SUL CORRIERE: LA STORIA DEI "MIGRANTI" VENETI NELLE SCUOLE
MA IL TITOLO è SBAGLIATO
Finalmente il Veneto salda il debito con i nonni emigrati
Tra il 1876 e il 1976, dal Veneto (e dal Trentino, e dal Friuli) partirono in 5 milioni e mezzo verso l’America. Oggi, finalmente, la loro storia si insegna nelle scuole della regione.
NDR. Finalmente il Veneto salda il debito con i nonni emigrati (??????)
Così dixe el titolo, mi go pensà che no ze mia el Veneto che ga da saldar el debito co i nostri migranti, ma ze l'Italia che li ga costreti a la fame, e parà fora come bestiame umano, a dover saldar el conto... anca co nialtri che semo restadi e con quei che ze scanpadi fora ... i ne ga robà tuto, l'idea stessa de esse na Nathion, che anca l'Austria ne gaveva riconossudo, i ne deride da sempre (ve ricordèo co i parlava del'armata "pan e sopressa" co i tosi del campanile? ) e i continua a rapinar a mano armata, el fruto del nostro sudor. Par cui ancora na volta 'sto titolo l'è deviante, e el confonde chi che leze. O almanco el prova.
«Crepà la vaca che dasea el formaio, / morta la dona a partorir ‘na fiola, / protestà le cambiali dal notaio, / ‘na festa, seradi a l’ostaria, / co un gran pugno batù sora la tola: / “porca Italia” i bastiema: andemo via!». È oro, per chi ama il Veneto e gli emigrati veneti, la decisione dei due assessori regionali Elena Donazzan (Istruzione) e Manuela Lanzarin (Servizi Sociali) di inserire nei programmi scolastici, d’accordo con le autorità e le associazioni di Veneti nel mondo, il tanto atteso approfondimento sulla storia degli emigrati dalle terre bellunesi e padovane, veronesi e vicentine…
Era ora. Da troppo tempo, infatti, quel Veneto che con il Trentino, il Friuli e la Venezia Giulia contò negli anni del grande esodo oltre il 34% di tutta l’emigrazione italiana e vide partire in un secolo, diciamo dal 1876 al 1976, 5.459.000 persone, è in debito verso i nonni. Mai fatto un museo degno di quella straordinaria epopea. Mai prese iniziative culturali che lasciassero davvero un segno. Mai raccontata fino in fondo quella storia di uomini, donne e bambini protagonisti di straordinarie avventure umane, imprenditoriali, culturali. Salvo piccole eccezioni, come il libro Noi veneti, destinato agli alunni di elementari e medie, in cui l’emigrazione era condensata in una paginetta dove otto righe e un disegnino infantile raccontavano il grande esodo dei veneti come se fossero andati tutti in Brasile... Ben venga, dunque, la storia dell’emigrazione veneta nelle scuole. Purché, appunto, la si racconti tutta.
Le cavalcate trionfali di imprenditori come Amedeo Obici che, emigrato ragazzino da Oderzo in America, diventò ricchissimo con l’idea di sbucciare le arachidi, tostare i semi, salarli e chiuderli in un sacchettino; ma anche le tragedie di altri trevisani meno fortunati. Come quelli che per «catàr fortuna» partirono alla fine dell’Ottocento verso la lontanissima Nouvelle France e impiegarono 368 giorni, costellati da decine e decine di morti, prima di essere dirottati a Sydney. Le pagine più belle, le pagine più dolorose. E anche quelle di fallimenti che a volte preferiamo non ricordare, come quelle raccontate fra gli altri da un grande giornalista rodigino, Adolfo Rossi, o da un grande ispettore dell’emigrazione come Giacomo Pertile, che veniva dall’altopiano di Asiago. Solo così è possibile raccontare l’emigrazione: le luci e le ombre. Stando alla larga dai trombettieri che descrivono solo i successi, i trionfi, gli eroismi e vedono ogni confronto con l’immigrazione di oggi come un’offesa…
Rispettare i nostri nonni vuol dire capire i loro dispiaceri, i loro errori, i loro lutti, a volte i loro naufragi imprenditoriali e umani. Vuol dire mandare a memoria I va in 'Merica, la stupenda poesia di Berto Barbarani citata all’inizio, che ricorda la miseria disperata di quel Veneto dal quale i nostri nonni partirono. Perché, come spiega sul Corriere del Veneto il presidente dell’Associazione Veneti nel mondo, Aldo Rozzi Marin, nato in Cile da immigrati veneti, occorre «difendere la nostra identità all’estero e la nostra storia» ma «va capito come abbiano vissuto i migranti, a quali leggi siano stati sottoposti nei vari Paesi. Se capisco il tuo percorso di vita posso capirne altri e anche il fenomeno attuale nelle sue articolazioni».
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