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Visualizzazione dei post da settembre, 2018

IL CAFFE' ARRIVA PER PRIMO A VENEZIA

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Antonella Todesco  · Il primo "italiano" che abbia fatto menzione al caffé è Gianfranco Morosini, bailo a Costantinopoli. In una sua relazione del 1585 egli racconta come i Turchi usassero bere "un'acqua negra, bollente quanto possono sofferire, che si cava da una semente che chiaman Kahvé, la quale dicono che ha la virtú di far stare l uomo svegliato". La bacca, torrefatta e ridotta in polvere, è considerata all' inizio un medicinale e nel 1638 si vendeva a Venezia ad un prezzo altissimo ma già nel 1683 la sua infusione cominciava a piacere molto giacché il Senato ordinava ai Savi alla mercanzia di trarne una rendita maggiore. Nel 1683 fu aperta una bottega da caffé sotto le Procuratie Nuove e ben presto se ne videro altre nelle varie contrade della città. Nel XVIII secolo erano quasi tutti caffé i negozi di Piazza San Marco. La botega del caffé era diventata come la casa della gente di ogni classe e di ogni età. Le stanze erano basse, modeste e disa

GLI AMMINISTRATORI LADRI, DI IERI E DI OGGI.

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Trova le differenze, viene da postillare al titolo. Tra gli autori di "intacco di cassa" dell'epoca della Serenissima e quelli in Italia. il trattamento era del tutto diverso: considerato crimine odioso da stigmatizzare pubblicamente a quei tempi, oggi invece per molta parte dell'opinione pubblica italiota (specie in certe regioni) è  quasi tollerato come male inevitabile, se non suscita addirittura un desiderio di emulazione. I "banditi" (messi al bando da Venezia anche dopo l'arresto) che rubavano soldi pubblici, venivano condannati e sospesi da ogni incarico. Con i loro beni dovevano risarcire l'erario veneto. poi è arrivata la "civiltà" e l'unità d'italia, e le cose sono molto cambiate...non in meglio. Ma non bastava, per i casi più eclatanti, sia per l'alto incarico ricoperto dal malfattore, sia per il pubblico scandalo procurato, si murava una lapide a futura memoria e monito. Ve lo immaginate oggi, il nome di Gal

LA PICCOLA VENETA A CAVALLO DEL CIGNO, 2700 ANNI FA

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dalla guida della mostra 'I Veneti dai bei cavalli' La sorpresa, per gli studiosi della tomba di Lovara di Villa Bartolomea, un insediamento presso l’Adige, datato tra l’VIII e il VI secolo a.C. non fu il corredo o una situla splendida (era un modesto vaso cinerario in terracotta), ma il rinvenimento di un uovo di cigno. Le piccole ossa conservate nel recipiente parlavano di una bimba di quattro anni di età, a cui erano state poste come corredo funebre una collanina, e dei piccoli braccialetti. Oltre a queste, un uovo speciale, quello di un cigno, volatile sacro: “nell’ambito di credenze ultraterrene era ritenuto un tramite tra l’uomo e gli dei, collocati nel loro empireo. Lo stesso rito funebre dell’incinerazione faceva parte di questa logica rituale (le volute di fumo avrebbero portato il defunto verso il cielo). Anche nella mitologia greca il cigno è l’uccello sacro ad Apollo, che trasporta il carro solare con cui il dio si reca nella mitica terra degli Iper

LE MONETE VENETE A VANNES, COL CAVALLO

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Questa moneta che risale dal IV al I sec avanti Cristo , è una moneta Veneta. noterete subito il cavallo, simbolo dei nostri antenati. c'è un piccolo particolare che non quadra, però: questa moneta è stata trovata in Francia, nel nord ovest, nell'antica Armorica. I Veneti in questione, che diedero il loro nome alla città di Vannes (similare a Vienna), sono classificati tenacemente come Galli, mentre anche questa testimonianza, ci attesta che la loro cultura era simile a quella dei Venetici. monete simili ne sono state trovate molte, sempre col cavallo da un lato, a volte ulteriormente divinizzato con un volto umano, e sono simili ad altre monete trovate nella zona nostra. In realtà altri studiosi ritengono che la prima civilizzazione europea fu opera dei veneti, provenienti dalla zona del Baltico e poi emigrati in varie zone d'Europa, come attestano reperti archeo e nomi di località. una seconda ondata migratori, quella dei Celti, si sovrappose poi, spezz

IL LEONE SCOPERTO IN UCRAINA, DA UN VENEZIANO D'OGGI

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Di Dan Morel Danilovich Mai avrei creduto di trovare un pezzo della mia Patria cosi lontano dalla mia Terra… ma è risaputo che noi Veneti dove si poteva commerciare sempre si metteva in uso un fondaco (magazzino per le merci) e dove arrivava un mercante da Venezia, subito la nostra Repubblica avviava il commercio e delle relazione diplomatiche, inviando in loco un ambasciatore, che si insediata in un palazzo degno a rappresentante la Serenissima, ovviamente dopo comunque aver posto sull’edificio che ci ripresentava il nostro San Marco in forma de leon. La città, conosciuta da Veneti col nome di Leopoli (dal latino Leopolis), ha avuto tanti nomi quanti sono stati i suoi dominatori. In origine era Lev, dal nome del figlio del principe Danylo Halytshy, che fondò, nel 1222, la fortezza sulla sommità di una collina. La posizione strategica e la città fortificata permise al piccolo insediamento di allora di diventare subito un importante centro commerciale. Le successiv

LA ZECCA, LO ZECCHINO, LA BIBLIOTECA MARCIANA

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sala della biblioteca opera del Sansovino Verrebbe da commentare usando l'idioma dipietresco: Che c'azzecca? E invece centrano benissimo, a cominciare  dalla moneta più diffusa nel Mediterraneo, che i Turchi continuarono ad usare anche dopo la caduta di Venezia, che prese il nome del posto in cui era fusa, la zecca. Seguitemi che "ve spiego tuto". :) In origine la zecca, o 'cecca', si trovava a Rialto, luogo dei traffici internazionali ed era un edificio in legno ad ospitarla. Ma le attività di fusione svilupparono un incendio e nel 1535 fu decretata la costruzione di un più sicuro e prestigioso edificio in pietra, affidandone la cura al Sansovino. L'edificio si sviluppa su pianta quadrata e al suo interno si aprono 25 officine che si affacciano in un cortile. L'ingresso è opera di Vincenzo Scamozzi e vi compaiono due giganti in atto minaccioso verso chi entra, opere di Tiziano aspetti e Girolamo campagna. La Zecca continuò a fun

IL DURO "LAVORO" DELLE VENEZIANE PER ESSER SEXY

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Antonella Todesco Francesco Sansovino (1521-1586), sulla sua "Venetia" attesta la delicatezza e la pulizia delle donne veneziane, ma sappiamo che la ",pulizia" di quel tempo non corrispondeva ai canoni odierni. Nei palazzi patrizi non c'erano gabinetti decenti e mancavano appositi stanzini per lavarsi. Tutto ciò si faceva nelle camere e alle abluzioni mattutine servivano brocche e catini di finissima porcellana ma di scarsa capacità. Non molto comuni le tinozze di legno per il bagno. I lavaggi di acqua pura erano crediti nocivi per la pelle così si faceva gran uso di profumi e acque nanfe. Le donne sedevano col rocheto (accappatoio) sulle spalle, dinanzi alla caseleta da cavo (pettiniera) e dopo le abluzioni, l occupazione principale era quella di imbellettare colla cerussa e col rossetto, le guance e persino tingere le mammelle che si lasciavano tanto scoperte da rendere famoso "l espoitrinement à la facon de Venise" .  Non mancavano gli esped

DOGE PER UN ANNO, MONUMENTO PER L'ETERNITA'

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Nella nostra Venezia,  una delle tante meraviglie artistiche è questo monumento funebre al doge che conserva la sua memoria per l'eternità, tanto colpisce per la sua eleganza barocca e bellezza. Ma c'è lo zampino del Longhena, eh! Lo troviamo nella basilica "ai Frari", uno scrigno che conserva queste sculture considerate come uno dei vertici dell'arte veneta.  Colossale monumento barocco dedicato a Giovanni Pesaro, che fu doge dal 1658 al 1659, ed eretto nel 1669 su disegno di Baldassarre Longhena (1598-1682). Sopra ornatissimi piedistalli di marmo rosso e nero, scolpiti a teste di leone unite da festoni, si innalzano quattro giganteschi mori, con le braccia, i piedi nudi e le vesti logore, reggenti sulle spalle una trabeazione ornata a mètope e triglífi. Fra loro, come in nicchie, due neri scheletri presentano una lunga iscrizione incisa a lettere d’oro su marmo bianco. Sopra la trabeazione, quattro colonne di marmo nero sostengono un ricco baldacchino

VENEZIA BATTEZZA L'OPERA MODERNA CON MONTEVERDI

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Antonella Todesco  ·  La Musica divenne a Venezia l arte per eccellenza, e in quest'arte, la vede detenere il primato nel 1600. Claudio Monteverdi, nato a Cremona nel 1567, discepolo di Marcantonio Ingegneri e maestro di cappella alla corte di Mantova, fece, nel 1608,rappresentare la Arianna, dramma musicale andato smarrito eccettuato il divino lamento dell' eroina "Lasciatemi morire". Il maestro, disdegnando i vecchi canoni, esprimeva con accento di sublime verità, il suo dolore per la perdita della moglie, la cantante Claudia Cattaneo, che lo aveva reso padre di due figli. Nel 1613 fu chiamato a Venezia come maestro di Cappella con uno stipendio annuale di 400 ducati, che salirono a 600 nel 1620 e l' alloggio gratuito nella casa a San Marco. Sulla scena veneziana fece rappresentare opere molto drammatiche espresse con un nuovo stile ch egli definiva "concitato". Nel 1642, un anno prima della sua morte, chiuse, n

IL LEON CON LE ALI E I VENETI, DA BABILONIA A VENEZIA

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.. PASSANDO parfin da £a Bibia, infati £a storia del nostro Leon ze ancor api antica de quel che savemo, parché eo trovemo rafigurà parfin su £a "situla" Benvenuti datà nel VII seco£o A.C.. el ze el stesso animae mitologico rafigurà sui basorilievi dei sumeri e dei assiri. Anima£e mitologico el cui culto se estendeva fi a la Paflagonia, su £e rive del Mar Nero, abitae dai Henetoi de Omero. Ma no basta: lo trovemo descrito da Daniele, el profeta che nel primo ano del regno de Belsatasar, re de Babilonia, eo sogna sorgente dal mare (pensa ti che coincidensa meraviliosa... ), el dixe: La prima era come un leone, ed avea delle ali d’aquila. Io guardai, finché non le furono strappate le ali; e fu sollevata da terra, fu fatta stare in piedi come un uomo, e le fu dato un cuor d’uomo. Sti riciami a la figura del Leon co e ali de na aquila rimanda dize i esperti.. a Babilonia e a la so Dea Ishtar che gaveva apunto e ali de na aquila e sa re regeva su dò Leoni acovacià par t

LA MAESTOSA SEQUOIA EMIGRATA NEL BELLUNESE

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OGGI vi riporto il bel post di una bellunese che riguarda una maestosa sequoia centenaria trapiantata nella sua provincia; pianta monumentale che magari potrete visitare, nel vostro prossimo giro dalle nostre parti. Merita: testimone della Grande Guerra, sopravvisse persino al disastro immane del Vajont, che non riuscì a piegarla.  Luigia Maria Marafon C'è una sequoia nelle Alpi A Longarone,(BL), in località Faè, c'è una Sequoia gigantea, alta 35m, che l'università di Padova ha stabilito avere circa 170 anni. Vi racconto la sua storia. Nel 1823, sotto la dominazione austriaca, nel paese di Longarone, si creò il cantiere per il rifacimento e la prosecuzione della statale Alemagna. Un percorso molto antico che permetteva il traffico tra le genti della pianura, attraverso il Cadore e il Tirolo, con i paesi del nord. Fu chiamato a progettare e presiedere i lavori, l'ingegner Tallachini.  Appartenente ad una facoltosa famiglia di Varese ed esponente d

L'UNIFORME ULTIMA DELLA FANTERIA, RIGA PER RIGA, DAL DECRETO.

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Sergente ritratto dal Paravia, museo Correr, munito di spada ricurva Volendo far le cose per bene, gli strumenti ci sono, basta cercare o nell'archivio o in qualche libro affidabile che riporta i decreti del 1790. Vi riassumo qui quanto ho ricavato da un libretto prezioso, scovato nel  lontano 2001 dall'amico marchesco Gabriele Riondato , che mi consegnò in fotocopia.  Oggi che il Veneto Real riparte con la marcia giusta, ho deciso di riproporvi, se qualcun altro volesse cimentarsi nel settore storico rievocativo quanto è scritto nelle prime pagine de "I Corsi nella fanteria  Italiana" di F. Paleologo Oriundi, stampato nel 1912 a Venezia.  . . Avrete notato nel titolo il termine "Fanteria Italiana", questo perché i soldati professionisti venivano da ogni parte della penisola, compresa la Terraferma veneta, naturalmente, come appunto i Corsi, per tradizione, fin quasi alla fine del Settecento. Nel Decreto del 2 giugno 1790 era prevista una u

QUELLA PUNTA IMMERSA NELLA LAGUNA. LA DOGANA.

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AUTORE: GIULIA MATTIOLI Venezia non smette mai di stupire, affascinare, riempire di bellezza gli occhi di chi la guarda. Punta della Dogana è uno di quegli angoli non particolarmente nascosti, anzi, piuttosto in risalto, che tuttavia chi si ferma in città per pochi giorni spesso salta, preso com’è dal visitare i ‘grandi classici’ (piazza San Marco e la sua Basilica, Palazzo Ducale, il Canal Grande). Eppure vale la pena recarsi in questo triangolo di terra, compreso tra il Canal Grande e il Canale della Giudecca, per scoprire un lato di Venezia insolito. Quello industriale, contemporaneo, ben racchiuso in un involucro del 1600.  . . Punta della Dogana è in realtà il nome dell’area, caratterizzata dalla Dogana del Mar, edificio che dal XV in avanti divenne l’avamposto commerciale (in precedenza la ‘dogana’ era situata presso l’Arsenale). L’edificio fu completato nel 1682, grazie all’opera dell’architetto Giuseppe Benoni. Si caratterizza per la forma triangolare, sul

IL CLN VENETO ERA CONTRO IL CENTRALISMO, LO SA IL PD?

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"IL MALE DELL'ITALIA VIENE DAL CENTRO" IL CLN VENETO, OSSIA IL PARTIGIANO VOLEVA FEDERALISMO. E'  perlomeno  buffo scoprire che dagli anni '20 del Novecento fino al dopoguerra, le forze autonomiste (a volte anche apertamente secessioniste) si trovassero alla sinistra del schieramento politico veneto. Oggi sappiamo delle posizioni della sinistra, anche nel Veneto, in quel campo nessuna istanza che voglia dare nelle mani del Presidente della Regione qualche potere amministrativo oggi saldamente nelle mani di Roma. Quindi giova utile, a noi e ai compagni "radical chic" una ripassata di storia.  Le fonti sono i giornali dell'epoca.  La virulenta polemica anticentralista nel CLN del Veneto, nel 1945,  si innescava direttamente sulle macerie dell'esperienza politica fascista che del centralismo aveva esasperato ogni forma e contenuto. Eliminazione degli organi elettivi comunali spstituiti con podestà di nomina centrale, soppressione di pi

L'ARCHITETTO CHE CREO' IL PONTE DEI SOSPIRI

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Chi non conosce nel mondo, il Ponte dei sospiri? Leggenda narra che i condannati al patibolo passassero di là, ma solo di leggenda si tratta. Però pochi sanno il nome dell'architetto che, sembrerebbe veneto, forse lo era in origine la famiglia, ma era nato invece in Svizzera. Venezia scopriva e usava talenti dappertutto.  ANTONIO CONTIN, chi era...Architetto e scalpellino svizzero / italiano. Nacque in una famiglia di architetti e scultori di Lugano: suo padre era Bernardino Contin (1530-1596), i suoi fratelli Tommaso Contin (1570-1634) e Francesco Contin.Era il nipote di Antonio da Ponte che aiutò con la costruzione del Ponte di Rialto a Venezia. La collaborazione con suo nonno iniziò nel 1591 e si concluse con la morte di quest'ultimo nel 1597. le prison nove  Nel 1614 Antonio e Tommaso Contin completarono i lavori sulle prigioni di Venezia (oltre il canale ad est del Palazzo Ducale), iniziati da Giovanni Antonio Rusconi (1563) e Antonio da Ponte (1589). Ha

ARTE VENETA: LOMBARDO E IL MONUMENTO AL DOGE PIERO MOCENIGO

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Si trova nella chiesa dei ss. Giovanni e Paolo a Venezia, autore il celebre architetto della chiesa di S Maria Nova e del palazzo Dario, edifici ornati entrambi di marmi policromi. Il monumento nella basilica veneziana dei Santi Giovanni e Paolo fu commissionato dai fratelli del doge Pietro Mocenigo, morto nel 1476. L'attribuzione della tomba a Pietro Lombardo è motivata dalla sua citazione come opera del maestro nel contratto stipulato con i procuratori della chiesa di Santa Maria dei Miracoli (1481), pubblicato da Boni (1887). Si ritiene pertanto che l'opera sia stata eseguita tra il 1476 e il 1481. Secondo Sansovino (1581), le sculture del monumento furono eseguite da Pietro con l'aiuto dei figli: tale ipotesi è generalmente accolta dagli studiosi successivi. Stedman Sheard (1971) attribuisce a Tullio le figure di Soldati nelle tre nicchie sovrapposte sul lato sinistro del monumento. Ceriana (1992/1993) e Sarchi (2005) propongono di individuare il contributo dei d

LA CHIESA DI SANTA MARIA UN MIRACOLO VENETO DI BELLEZZA

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Ho ripreso a pubblicare un paio di foto del patrimonio artistico architettonico di Venezia unico al mondo, che magari i ciabattoni che si tuffano da Rialto neanche sospettano che esista... e ne son seguiti commenti estasiati a raffica: abbiamo una capitale, noi Veneti (in senso allargato) UNICO AL MONDO per cui solo curandolo adeguatamente potremmo vivere di rendita per sempre. Con questi stimoli pubblico un report su una chiesa che lascia a bocca aperta per la sua originalità e bellezza. E' Santa Maria dei Miracoli.... La chiesa dei Miracoli è una chiesa davvero speciale, sia dal punto di vista storico-artistico, sia sentimentale per i veneziani. Diversamente da tutte le altre chiese della città, frutto di numerose sovrapposizioni di stili, la chiesa dei Miracoli è giunta a noi praticamente intatta: fondata molto più recentemente rispetto le altre, è stata progettata, costruita e decorata da un unico artista e la sua bottega, forse in un unico stadio o al massimo in

MESSER GRANDO, LA STATUA E LA MINACCIA DELL'ESILIO AL GRIMANI

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NARRA la tradizione popolare veneziana che quando un Grimani tentò di vendere la statua romana che troneggiava nell'ingresso del suo palazzo, comparisse Messer Grando, il temibile funzionario del Consiglio dei X, a minacciarlo d'esilio. In realtà le cose non andarono così, ma la leggenda è il riflesso dell'amore grandissimo dei veneziani di un tempo (e credo anche dei pochi superstiti di oggi)  per l'immenso, unico e inestimabile patrimonio artistico della città. Ricordo i restauri a spese del governo veneto,  ad esempio, dei capolavori della pittura conservati nelle chiese, o la biblioteca pubblica ricca di volumi antichi e preziosi, poi saccheggiata da Napoleone.  Godetevi l'aneddoto tra leggenda  e realtà, che riprendo dal sito Venezia in 1 minuto, certo che vi piacerà. Sior Marco Agrippa In un cortile interno del Museo Archeologico di Venezia, in Piazza San Marco, all’altezza del numero civico 17 si può ammirare sul fondo del colonnato la statua clas

LA LEGA VENETA? NASCE NEL 1184, CONTRO L'IMPERO

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Una puntuale precisazione di Edoardo Rubini, storico valente, ci aiuta ad inquadrare meglio anche la veneticità indubbia di Verona, che secondo alcuni ambienti della città, sarebbe più imperiale (quindi austriacante) che veneziana e veneta. In quell'antico centro nacque invece la Lega Veneta, in chiave anti imperiale. Ecco quindi che il nome "Liga veneta" scelto qualche decennio fa per il movimento indipendentista, aveva le sue motivazioni storiche antiche . LA LEGA VENETA NASCE NEL 1164 CONTRO L'IMPERO  Corsi e ricorsi della storia.  La Lega Veneta nasce a Verona prima della Lega Lombarda.  La Lega Veronese fu un'alleanza costituita nel 1164 a Verona e patrocinata dalla Repubblica di Venezia, tra alcune delle principali città della Marca Veronese (un feudo imperiale).  La Lega Veneta comprendeva, oltre alla città scaligera, Padova, Treviso e Vicenza. Dopo la distruzione di Milano operata dalle truppe dell'Imperatore Federico Bar

CUORE VENETO, la scelta di restare.

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Poche righe a volte valgono come un libro, se dentro è condensato il grande amore per la terra natale, la terra dei Veneti che ci accoglie da più di tremila anni.  Claudia Bortot, veneta della valle del Piave "me ga fato inumidir i oci e tremar l'anema". Grazie cara, grazie per aver scelto di restare tra noi. So che non è stato facile.  CUORE VENETO Vedo la mia terra con altri occhi, non so, percorro le stesse strade da anni,ma ora vedo cose che non avevo mai notato , è come se i miei sensi si fossero potenziati, gli odori, le immagini, sembrano più evidenti, accentuate, al punto che ,a volte, mi corre un brivido lungo la schiena.  La mia terra e la mia gente, tutta una contraddizione, ma è la mia terra, le mie radici. ..Le radici. .. * .."Le radici sta per dove siamo nati e cresciuti. Quelle radici non le tagli. Quelle radici sono elastici con un capo legato al campanile e l'altro intorno la nostra vita. Più ti slontani più gli elastici si tira, f