venivano
offerti lavori come cameriere nelle case di ricchi possidenti
terrieri del sud che innescavano le peggiori dicerie.
Le profughe erano spesso viste come
prostitute, tanto che non poche, per poter sopravvivere, furono
costrette a prostituirsi finendo in vere e proprie "tratte delle
profughe" che si crearono nelle grandi città del centro e del
sud Italia.
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