I PITTORESCHI CAPPELLETTI DI PRELLI E COMPAGNI
A inizio del 1600 la cavalleria leggera, che abbiamo già conosciuto col nome di "stradiota" fu chiamata "dei cappelletti" per via del piccolo copricapo che gran parte di loro indossavano. Vengono quindi abbandonati quei curiosi cappelli a cilindro che abbiamo visto anche in articoli precedenti.
Ma lascio la parola ad Alberto Prelli:
Capitano dei Cappelletti, soldato e donna (1620 circa)
I Cappelletti erano di origine balcanica o greca. Portavano abiti tradizionali della loro zona, Facevano parte della cavalleria leggera. La Repubblica li utilizzò per sorvegliare confini, scortare salmerie e denari. Erano anche utilizzati come polizia militare.
I capitano indossa i suoi abiti migliori: una preziosa veste damascata con alamari dorati sopra una tunica di velluto cremisi e benevoreche, cioè calzoni aderenti e lunghi fino alla caviglia e i caratteristici calzari detti opanke. Tiene in mano la mazza come simbolo di grado (ma era anche usata in battaglia dalla truppa, e da essa derivò il terribile uso delle truppe bosniache imperiali, di finire i feriti con mazze ferrate nella grande Guerra, ndi Redazione ). Al fianco cinge una scimitarra all'uso orientale, e nella fusciacca alla vita ha infilata una pistola a ruota.
Il soldato cappelletto di sfondo indossa un giaccone di cuoio sotto la corazza e un berretto a punta guarnito di pelliccia...
La donna indossa i caratteristici abiti della Dalmazia.
Ma lascio la parola ad Alberto Prelli:
Capitano dei Cappelletti, soldato e donna (1620 circa)
I Cappelletti erano di origine balcanica o greca. Portavano abiti tradizionali della loro zona, Facevano parte della cavalleria leggera. La Repubblica li utilizzò per sorvegliare confini, scortare salmerie e denari. Erano anche utilizzati come polizia militare.
I capitano indossa i suoi abiti migliori: una preziosa veste damascata con alamari dorati sopra una tunica di velluto cremisi e benevoreche, cioè calzoni aderenti e lunghi fino alla caviglia e i caratteristici calzari detti opanke. Tiene in mano la mazza come simbolo di grado (ma era anche usata in battaglia dalla truppa, e da essa derivò il terribile uso delle truppe bosniache imperiali, di finire i feriti con mazze ferrate nella grande Guerra, ndi Redazione ). Al fianco cinge una scimitarra all'uso orientale, e nella fusciacca alla vita ha infilata una pistola a ruota.
Il soldato cappelletto di sfondo indossa un giaccone di cuoio sotto la corazza e un berretto a punta guarnito di pelliccia...
La donna indossa i caratteristici abiti della Dalmazia.
La seconda immagine ci mostra un cappelletto a cavallo in azione. Il nostro cavaliere indossa un elmo a coda di gambero, giaccone di cuoio e corazza, chiuso alle spalle da due strisce di cuoio coperte di lamelle metalliche fermate da ganci.
A lato porta la schiavona, detta palosso. Dalla fiaschetta sta versando la polvere da sparo nella canna della pistola a ruota e stringe tra i denti una palla di piombo che verrà inserita sopra la carica. La chiave per la tensione del meccanismo a ruota è infilata a una cinghia della fondina sotto la borsa delle palle.
Trombetta e cappelletto.
Generalmente vi era un trombetto per ogni compagnia di cappelletti a cavallo. Trasmetteva gli ordini col suo strumento. E' armato di scimitarra e pistola a ruota, infilata nella fusciacca. Dalla tromba è stata tolta la piccola bandiera che era, generalmente, agganciata.
Accanto ai cappelletti a cavallo c'erano anche quelli appiedati, come il nostro che indossa un corsaletto con "scarselloni" (ripari alle cosce) e una spada da fante.Sta caricando con la chiave il suo archibugio a ruota.
Queste e altre meravigle nel librto: Sotto le bandiere di San Marco, scritto da Alberto Prelli con le tavole di Piero Compagni. Ed Itinera.
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