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Visualizzazione dei post da settembre, 2016

SCHIAFFO A VENEZIA: «FU FONDATA DAI PADOVANI»

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SCHIAFFO A VENEZIA: «FU FONDATA DAI PADOVANI» mercoledì 28 settembre 2016 di Edoardo Rubini Prima del Leone c'era la Gallina. Secondo uno studio congiunto di Ca' Foscari e dell'università americana di Stanford, i primi insediamenti stabili nelle isole della laguna, che di lì a poco avrebbero dato vita alla città di Venezia, provenivano da Padova e dal suo territorio. Ben prima delle invasioni barbariche che la tradizione vuole alle origini della Serenissima, questi padovani avevano disceso il Brenta scegliendo la laguna come loro nuova casa. Una notizia che non farà piacere a chi in città è abituato a vantare i propri quarti di nobiltà in spregio alla rozza plebe della “campagna”, termine col quale i veneziani indicano qualunque cosa si trovi dall'altra parte del ponte. Esulta invece il sindaco Luigi Brugnaro, rispolverando un suo vecchio cavallo di battaglia sulla sostanziale venezianità dell'intero Veneto. “Se davvero furono i padovani a fondare Venezia ne son

OSTIALA GALLIENA, UNA DONNA VENETA CHE RESISTE ALLA ROMANIZZAZIONE DEI COSTUMI

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Questa stele funeraria, rinvenuta a Padova, non ricordo bene se nella zona dove poi sorgerà la Basilica di Santa Giustina (zona cimiteriale monumentale fino all'epoca della romanizzazione) o durante la sistemazione di Corso del Popolo, risale al primo secolo dopo Cristo. Mostra una nobile veneta che parte probabilmente per l'ultimo viaggio, accompagnata dal marito in toga romana. Anche l'auriga veste ormai alla romana. Ma lei, di stirpe nobile locale, orgogliosa delle sue tradizioni e del suo popolo, veste abiti tradizionali veneti. Che sia una veneta, ce lo dice il nome. OSTIALA GALLIENA: non è certamente un nome latino, ma venetico. Questo è un documento importante, che testimonia la presenza di una identità peculiare persistente, e che riemergerà pienamente con la caduta dell'impero. Per cui furono VENETI i fondatori di Venezia, che si chiamò appunto così e non.. Romania.  Veneti fondatori di Venezia, consapevoli di esser tali, pur grati, sempre dell'apporto

UN PICCOLO TESORO SCOPERTO NEL VICENTINO: UN DIPINTO CHE RIGUARDA IL GRANDE MARC'ANTONIO BRAGADIN

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Mi segnala l'amico Fabio Storti Rikaberg un'opera che è indubbiamente unica nel suo genere e meriterebbe grande attenzione sia da parte degli storici che degli amanti dell'arte. Raffigura, a quanto si intuisce, il ritorno dei poveri resti del nostro Martire Marc'Antonio Bragadin, nella sua Venezia, accolti da quello che può essere il Patriarca e da un Doge vestito con l'armatura, come si conviene nel ricevere i resti di un Eroe di guerra (nonché Testimone di grande Fede cristiana). Questa tela è ospitata nella chiesa di San Marco di Muzzolon (Mussolon) a Cornedo Vicentino, e ora ho scritto alla parrocchia per avere qualche ulteriore notizia. Non ricordo a mia memoria, quadri o affreschi del genere. Leggo che vi fu una visita, da parte di un Vescovo omonimo del Martire, quindi suo discendente, nel 1645, e penso che quel quadro sia nato in quel contesto, forse il vescovo sarà venuto a benedire il quadro. Molto interesse suscita la bandiera, o meglio il ve

LA LOMBARDIA VENETA (E LA SERENISSIMA), RACCONTATA IN UN LIBRO STUPENDO

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BERGAMO- BERGHEN Lorenzo Somma ce lo presenta Quando si parla, si legge, si scrive riguardo alla Repubblica di Venezia, l’attenzione va a finire di regola sul mondo meraviglioso costituito da arti e commerci, da viaggi e da intrepide operazioni militari, specifici della città capitale; e le immense ricchezze frutto di una storia millenaria e accumulate dalle famiglie aristocratiche e da quelle borghesi coinvolte nelle vicende senza paragone della Serenissima continuano a stupire, non solo quando le si valutano alla luce degli importantissimi beni immobiliari tuttora esistenti e concretamente visibili, ma anche se si considerano le consistenti raccolte d’arte, di preziosi, di libri, di manoscritti, che caratterizzano almeno in parte i patrimoni relativamente assottigliatisi dopo le spoliazioni della storia, dopo l’estinzione di certune famiglie, dopo la fusione di altre in altre realtà sociali e economiche, insomma dopo due secoli di stravolgimenti e di innovazioni che hanno ca

LA RESIDENZA DEI DUODO A MONSELICE DI PADOVA

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Committenti Francesco (-1592) e Domenico Duodo /Francesco, celebrato, all'epoca, comandante delle galeazze che decisero la battaglia di Lepanto/ Pietro Duodo(-1610), figlio di Francesco Alvise Duodo, nipote di Pietro Nicolò Duodo (-1742) Architetti Vincenzo Scamozzi ( - 1616) Vincenzo Dotto (1572 - 1629) Andrea Tirali ( - 1737) Attorno al 1589-90 i fratelli Francesco e Domenico Duodo contattano l'architetto vicentino Vincenzo Scamozzi per edificare una residenza. Viene costruito il corpo laterale che si vede nella foto , mentre il prospetto verrà ultimato da Andrea Tirali nel Settecento. Con un breve di Clemente VIII del 12 Novembre 1592 viene autorizzata anche la costruzione di un oratorio a fianco del corpo laterale. La realizzazione avviene tra il 1593 e il 1597. E' opera di Pietro Duodo la 'via romana' con le sei cappelle. Nel Luglio 1605 Pietro è a Roma, e ottiene da Paolo V la licenza di edificare la chiesa, sotto il titolo di San Giorgio

ROSA CASSATA, INDIPENDENTISTA SICILIANA E LA "CASSATA" DELL'INCHIESTA SUL TANKO BIS

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LETTERA INVIATA AL GAZZETTINO Caro Direttore le segnalo questa cosa, paradossale e ridicola, se non si giocasse sulla pelle di una stimata siciliana che ama la nostra terra e la nostra storia, fino a mantenere dei contatti amichevoli, vecchi di anni, con l'ambiente indipendentista veneto. Tra gli indagati della procura di Brescia, quali pericolosi terroristi fabbricatori di tanki serenissimi, indovinate chi ci hanno messo, tanto per raddrizzare la gambe a tutti i secessionisti nella penisola?? l'amica indipendentista SICILIANA Rosa Cassata, che, invitata ad un pranzo di indipendentisti nostrani, ha dato una prova SCHIACCIANTE del suo sovversivismo siculo-veneto... facendosi fare una foto vicino al famoso tanko (quello DOC) del 1997. Cosa che feci anch'io a suo tempo, quando fu esposto a Cittadella per una Festa dei Veneti e centinaia di altri nostri concittadini. La foto è stata, leggo in facebook, messa tra le prove a suo carico. Sarebbe da ridere, da sbellicarsi

IL DEBITO NASCE CON L'UNITA' D'ITALIA

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La campagna del 1859 contro l’Austria per la conquista del Lombardo Veneto, costò al Piemonte 50.000.000 di Lire finanziati dallo Stato più altri 40.000.000 di Lire ottenuti come prestito da banche inglesi e francesi e vide l’impiego di 60.000 uomini. La Francia, alleata del Piemonte stanziò una somma di 500.000.000 franchi con cambio Lira-Franco paritario e l’arruolamento di 140.000 soldati. Con l’armistizio di Villafranca tra la Francia, vera vincitrice della guerra e l’Austria sconfitta, parte della Lombardia fu ceduta da questa alla Francia che l’avrebbe girata al Piemonte il quale, in cambio dell’alleanza, cederà La Savoia e Nizza a Napoleone III. Considerando lo scambio Savoia, Nizza – costo sostenuto dalla Francia, l’annessione parziale della Lombardia costò 590.000.000 di Lire che con coefficiente di attualizzazione di 0,0001175 indicato dall’ISTAT e cambio 1936,27 equivalgono a 2.593.272.940 di euro del 2008 (data ultimo coefficiente disponibile) Niente male per uno Stato

LA "STAMPERIA" REMONDINI DI BASSANO CON 1000 DIPENDENTI E 1000 VENDITORI SPARSI PER L'EUROPA

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Venezia si spegne in un autunno magnifico, siamo alla fine del '700, ma lo stato veneto dell'entroterra sa ritrovare quello spirito mercantile ed imprenditoriale che fu della capitale nei secoli d'oro. Oggi vi parlo brevemente dell'industria  tipografica dei Remondini di Bassano, " che si può assumere a modello di capacità imprenditoriale e di senso dell'avventura in campo economico  a livello europeo". Nella seconda metà del '700 la stamperia impiega un migliaio di persone in un ciclo lavorativo di 24 ore su 24 che deve soddisfare un mercato globale in continua espansione. Nel 1772 Giovambattista Remondini scrive a un amico: voi siete buon testimonio che nessun altro, in tutta Europa fa lavorare tanti torchi quanto io fo da molti anni in qua.  I venditori in cammino per le strade d'Europa superano il migliaio e sono tutti tesini della Valstagna o quasi. abituati da prima al mestiere di ambulanti come venditori di pietre focaie, si sono

LA STELE CON L'ANATRA A CAMIN E I PRANZI DI NONNA LUCIA 2500 ANNI DOPO

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STELE DI CAMIN (PD) posta su una sepoltura, mostra una donna paleo veneta, coperta dall’ampio scialle (penso allo  zendal , lo scialle che fino a 50 anni fa usavano le nostre vecchie), che porge un’anitra al marito in veste di viandante che intraprende il viaggio per l’aldilà. L’anitra era raffigurata spesso, in quanto animale sacro, che univa l’acqua, la terra, il cielo, i tre elementi dell’universo. Interessante la scritta: all’inizio o alla fine, a seconda che si incominci da un verso o l’altro, si leggono quattro lettere messe di seguito: R A K A che è il termine usato in slavo anche oggi per quel volatile. Coincidenze? . . L’anitra poi, ancora nel Veneto contadino di pochi anni fa, veniva uccisa e mangiata a ottobre, questo da tempo immemorabile, poiché era ingrassata e fatta crescere con le erbette che crescono sulla superficie dei fossi durante l’estate.  A ottobre avvenivano i riti propiziatori dell’inizio dell’inverno. ne sono traccia le sagre che ancora oggi si te

IL CAVALLO DEI VENETI, COSA SIMBOLEGGIAVA

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Di Edoardo Rubini I migliori cavalieri dell'antichità furono proprio i Veneti antichi.  I Veneti antichi hanno invece origini comuni con gli Slavi Occidentali.  Per loro il cavallo era una presenza sacra: come simbolo questo animale  accompagnava il defunto dell'Aldilà, tirando il carro della morte.  Addirittura, in certe sepolture il cavallo accompagna il suo padrone.  Il cavallo è l'animale sacro (come simbolo, ma non come feticcio) più  riprodotto, assieme all'anatra.  Credo che il cavallo sia un retaggio indoeuropeo e patriarcale, mentre  l'anatra potrebbe essere un retaggio pre-indoeuropeo e matriarcale;  fatto si è che sono quasi "marchi di fabbrica" dei Veneti antichi.  Ti mostro un cavaliere venetico meraviglioso:  http://www.giornalesentire.it/2008/aprile/606/retiabitantidellealpinell-etadelferro.html Essendo stato trovato in val di Non, ora custodito al Museo Retico di Sanzeno  vicino a Merano, questo repe

I CANNONI DI VENEZIA, I MIGLIORI D'EUROPA

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Mi segnalano questo bel lavoro, che mi pare molto interessante, edito da "All'insegna del giglio" di Firenze (o Fiorenza, come si diceva ai bei tempi..). Fabbricare cannori era una vera arte, e le fucine fondevano anche le campane delle chiese.  Per chi fosse interessato all'acquisto rimando al link sottostante,   I Cannoni di Venezia. Artiglierie della Serenissima da relitti e collezioni in Italia, Israele, Malta e Spagna Autore: Carlo Beltrame, Rossella Scordato Anno di stampa: 2016 ISBN: 9788878147157 e-ISBN: 9788878147164  Dal XV secolo, i fiorenti commerci e l’efficace sistema di controllo dei domini della Serenissima Repubblica di Venezia hanno potuto contare su una forza militare straordinaria costituita da una potente flotta, prima di galee e, dal Seicento, di vascelli, armata con quelle che probabilmente erano tra le migliori artiglierie prodotte in Europa.  Il libro raccoglie la catalogazione riccamente illustrata di 53 pezzi di artiglie

ESEMPIO DI DEMOCRAZIA DIRETTA DELLA CHIESA ORIGINARIA DI VENETIA ET HISTRIA

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La Svizzera è citata spesso come esempio da imitare nell'applicazione della democrazia diretta. In realtà, non avendo subito il tornado dell'invasione napoleonica e dei cambi di istituzione, col repulisti conseguente delle tradizioni millenarie che improntavano la costituzione dei suoi stati liberamente federati, per gli svizzeri è stato facile mantenere l'istituto della democrazia diretta. Era una pratica comune, anche per  noi veneti, e permeava ogni potere, compreso, udite udite, quello della chiesa della Regione antica chiamata dai Romani "Venetia et Histria". Accade infatti che il 3 novembre del 579 "in occasione della consacrazione della basilica di Santa Eufemia di Grado ( vedi le bellissime foto ) dedicata ai proto martiri aquileiensi Ermagora e Fortunato, il Patriarca Elia riunisce un Sinodo che approva il trasferimento da Aquileia a Grado del patriarcato con giurisdizione su Venezia ed Istria, concesso il 20 aprile precedente dal papa. Lo

LE BARCHE VENEZIANE DI SAN MARCO

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il trafugamento Quei due navigli, che ricordano il viaggio da Aquileia ad Alessandria d'Egitto e il trasporto a Venezia dell'Evangelista San Marco, dovrebbero essere navi da commercio, ma le immagini e la poppa fan pensare che fossero riprodotte delle navi da guerra. A quale tipo possono appartenere? Alle Acazie o Acates dette anche scrille, che furono anche in uso fino al V o VI secolo; ai Dromoni o alle Panfile dell'VIII o IX, epoca dellea straslazione, o alle Schife o Veliere del XIII secolo, epoca del mosaico? La struttura di queste barche trova riscontro con quelle usate nei secoli successi che si trasformeranno negli odierni trabaccoli. Il mosaicista volle distinguere anche i tribuni che trasportavano la venerata reliquia del corpo del Santo, scrivendone i nomi al di sopra delle navi e la parola Kamsir (porco) sulla cesta coperta che conteneva, sotto le carni di maiale, la reliquia del Santo. A maggior chiarimento sulle Acazie diremo che il nome deri