Post

Visualizzazione dei post da agosto, 2017

BANDIERA VENETA NEGATA. IL PD VENETO: COSE POCO IMPORTANTI

Immagine
Michele Favero Cara Italia e cari italiani, compresi alcuni Veneti. 150 anni fa vi siete impadroniti con la truffa e con il sangue di queste terre Avete costretto centinaia di migliaia di giovani Veneti all'emigrazione e ora siamo alla terza diaspora di Veneti. Avete rubato e saccheggiato il Veneto al pari e forse più del bastardo nano francese. Da almeno 10 anni rubate il residuo fiscale dei Veneti per allargare la spesa pubblica di uno Stato fallito. Avete portato via le banche del territorio con la regia occulta di Banca D'Italietta. Avete distrutto migliaia di aziende che davano lavoro e prosperità grazie ad una pressione fiscale di oltre il 70% Avete istigato al suicidio centinaia di Veneti. Avete deriso la nostra nobile e antica lengua VENETA , definendola come un dialetto da qualche linguista di livello mediocre e portando in tv qualche attore altrettanto mediocre o nazionalpopolare che da ubriaco o da scemo doveva per forza parlare in Veneto. Ora vi accanite contro la

EL PIRON, LA FORCHETTA ARRIVATA PER PRIMA A VENEZIA

Immagine
il Doge Piero Orseolo,con una tiara di foggia bizantina, ancora  il classico copricapo veneziano, il corno dogale, non era stato adottato. Anche quello di origini antichissime locali.  na ne riparleremo... Siamo intorno all'anno 1000, stretti sono i legami di Venezia con Bisanzio, tanto che il Doge Pietro Orseolo si vede proporre come sposa al suo figlio primogenito, una nobile damigella della corte imperiale, imparentata con la famiglia regnante. "Durante il viaggio per Venezia gli sposi toccano tutti i porti dei due imperi e in tutte le città furono onorati con grandi feste". Tra le città in festa vengono annoverate quelle greche, le dalmate, le istriane e le lagunari Grado e Rialto. In poco tempo, Maria Argira, la Greca, mise al mondo un piccolo Orseolo, che il nonno Doge, al fonte battesimale, chiamò Basilio in onore dell'imperatore. Pietro Orseolo elargì anche di tasca propria, una notevole somma in favore della popolazione e nel documento vergato allora per

LA SANITA' VENETA E' TRA LE MIGLIORI, DIPENDE ANCHE DA QUESTO RETAGGIO

Immagine
LA SANITA’ ERA UN PREZIOSO BENE E I CORROTTI ANDAVANO PUNITI, ALLORA. L’ASSISTENZA ai malati era un dovere degli stati cristiani, perciò, per individuare e colpire i profittatori e i ladri di risorse pubbliche si ricorreva anche alla delazione tramite le apposite bocche delle denunce, come quella che si trova alle Zattere, vicino alla chiesa di Santa Maria della Visitazione. Anche chi rubava o lucrava su beni donati per la carità o il mutuo soccorso rientrava nella categoria degli infami. Per questo nell’androne di Scuola Grande di San Marco,  oggi ingresso dell’Ospedale Civile, una lapide immortala il reo comportamento del Guardian Grando che sottrasse risorse finanziarie e depauperò il patrimonio dei confratelli: ZUAN DOMENICO RIZZO FU GUARDIAN / DELLA SCOLA  DI SAN MARCO BANDITO / DALL’ECCELSO CONSEGLIO DI DIECI PER / L’INFEDELTA’ DEL SUO MANEGGIO ET PER / HAVER INTACCATI E VENDUTI LI CAPITALI / DELLA MEDESIMA CON INIQUE FORME E / FRAUDI ENORMI. Lo stato veneziano era infle

LA STELE DI ARCOLE E LA PIAGGERIA VERSO UN TIRANNO, L'IGNORANZA STORICA

Immagine
La stele di cui parliamo ricorda la battaglia di Arcole, posta in piena campagna vicino a un fosso, pare sia bisognosa di restauri. Inoltre qualche persona sembra abbia cercato di atterrarla e, considerando quello che Napoleone dopo quella battaglia ha portato nello stato veneto (ancora libero ed indipendente) e nel resto dell'Italia, il gesto può anche essere comprensibile. Ma i napoleonici italiani stiano tranquilli: la pietra "dell'infamia" (che ricorda la fine delle nostre libertà) vuole ospitarla il sindaco di Arcole (abbiamo il sospetto che sia del PD) nel locale museo. Basta aprire il link del medesimo per sprofondare nella piaggeria acritica più totale, verso un personaggio che invece in Nazioni con una storia antica dietro le spalle, è considerato epr quello che fu: un avventuriero ed invasore, un ladro di beni e libertà, pronto a tutto per i suoi fini personali. Parlo della Spagna, dell'Inghilterra, della Russia, per nominarne alcune: ad Arcole inve

IL PROBLEMA DEI DISERTORI NELL'ESERCITO VENETO. LE MILIZIE CADORINE.

Immagine
Ne accenna in maniera corretta Serafino De Lorenzo nel suo bel libro dedicato alle Cernide cadorine: Anche le formazioni regolari dell'esercito veneziano dovettero registrare delle diserzioni nel VIII secolo se il Savio della Terraferma nell'ordinare la cattura dei disertori, nel 15 luglio  del 1744, prometteva clemenza per coloro che si fossero ripresentati, mentre minacciava severe pene, fino a quella capitale, per coloro che, finiti nelle mani della giustizia, non avessero accolto gli inviti. Pene erano pure comminate per coloro che avessero favorito le diserzioni, in particolare osti, carrettieri, e barcarioli. Si doveva - raccomandava nel bando - fare attenzione alle vesti che avessero palesato l'appartenenza all'esercito. (Questo perché in pratica l'uniforme era l'unico abito che vestiva il soldato per il periodo della ferma). Era fatto anche obbligo di arrestare i disertori anche degli altri eserciti ( il che fa pensare a una collaborazione n

ORA ET LABORA: CHI RIPRISTINO' LA CAMPAGNA VENETA, DOPO SECOLI DI INCURIA

Immagine
il fiume Zero imbrigliato dai benedettini Furono i benedettini, che operarono non solo nel padovano, ma in tutto il territorio veneto. Io ebbi la fortuna di abitare per molti anni in un rustico che fu un loro monastero fattoria. Da quel casolare, alle porte di Preganziol (Tv), essi  ripresero le culture, probabilmente arginarono lo Zero, e fecero tornare la vita in terre abbandonate da secoli. Realizzarono così il loro motto ORA ET LABORA, concedendo anche i campi in mezzadria a condizioni molto vantaggiose ai poveri contadini, trasformandoli in imprenditori agricoli. Eccovi un bell'articolo comparso sul Gazzettino. Un’opera difficile e grandiosa, che nei secoli ha trasformato il territorio padovano (e il Veneto in genere ndr): le bonifiche dei monaci benedettini hanno reso coltivabile una palude, trovando il giusto compromesso tra il rispetto della natura e le necessità dell’uomo. Un modello che i monaci, in occasione della prima Giornata nazionale del Paesaggio, indetta

IL SIGNIFICATO DELLO STEMMA DEL CADORE NEL QUADRO DEL VECELLIO

Immagine
Di Xorzi Veneto Levorato Il Cadore è stato da tempi immemori il confine naturale delle terre venete ed il baluardo di difesa dalle possibili invasioni da settentrione. La catena stesa tra i due castelli simboleggia il confine a testimoniare la vitale funzione di protezione dei confini attribuita a questa terra. Il fatto che ne sia rimasta memoria nei secoli e nei millenni è dovuto all’isolamento naturale del Cadore ed alla naturale istinto degli abitanti di conservare gelosamente usanze e tradizioni. Da ricordare che la sostituzione del tiglio con il pino è avvenuta in concomitanza con le occupazioni francesi di inizio 1800 nel tentativo di portare la modernità (si chiedevano infatti perché fosse usato il tiglio come simbolo di un luogo dove prevalgono i pini). Non ho ben capito se sia stata la popolazione a decidere il cambiamento o se siano state le nuove autorità occupanti francesi ad imporlo. Il quadro a cui ci riferiamo è quello conservato nella sede della Magnifica Comunit

L'ULTIMO AMMAINA BANDIERA DEL LION... NON FU A PERASTO.

Immagine
Di Dan Morel Danilovich L'ultimo ammaina bandiera della Repubblica di San Marco. Tutti noi veneti, siamo convinti  che l'ultima bandiera di San Marco fu ammainata, tra le lacrime dei suoi soldati, nella antica e patriottica città di Perasto. Il 23 agosto del 1797 dopo un toccante e straziante discorso del capitano Giuseppe Viscovich, questi depose il sacro vessillo sotto l'altare cittadino. Ma NON fu questa l'ultima veneta  bandiera deposta... ma andiamo per ordine. Nel lontano 1784 la Serenissima Repubblica di Venezia nominò Capitano Straordinario della Navi Angelo Emo, il quale partiva da Venezia forte di una armata navale di 20 navi di vario tipo, al fine d'intraprendere la campagna navale contro Bay di Tunisi. Questi precedentemente aveva depredato alcune navi mercantili veneziane. Tra le navi dell'Emo vi è la fregata Pallade, armata con 24 cannoni da 20 libre e 240 uomini. La Pallade era una Fregata leggera da 12 portelli (terzo rango) “di nuova co

IL GONFALONE DONATO DA VENEZIA AD ASIAGO ORA RESTAURATO

Immagine
Donata ai Sette comuni dalla Serenissima ed ora finalmente restaurata, consente di scoprire nuovi particolari, fu donata per riconoscenza, per il contributo dei valligiani alla guerra contro il Turco condotta dal Morosini. Le sorprese dopo il restauro Recentemente, anche grazie al contributo della Provincia, il Comune di Asiago ha fatto restaurare il vessillo che Venezia donò ai Sette comuni (XVII sec.). con l’occasione, gli è stata data una più consona collocazione: lo stendardo, esposto sempre nella sala dei quadri del Comune, non si trova più rinchiuso in una stretta teca che provoca l’ondulazione della stoffa, impedendo di osservare alcune parti. Ora si trova sì sempre protetto, ma come il dipinto entro la cornice ed il vetro. Pulizia e restauro, assieme a questo accorgimento, consentono di ammirare la magnificenza dell’antica bandiera. Intanto si notano subito le ragguardevoli dimensioni (quelle attuali, addirittura potrebbero essere inferiori a quelle originarie). Il dispiego

IL LION NIMBATO IL PRIMO GONFALON CON SAN MARCO

Immagine
Nella magnificenza unica al mondo della basilica marciana (che era la cappella del Principe dei Veneti, il dux Venetiae) compare una delle prime raffigurazioni dei gonfaloni marciani. Inizialmente San Marco era raffigurato in forma umana, su monete e sigilli dogali, mentre porgeva il vessillo al Doge, poi si passò alla forma ferina, dato che San Marco era raffigurato come Leone, con la voce tonante, Egli annunziava alle genti venete, il Vangelo. I vessilli raffigurati, compaiono in una scena che celebra la scena della traslazione  a Venezia delle ossa di Sant’Isidoro, martire del II secolo, dall’isola di Scio, traslazione avvenuta l’anno 1125 per opera del Doge domenico Michiel. Il mosaico e del 1355. La scena ci mostra tra l’altro la fortezza dell’isola, un molo e delle galere da cui sono sbarcate le truppe. Oltri agli stemmi e alla bandiere particolari dei Michiel e di altre famiglie, vediamo sventolare numerosi vessilli veri e propri di San Marco, sia sulle torri del forte, si

NELLE MEMORIE DI UN VALLIGIANO IL RICORDO DI UN BOMBARDAMENTO

Immagine
Siamo in valle di Seren a nord del Grappa nel terribile anno ricordato come "l'an de la fan" tra il 1917 e il '18. Austriaci e poi anche tedeschi contendevano ai locali persino le oriche, per sfamarsi dopo averli derubati di tutto. Ma qui riporto un brano scritto nel memoriale di un sopravvissuto, all'epoca bambino, che parla di un bombardamento italiano contro gli occupanti austriaci, a cui assistette.  L'italiano è quello originale, molto maccheronico.  "Noi si aveva una mucca salvata con poco latte tanto per disfamare i più piccoli e una mattina di marso (1918) siamo andati sul monte Roncon in cerca di resti di foraggi lungo le strade dove era sparso qua e là tra le siepi con un sacco peruno  io e mio padre una bella mattina col sole senza nubi si vedeva tutta la vallata da Peurna a Grappa tutte le montagne fino al Pertica e tutto il feltrino e riflettevo. -quando sarallo che potremo ancora ritornare alla nostra casa sebbene brutta forse mai più o

LA LEVA E IL SERVIZIO DELLE CERNIDE. BANDIERE E DIVISE

Immagine
bandiera del Cadore Come abbiamo già detto, Venezia, dopo le ottime prove fornite in battaglia dalle truppe ausiliarie costituita da popolani dell'entroterra durante la guerra di Cambrai, regolamentò ed istituzionalizzò in tutto il territorio (veneto e d'oltremare) queste truppe. Fu il grande Andrea Gritti che, divenuto doge, volle regolamentare questa milizia popolare, su cui ancora oggi, del resto, è basato l'esercito svizzero. Erano soggetti alla "cernida" (da cui il nome) solo i contadini dai 18 ai quaranta anni di età ma non capifamiglia, mentre artigiani, operai dei centri maggiori erano esentati poichè il disturbo all'economia dello stato poteva essere rilevante. bandiera della milizia  di Cenàs nel Cadore  Esistevano particolari accordi, per comunità montane di confine, per cui la truppa "levata" poteva essere impiegata solo in quel territorio.  In realtà, nei tempi normali, si richiamava la truppa tre volte l'anno per poche

LE CERNIDE, I NOSTRI SHULTZEN. Come e perché nacquero.

Immagine
ESERCITO PROFESSIONALE NEL PRIMO 600 Le milizie popolari erano una istituzione antichissima, sia nella Terraferma, che nella Patria del Friuli. I popolani, all'occorrenza, davano un contributo, e per questo venivano periodicamente addestrati, al Signore feudatario o al proprio libero Comune o anche alla Signoria locale, in quanto era un interesse di tutti difendersi dal nemico esterno, che avrebbe altrimenti messo a ferro e a fuoco il territorio. L'evento catalizzatore dell'istituzione nell'intero Dominio della Milizia fu la guerra di Cambrai" (1509-1517) quando Venezia era cinta d'assedio da tutti o quasi gli eserciti d'Europa. Questi soldati territoriali furono impiegati come supporto delle truppe di professionisti, costituite da Compagnie "condotte" per ingaggio. RICOSTRUZIONE DELL'AUTORE DELLE UNIFORMI DELLE CERNIDE DI ASIAGO E' da rilevare che le Cernide furono sempre e solo composte da leva del contado, ritenendo il gove

LA CROCE DI SCLAUNICCO E LE RUBERIE NAPOLEONICHE

Immagine
A Sclaunicco, una frazione di Lestizza, una tradizione popolare fa risalire "al tempo dei francesi" una croce di una croce astile, oggi montata su un piedistallo, si fa notare per la sua bellezze e per il suo stile insolito, rispetto a quelle presenti in Friuli. E' rivestita di lamina di rame dorato, arricchita di cristalli di rocca e di vetri colorati, e reca nel centro un Cristo in bronzo fuso, in stile detto "limosino" anche esso dorato contornato di immagini di santi e simboli religiosi smaltate in azzurro.  Una leggenda locale, tramandata di generazione in generazione, racconta che due soldati francesi si fermarono presso una pozza di acqua stagnante, detta “seuç” in friulano. La pozza si trovava nei pressi di Sclaunicco. Avevano posato per terra le armi e i sacchi per riposarsi ma gli abitanti di Sclaunicco, allertati della loro presenza, temendo di essere derubati, si riunirono velocemente e, armati di forconi e di armi improvvisate, si scagliarono

Fregata Grossa ” FAMA”, varata a Venezia il 31 marzo 1784.

Immagine
Di "Ecce Leo"  Fregata Grossa ” FAMA”, varata a Venezia il 31 marzo 1784. sulla "randa" la bandiera della marina veneziana con bordo giallo/oro e leone con croce. L’8 Giugno del 1782 , veniva impostata nell’Arsenale di Venezia la fregata grossa “Fama” destinata a diventare celebre divenendo la nave ammiraglia di Angelo Emo,che sarebbe stato nominato nominato ” Capitano straordinario delle Navi” ( più o me no quello che oggi sarebbe il Comandante in capo della squadra navale). La costruzione della nave fu affidata a Domenico Giacomazzo della famosa famiglia di costruttori che operava in Arsenale. La nave faceva parte di quelle costruite con il sistema ” ad ordinata doppia” che era stato adottato nel 1780 sotto l’impulso di Angelo Emo all’epoca Ammiraglio dell’Arsenale che guardava in modo lungimirante alle tecniche di costruzione dei vascelli atlantici adottate da Inghilterra e Francia. Queste erano le dimensioni dello scafo: Lunghezza della chiglia m. 42,42 lar

LA TRAGEDIA DI ARSIA, LA MARCINELLE DEGLI ISTRIANI CHE NESSUNO RICORDA

Immagine
Mi segnala l'amico Gino Pozzobon ed è un pugno nello stomaco di istriani e veneti: La tragedia di Marcinelle la conoscono tutti. Il giorno anniversario, l'otto di Agosto, si tengono celebrazioni ufficiali, alte autorità depongono corone d'alloro, risuonano gli inni nazionali e in Italia non c'è giornale che non dedichi un servizio alla memoria dei 136 minatori italiani che nel 1956 persero la vita nelle gallerie della miniera di carbone in Belgio. Il nome di Arsia, invece, non dice nulla a nessuno. Eppure proprio lì, ad Arsia, in Istria, a neanche cinque chilometri dalla frequentata località turistica di Albona, a un giorno di barca da Venezia, avvenne la più grande tragedia mineraria nazionale: il 28 Febbraio 1940 morirono 185 minatori, tutti italiani. Ed è, la terribile storia di Arsia, un'altra delle storie dimenticate d'Italia, un altro zainetto di dolorosa memoria negata che pesa nel cuore degli italiani d'Istria. Perché a decretare la cancell

LE DOPIE NEL SCRIVER IN VENEZIAN, na poesia molto divertente

Immagine
Se avisa el proto de la stamparia, / che dovendo stampar in venezian, / no se deve osservar l'Ortografia, / come ricerca el bel parlar Toscan, / do p, do t, do r, mal staria, / in Bepo, Fruto, Guera, al dir nostran: / l'è s'à da radopiar in uzzo, e in azzo, / come Luzzo, Mastruzzo, Giozza, e Brazzo. Anzi, per no se unir col Toscanismo, / ma seguitar la nostra antiga usanza,/ quel, che saria in le scuole un barbarismo, / nel parlar venezian no è sconcordanza; / Quei ride, senza far un solecismo, / Plural, e singolar sta in consonanza, / Quei ridono, dirave un de Fiorenza, / Qua la pratica, e l'uso, fa sentenza. La parola cussì, con altretante, / par levar ogni equivoco ai Letori, / Chiama do ss, uno solo no è bastante, / el dirave cusì par i Sartori; / Cucito scriverave un buon Cruscante; / Onde, aciò no stè a farve miera d'erori, / Un aviso ve dago per scurtarla: / se scrive in venezian come se parla.  E' una avvertenza in versi che Isepo Pichi se