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Visualizzazione dei post da ottobre, 2018

LA FONTANA DELLE TETTE DA CUI I TREVISANI SUCCHIAVANO VINO

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Ma chi se ne frega della "cattiva" fama dei Veneti circa la predilezione per il vino... la vigna, arrivata da noi nell'età del Bronzo, ha addirittura formato il paesaggio della Venetia e del Veneto e solo da noi poteva trovarsi una statua femminea che dal seno (dae tete) sprizzava in occasioni particolari vin bianco e rosso. Parlo del busto che si trova a Treviso, ma non nel posto dove era un tempo... eccovi la storia del come e del perché. E pensate che in origine zampillava  solo acqua pura del Cagnan. La fontana delle tette 1559-1560 La fontana delle Tette in una foto scattata nel 2009 La fontana delle Tette (fontana dee tete in veneto) è una antica fontana scolpita di Treviso, che sotto la dominazione della Repubblica di Venezia spillava vino bianco e rosso in occasione di particolari festeggiamenti. La copia della scultura originale è collocata nel cortile di palazzo Zignoli a Treviso, accessibile dalla galleria che collega il Calmaggiore alla pia

MA QUALO HALOWEN! IL MESE NERO E LE FESTE ECCLESIALI A VENEZIA

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Paolo Zambon ci ripropone questa riflessione del mai dimenticato Gigio Zanon. Scopriremo quanto gli antichi Veneti fossero attenti al calendario naturale e si propiziassero con dei riti particolari le forze della natura.  "Ma quale Halloowen!" I Veneti lo facevano millenni prima.  (Curiosità storiche del compianto Gigio Zanon). "...E qui il discorso si rifà agli antichi, ai tempi in cui la vita era scandita dalle stagioni, dalle fasi lunari, dalle semine e dalle raccolte, molto prima che arrivassero i romani, il che vale a dire circa verso il 230 A. C. Non esistevano, presso i veneti, luoghi di culto, in quanto essi adoravano la terra e le fonti d’acqua. Infatti il loro dio era la madre Rheitia, dea della terra e della fecondità, e le fonti erano simbolo della sorgente di vita. I loro riti venivano svolti in grandi spazi e sotto ad un albero di quercia (simbolo di solidità e di forza), o presso una fonte d’acqua. Questi luoghi venivano chiamati “Luci”. Le

LA GENDARMERIA VENETA DI MANIN, IL PRIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA VENETA

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La Gendarmeria Veneta. L’ostilità di Venezia e degli ex territori della Veneta Repubblica nei confronti del Governo Austriaco si intensifica nei primi mesi del 1847 e Daniele Manin, per la sua chiarezza di pensiero, semplicità di parola e abilità organizzativa, ne divenne ben presto il capo indiscusso. Nei primi giorni del 1848 Manin e Nicolò Tommaseo, mentre erano intenti a preparare alcune petizioni sulla ”indipendenza del Lombardo-Veneto”, furono improvvisamente arrestati; nel contempo il governo austriaco impose nei territori occupati la legge marziale, ma una folla enorme si radunò in Piazza San Marco chiedendo la loro liberazione. Il Governatore della Città, il Conte Palffy, nella convulsa decisione di rilasciarli, firmò l’ordine di scarcerazione non di Daniele ma di Ludovico Manin, l’ultimo Doge della Veneta Repubblica. Nella mattina del 18 di marzo , in Piazza San Marco, scoppiarono degli scontri, infatti alcuni lavoratori e dei studenti dopo aver disselciato la piaz

CELTI E VENETI UNITI CON LA LUMAZA O LUMIERA. LA ZUCCA E LA CANDELA.

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Polibio scrisse che Celti e Veneti, a parte la lingua avevano tradizioni comuni,  e una di queste era certamente una festa continua tra ottobre e novembre che celebrava la morte della vita e la sua rinascita in un periodo dell'anno in cui il tempo, per il passaggio dal ciclo lunare a quello solare, pareva sospeso. E il regno dei Morti era collegato magicamente a quello dei Vivi. Ecco come nacque, millenni or sono una tradizione che viveva ancora nelle nostre campagne fino a pochi decenni fa. Seguitemi, tosi e tose: dal 30 Ottobre al 11 Novembre: 12 giorni legati da una unica tradizione. La differenza tra anno solare e lunare, più corto quest'ultimo di 11-12 giorni, viene denominata dodekameron (12 giorni) ed è un intervallo di "tempo fuori dal tempo". E' un tempo virtuale che "concorda " l'anno solare con quello lunare e viene collocato, nella nostra tradizione, alla fine dell'anno agrario. In questo "tempo- non tempo&qu

IL VESSILLO TURCO CELATO A VENEZIA

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Una mia lettera alla direzione del museo di Palazzo Ducale. Avrei potuto titolare il pezzo LA FOLLIA DEL POLITICAL CORRECT e mi riferisco al vessillo turco catturato dalla flotta veneta  a Lepanto e custodito per secoli a Palazzo Ducale. E' un vessillo a forma di triangolo allungato e adornava una delle galee ottomane. Stoffa verde, con ricamato in lettere intessute in oro, il nome del Profeta.  Ebbene, un paio di anni fa, tale vessillo, pur descritto anche nel tour virtuale del museo di palazzo Ducale, era voltato verso il soffitto, e il visitatore ignaro poteva ammirare solo il telaio che sosteneva la bella bandiera, girata nel verso opposto.  Abito lontano da Venezia, mi è  sempre più difficile spostarmi, e mi chiedo se tale situazione ridicola ed imbarazzante, perduri ancora. Qui non si tratta di esser dei "venetisti" sfegatati, si tratta di difendere il buon senso e la memoria del nostro grande passato dal "political correct" radical chic che orm

LE CERNIDE COSI' SIMILI ALL'ESERCITO SVIZZERO

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In poche righe lo storico Eugenio Barbarich, non certo tenero con le strutture militari venete dell'ultimo secolo ne descrive funzioni e caratteristiche peculiari. Risaltava sopra ogni cosa, la loro economicità rispetto all'esercito professionale. La guerra della lega di Cambrai, combattuta per l'integrità dei domini della Signoria, consolidò questa milizia paesana e la fece popolare, ad onta dei tentativi fatti per denigrarla - più che tutto dopo lo sbaraglio di Vailate - per opera dei troppo interessati fautori delle milizie assoldate, gli industriali della guerra d'allora. In sostanza, si voleva rovesciare sopra i soldati di ordinanza un po' di quel discredito e di quella noncuranza di cui gli eserciti regolari furono sempre prodighi verso le «guardie nazionali». Il grande vantaggio delle cerne consisteva, anzitutto, nel loro costo sensibilmente minore in confronto del necessario per mantenere un eguale numero di soldati di mestiere. Toccava infatt

AUTONOMIA DEL VENETO: “MOLTO RUMORE PER NULLA”.

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Una filosofia per l'indipendenza dei popoli AUTONOMIA DEL VENETO: “MOLTO RUMORE PER NULLA”. Di Nicola Busin La commedia teatrale “Molto rumore per nulla” (Much Ado About Nothing) di William Shakespeare, ben si presta alla vicenda dell’autonomia del Veneto, perché a questo punto è assolutamente necessario fare un’analisi della situazione dato il carattere da tragicommedia di quanto accaduto. Una premessa è opportuna per non dare adito a condizionamenti politici su quanto più avanti si dirà e cioè che siamo convinti della buona fede vuoi del governatore Zaia vuoi del ministro Stefani. Difatti nella conferenza di lunedì 22 ottobre apparivano entrambi mogi, avviliti, scontenti per la piega presa della tanto agognata autonomia. Sta di fatto che dopo le tante dichiarazioni sull’intesa tra il governo romano e i veneti con approvazione dell’accordo storico ad un anno dal referendum, la nostra autonomia appare senza vie d’uscita: non ci sono più date, forse entro la fine

VILLA CONTARINI UNA PICCOLA (?) VERSAILLES VENETA A PIAZZOLA

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Siamo vicino a Padova,  a Piazzola. Al primo impatto, se la visiti nei giorni in cui non vi è mercato, ti lascia senza fiato. E' una delle più grandi espressioni della civiltà veneta, che degnamente si può accostare a Villa Pisani sulla Riviera. Fu costruita su un antico fortilizio dei Carraresi e ancora vi è traccia all'ingresso. La facciata nobile è fatta per stupire il visitatore, al contrario del retro, funzionale all'attività agricola. Vi ho trovato una magnifica descrizione che ci accompagna nella visita. Che meravegia.. par dirla in venesian scieto 😍 Una volta passato l'ingresso si ha una veduta d'insieme di questo complesso architettonico: dal corpo centrale dell'edificio si dipartono due immense ali con balaustra, aggiunte successivamente agli inizi del settecento. Il corpo centrale venne, invece, costruito con molta probabilità, sulle fondamenta del castello dei Da Carrara, nel 1546 (come è testimoniato dalla pietra a sinistra

LA DICHIARAZIONE DI GUERRA DEI SAVOIA ALL'AUSTRIA. UN DISASTRO IMMANE.

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L'inutile strage che l'italia festeggia Si avvicina a grandi passi la data del 4 novembre, in cui l'Italietta, ora monarchica, ora fascista, ora repubbichetta bananiera suole "festeggiare", manipolando alpini e bersaglieri in congedo, adunati inconsapevoli e sempre più solitari intorno a lugubri, marmorei,  monumenti al Caduto:ricorderanno la "vittoria" dopo una finta battaglia finale detta del solstizio vinta su truppe che si stavano arrendendo o ritirando.  Non è un caso se lo ricordiamo in questo blog titolato "Dal veneto al mondo" dato che le nostre terre (la Venetia, che comprende il Friuli) furono quelle che dovettero sopportare il peso maggiore delle stoltezze dei Savoia e dei furori risorgimentalisti.  Eccovi intanto il testo, in cui l'Italia abbandona l'alleanza con l'Austria, e addirittura la pugnala schierandosi con chi l'attaccava: 23 Maggio 1915 Dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austri

UNA DELLE CULLE DELLA CIVITA' DEI VENETI: IL PALAZZO DELLA RAGIONE A PADOVA

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Chiamato dai padovani, fin da tempi immemorabili "el Sa£on" io lo considero l'espressione tra le più alte della civiltà dei veneti, dove tramite le assemblee dei dei maggiorenti, in una condizione "inter pares", si decideva sul governo e sulle leggi della comunità. Non ascoltate la storia della Signoria "tirannica" che usurpò il parlamento locale: esso in realtà continuò a vivere anche col dominio dei Carraresi, i quali, divorati dall'ambizione che li portò alla guerra con Venezia, furono deposti proprio dal Consejo (Consiglio) che stipulò la pace con essa.  Si amministrava anche la Giustizia, e si continuò a legiferare e a giudicare anche sotto le ali protettive del Leone marciano, non a caso compare ben due volte negli affreschi meravigliosi. La pietra del vituperio, come vi spiega Antonella, mia socia ed inviata, era la gogna per i debitori insolventi, e la volle Sant'Antonio ( el Santo come i dize qua ) al posto di altre ter

LA PREGHIERA DI MARCO D'AVIANO AL DIO DEGLI ESERCITI

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Il momento era drammatico: dopo aver tentato nel secolo precedente, di sfidare l'Europa via mare, a Lepanto, ed esser stati sconfitti, i Turchi ci riprovarono via terra, con un esercito enorme, arrivando addirittura ad assediare Vienna. L'Europa invasa... proprio come oggi, verrebbe da dire... ma ora in maniera più subdola e con la complicità di élites globaliste.  Ma allora si reagì in maniera mirabile e uno degli animatori della Resistenza fu un cappuccino Friulano, Marco d'Aviano, i cui resti sono conservati a Vienna, accanto alle cripte degli imperatori.  Marco scrisse questa preghiera, testimone di una Europa cristiana e forte della sua Fede. Pare impossibile, ma allora era così. E vincemmo qusta ultima battaglia, grazie anche alla cavalleria polacca, che travolse gli assedianti.  Il 27 aprile 2003, Giovanni Paolo II beatificava il padre cappuccino Marco d'Aviano, il predicatore veneto friulano che nel 1683 animò la resistenza anti-turca dell'E