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Visualizzazione dei post da novembre, 2018

IL CAVALLO E I VENETI- IL MISTERO DELL'UOMO CAVALLO

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Articolo di Luigi Pellini IL CAVALLO "Il cavallo rappresenta per i veneti un animale indispensabile nell’aldiqua e nell’aldilà. Vedi l’elmo di Oppeano. Anche i celti raffiguravano uno strano essere :un cavallo fuso con l’uomo , un centauro e nell’elmo di oppeano per di più alato. Il simbolo del cavallo è evocatore del regno sotterraneo .anche presso i celti e il cavallo era ipostasi stessa del dio Lug. E il cavallo è portatore di morte, vedi la tradizione dell’apocalisse di Giovanni." Fino all’insediamento degli uomini, avvenuto nel neolitico, la pianura padana era coperta da immense foreste. Ciò è testimoniato dai nomi delle località, come Cadeglioppi, che deriva da Domus Oppiorum, ovvero dall’oppio, un albero della famiglia degli aceri usato sin dal medioevo come sostegno per le viti. Le zona infatti in cui sorge Cadeglioppi era caratterizzata da una vegetazione abbondante di oppi, querce, nocciole ed olmi, ed era attraversata dall’Adige, che scorre

IL MONDO SPIRITUALE DEI PALEOVENETI

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Luigi Pellini,  studioso del mondo antico, ci riassume le caratteristiche culturali uniche rispetto alla penisola, degli antichi Padri veneti. La nostr agente, pur coinvolta nella romanizzazione,seppe mantenere la propria identità e il proprio modo dei vedere il mondo ed affrontarne i problemi, fino al giorno d'oggi.  E’ doveroso riportare le parole del grande etruscologo M.Pallottino che così scriveva sui problemi legati alla storia dell’Italia preromana, dai contorni non ben definiti. Sono le stesse parole che Loredana Capuis sceglie per aprire il suo bellissimo studio: I VENETI-Società e cultura di un popolo dell’Italia preromana-. "la Grecia e per la civiltà greca, cioè per una realtà storica espressa da una sola stirpe [….] L’Italia preromana è un coacervo di esperienze etnico-linguiste, sociopolitiche, culturali diversissime, e ai più diversi livelli di avanzamento[….]Ciò spiega perché ne sia così difficile la compressione, e per così dire sfuggente il significa

GLI HENETOI E I VENETI DI PADOVA, UN'INDAGINE E UN INDIZIO

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La stupenda parure in oro appartenente a una regina rinvenuta durante gli scavi a Troia Ieri si parlava con  il presidente di Europa Veneta delle somiglianze tra reperti venetici e reperti troiani (quindi dell'area frequentata dagli henetoi di Omero) e mi è venuta in mente la bellissima parure trovata tra il l tesoro di Priamo , un insieme di oggetti in metalli preziosi che Heinrich Schliemann scoprì nel sito dell'antica Troia e che egli attribuì alla moglie del re Priamo. particolare dei pendenti della parure pettorina di una nobile donna veneta con pendenti molto simili Sfogliando un volume in mio possesso, ho buttato l'occhio su una pettorina scavata ad Este, e ho notato che i pendagli della stessa erano quasi identici agli orecchini della regina di Troia. Indubbiamente i veneti nostri hanno strette relazioni e parentela con i veneti europei, questo ci dicono innumerevoli reperti, ma questo non si esclude del tutto che dei veneti siano venuti a bordo

DARU, IL CALUNNIATORE DI VENEZIA, AMMIRA PERO' LA SUA STORIA

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L'amico Orlando Dall'Anese mi segnala questo bel panegirico sui Veneti fondatori di Venezia, ma quello che colpisce è il nome dell'autore, il francese Daru, ex generale dell'armata napoleonica, che cercò con una operazione di revisionismo storico, di trovare pezze d'appoggio al criminale agire di Napoleone, il quale distrusse per sempre la libertà veneta. Ma anche Daru restò colpito nel profondo dall'epopea dei Veneti fuggiaschi in laguna. Pierre Daru - Histoire de la République de Venise (1819)  Pierre Daru fu un comandante delle armate napoleoniche,conosciuto per le sue opere Histoire de la République de Venise (1819) e Histoire de la Bretagne(1826).  Fu molto critico nei confronti della repubblica di Venezia,ma nonostante questo In "Histoire de la Republique de Venise" come incipit scrisse (tradotto in italiano): "Non è raro vedere grandi migrazioni di popoli inondare un paese, cambiarne la faccia e aprire per la storia una nuova er

UNA STRAGE DIMENTICATA DEI FRANCESI, A MONTEROVERE (CALDONAZZO)

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Fernando Larcher · Era l'10 febbraio 1797. L'esercito di Napoleone aveva occupato Trento e gruppi di soldati francesi giravano per le montagne e per le valli a requisire vettovaglie, foraggio e qualsiasi cosa servisse loro. Un gruppetto di questi giunse a Monte Rovere, sulla strada per Luserna. All'epoca, dove adesso si trova l'albergo, sorgeva un'osteria gestita da una famiglia Sartori di Casotto.  Giunti sul luogo che era già notte, i soldati a cavallo bussarono con forza e chiesero all'oste di poter mangiare. Ma costui disse di no, che era troppo tardi e che non aveva nulla da dare loro. Indispettiti i soldati se ne andarono, dicendo che sarebbero tornati il giorno dopo. E infatti tornarono, gli stessi della sera prima. Si fecero aprire e si fecero servire da mangiare e da bere. Dopo di che, ubriachi, impiccarono l’oste, Pietro Sartori di 40 anni, accoltellarono la moglie Orsola di anni 41, uccisero il figlio Giovatta di 17 anni, la figlia Giuseppina d

LA DEVOTA DI CALDEVIGO, UN MONDO PERDUTO?

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La preghiera degli antichi veneti Statuina erroneamente chiamata la dea di Caldevigo in realtà raffigura una donna orante con le braccia aperte che invoca la divinità la possiamo definire anche: "la devota di Caldevigo". Il bronzetto e bellissimo colmo di patos e di grande religiosità: raffigura una sacerdotessa, vestita con grande accuratezza con una acconciatura speciale ed elaborata a forma conica che ricorda indubbiamente il famoso e raffinatissimo "Elmo di Oppeano". Questa sacerdotessa, traboccante di dolcezza, incarna il mondo venetico del IV secolo ante era volgare. Un mondo magico irrepetibile distrutto anche dal cristianesimo. Non conosciamo ormai più la trascendenza, e il vero potere della preghiera. PUBBLICATO DA LUIGI PELLINI Pellini ci porta  dentro al mondo della religiosità di paleo veneti, assolutamente diverso da quello dell'uomo moderno: ma la rottura, fu veramente l'avvento del Cristianesimo? Io credo di no, il cristianesimo fu

I CORRIERI VENETI DETTI "CAVALLANTI", il primo servizio postale moderno.

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Pagina miniata della mariegola dei "cavallanti" Fu grazie a Venezia e alla famiglia Tasso (proprio quella del famoso poeta) bergamasca, se in Europa nacque il primo servizio postale in senso moderno, tramite i "cavallanti", dei postini ante litteram che distribuivano la corrispondenza prima nel territorio di san Marco poi nello stato pontificio e nell'impero germanico. Ma partiamo dall'inizio: Lungo le correnti di traffico mercantile troviamo i corrieri veneziani, cioè dei privati corrieri che percorrevano l’Europa dei secoli passati per trasportare le lettere. In periodo già precedente all’anno mille nacque a Venezia, o meglio a Rialto, il sestiere che per tanti secoli fu il punto centrale della vita economica veneziana, la professione del corriere, resa necessaria dal vitale bisogno di scambio delle notizie proprio dell’attività mercantile. Tra i corrieri che esercitavano questa attività, si distinsero alcuni che provenivano dal bergamasco, in part

IL TEATRO A VENEZIA, UN AFFASCINANTE CONFRONTO CON IL PASSATO

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UN ARTICOLO della veneziana Antonella Todesco che leggerete tutto d'un fiato, e verrà spontaneo il confronto con le abitudini di oggi. Scoprirete ad esempio, che ad ogni inizio stagione un architetto doveva verificare l'agibilità della sala. (Perché non farlo per le scuole italiane?) E poi i venditori di "stracaganasse", la claque formata da gondolieri... un mondo vivace ed affascinante cronologicamente lontano, ma tanto vicino a noi veneti d'oggi. Antonella Todesco Nel 1700, a Venezia, gli spettacoli teatrali incominciavano, per la sola commedia, ai primi di ottobre; erano vietati dal 15 dicembre per tutta la novena delle feste natalizie e riprendevano il 26 dicembre giorno in cui si iniziava la stagione d inverno o di carnevale che si chiudeva con il martedì grasso. Nei 15 giorni della fiera dell' Ascensione si riapriamo i teatri d opera . Ogni anno, prima che le recite iniziassero, i provveditori del comune obbligavano i proprietari dei teatri

LE VERE CERNE O CERNIDE DEL CADORE, COME FUNZIONAVANO

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Le milizie popolari cadorine operano per la difesa del territorio già al tempo del potere temporale dei Patriarchi di Aquileia al quale era soggetto anche il Cadore, ma è con il passaggio sotto la sovranità della Serenissima (1420) che le cèrnide acquistano una organizzazione appropriata ed il privilegio di combattere solo entro i confini della propria contrada contro chiunque avesse tentato di invaderla, obbligo questo cui tennero sempre fede.  Con il passaggio alla repubblica di Venezia il Consiglio di Cadore acquistò maggior prestigio e maggiore autorità di quanto ne avesse avuti durante il dominio patriarcale. Era, infatti, connaturato alla politica veneziana concedere ai suoi territori quelle forme di autonomia, (una specie di federalismo ante litteram), per le quali le genti non si sentivano sudditi, ma partecipi alla vita pubblica.  Ecco allora che tra i compiti del Consiglio di Cadore, che era costituito a Pieve presso il palazzo della Magnifica, vi era quello di n

FINALMENTE EL LION TORNA A PESCHIERA! Dopo 221 anni...

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FINALMENTE EL LION TORNA A PESCHIERA! Dopo 221 anni si pone fine allo sfregio napoleonico. Un articolo dell'Arena ci spiega tutto. 🤗😍 Dopo la riqualificazione del piazzale della Caserma d’artiglieria e dei camminamenti sopra i bastioni San Marco e Querini, l’amministrazione comunale di Peschiera punta a ridare splendore alla facciata di Porta Verona, l’ingresso principale del paese. «In questi giorni saranno indette due gare d’appalto, una per il restauro conservativo della facciata e la collocazione del leone marciano, l’altra per la realizzazione della scultura del leone», informa il vicesindaco Filippo Gavazzoni.  L’obiettivo è riuscire a partire con i lavori a dicembre e ultimarli entro la metà di marzo, prima della partenza della stagione turistica e della scadenza del mandato elettorale. L’intervento ha un costo di 77mila euro e prevede, oltre alla realizzazione della scultura del leone, la pulitura della facciata e di parte delle mura veneziane adiacenti e i

VENEZIA E LA PESTE, LA MADONNA DELLA SALUTE

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A Venezia, all’imbocco del Canal Grande, troneggia nitida ed imponente sul paesaggio della città, la Basilica della Madonna della Salute. È una delle chiese più belle e grandiose di tutta Venezia e sta a testimoniare l’amore riconoscente dei Veneziani verso la Madonna, per averli liberati dal contagio della peste del 1630. Non è la prima volta che essi fanno la triste esperienza di quanto sia terribile la peste: quella del 1348 ha portato via i due terzi della popolazione, e quella del 1575, anche se meno violenta, è così insistente e duratura che la Serenissima ricorre all’aiuto divino e fa voto di costruire la Chiesa del Redentore alla Giudecca. Quella del 1630 è particolarmente violenta, e Venezia presenta uno spettacolo desolantissimo: i lazzaretti sparsi per le isole sono incapaci di contenere gli appestati che pertanto rimangono nelle case, il più delle volte senza medici, essendo insufficienti, quelli rimasti, per un servizio tanto intenso. Le medicine presto si esauris

LA DANZA VENETA, TRA REGGERE IL MOCCOLO E PAVONI

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Ricerca diAntonella Todesco Tra i divertimenti dei veneziani il preferito era la danza, che ebbe i suoi storici, i suoi poeti e i suoi trattatisti. Molti e particolari erano le danze. Nel ballo "della torcia" ricordato in un sonetto di Torquato Tasso, la donna con una torcia in mano, passeggiava per la sala, poi si avvicinava al ballerino prescelto e lo invitava dandogli la mano dopo aver consegnato la torcia a un altro meno fortunato, che così reggeva il lume (da qui la frase "reggere il moccolo"). Nelle feste spesso danzavano donne con donne e uomini soli. Il ballo aveva attrattive così irresistibili da fare dimenticare persino il lutto alle vedove e il decoro ai prelati, che volentieri partecipavano alle feste veneziane. Il popolo si abbandonava al ballo con diletto ma senza chiassi eccessivi e le donne facevano passi, salti e scambietti con grazia e portavano a tal proposito sotto le gonne le "braghesse de ormesin" per non mostrare

VENETO VOGUE E L'AUTONOMIA NEGATA DI BEGGIATO

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COME PROMESSO, ritorno a parlare dell'ultimo numero di Veneto Vogue, che contiene un grande articolo di Ettore Beggiato, il quale, non nuovo al tema, confronta le istanze autonomiste ed indipendentiste nostre  antiche, con la situazione attuale.   Egli lo fa presentandoci la figura di un importante giornalista veneto, direttore della Gazzetta di Venezia, Ferruccio Macola. In un articolo scritto nel 1889, il pubblicista faceva notare cose che ancora oggi sono una costante, quali la scarsa rappresentanza dei Veneti nella macchina burocratica dello stato: " La popolazione in italia nell'ultimo censimento è di 28 milioni 953 mila cittadini. Il Veneto ha una popolazione di 2.873.961. Si potrebbe dunque sperare che i veneti occupassero 1/10 delle cariche dello stato; invece Ministri veneti nessuno; segretari generali nessun Veneto;  direttori generali dei vari ministeri, e saranno oltre 40, nessuno; ispettori generali dei diversi ministeri, e saranno oltre 60, uno o

IL MISTERIOSO ALTARE DELL'ALTIPIANO: L'ALTAR KNOTO E I CELTI

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L'ALTAR KNOTTO o Knoto Vi allego la nota dello studioso Luigi Pellini, invitandovi a far due passi nella buona stagione, intorno a Roana e scoprire nella val d'Assa i graffiti rupestri, di epoche diverse, forse i più antichi furono i Celti a farli? Ma non solo... a incamminarvi verso il famoso altar Knoto vicino a Rotzo, posto ai limiti dell'altipiano, probabilmente era un altare  su cui si sacrificavano degli animali per placare gli dei.   Ma tornando ai graffiti della val d'Assa,  è probabile che la donna incisa , sia forse ancora più antica rispetto all'arrivo dei Celti. Forse venetica, chissà... A ipotizzare una  presenza dei Celti sull'altipiano, poi ripopolato da germanici in epoca medioevale,fu un articolo di Airone di decenni fa... e in effetti dei resti archeologici potrebbero farlo pensare. Eco cosa scrivono nel sito Bibrax: "I graffiti, simili a quelli della Val Camonica, di per sé, lascerebbero la porta aperta a delle perplessità, m

LE BANDIERE CATTURATE AI TURCHI MOSTRATE A PISA

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In pochi sanno che nella Chiesa di Santo Stefano dei Cavalieri a Pisa sono custoditi alcuni cimeli provenienti dalle vittorie della Marineria cristiana contro la flotta ottomana. L’edificazione della chiesa venne principiata dal Vasari il 17 aprile dell’anno del Signore 1565. Leonardo Bitossi ne lavorò i marmi e il pietrame della Golfolina. Il direttore di cantiere fu Davide Fortini -che diresse i lavori- capomastro Domenico Celli di Lucca. La chiesa fu consacrata il 21 dicembre 1569. L’erigendo tempio sorge nel luogo ove la storica chiesa di Sebastiano alla Fabbriche Maggiori, in cui i Ghibellini avevano tenuto consiglio per deporre il Conte Ugolino della Gherardesca dalla carica di Capitano del Popolo. La chiesa –già con una bolla papale del 7 luglio 1562- venne officiata come Collegiata, Monsignor Francesco Perignani -canonico pisano- fu il Primo Priore della chiesa. In origine la chiesa si presentava ad una sola nave; le due laterali furono giunte nel sec. XVII e solo nel 1867 v

IL VANGELO DI SAN MARCO SEQUESTRATO AI FRIULANI, MA ERA UN FALSO

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il palazzo comunale o palazzo Boiani a Cividale Una bella pagina di storia.  C'era un antico manoscritto (ma non abbastanza antico) risalente al IV secolo, che conteneva i quattro vangeli: i friulani lo conservavano a Cividale e però accantonarono tre dei quattro e ne tennero solo uno, sostenendo che era quello originale scritto da Marco. Questo accresceva il loro prestigio: ma non avevano fatto i conti senza l'oste.. cioè Venezia.  E pensare che noi padovani abbiamo le spoglie di Luca, ma non ve lo abbiamo fatto pesare più di tanto, eh :); padovani gran dottori, si sa.  Tra i codici antichi conservati nel Museo Archeologico di Cividale c’è parte del codex Aquileiensis o Forojuliensis , scritto nel IV secolo, che conteneva in origine tutti e quattro i Vangeli. In tempi successivi dal codex venne tolto il Vangelo di San Marco con lo scopo di sostenere, con maggior forza religiosa e politica, la tesi che si trattava proprio del vero testo originale, scritto da S.Marc

LO SCIALLE O ZENDAL DELLE VENETE, COME E' NATO ?

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LO SCIALLE VENEZIANO Le donne veneziane, sia nobili che popolane, hanno sempre avuto un modo particolare di esprimere la propria femminilità: donne argute, decise, la battuta pronta, e consapevoli del proprio essere persone, oltre che donne. A Venezia queste caratteristiche venivano definite con il termine " morbin". Nel 1761 fu concessa a tale Giovanni Zivaglio la licenza di "fabbricare fazzoletti come si usano nelle Indie e portati anche dalle donne dello Scià di Persia". Tale "fazzoletto" venne chiamato " zendado, o zendàle, e altro non era che un grande scialle con lunghe frange confezionato in seta, in pizzo, e, per le popolane più povere, in lana, tutti di vari colori o delicatamente ricamati (dal 1848, quando venne proclamato il lutto per i caduti della lotta di liberazione, diventarono rigorosamente neri), ed in seguito venne rinominato scialle (da Scià di Persia, appunto). Le popolane utilizzarono questo