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Visualizzazione dei post da 2019

SULLE TRACCE DEL TURCO A PARENZO

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A Parenzo, nel triangolo magico dell'Istria, per scoprire quanto ancora resista la memoria di Lepanto fino quassù, sul fondo dell'Adriatico PAOLO RUMIZ ci incanta di nuovo... Parenzo, sera viola, un'osteria della città vecchia, squadriglie di rondini attorno alla basilica bizantina, un'aria d'Oriente che fa a pugni con le divise troppo americane dei poliziotti croati. Annotiamo sulla nostra mappa quanto abbia viaggiato la leggenda del turco, anche qui, in fondo all'Adriatico. Capodistria, una colonna a memoria di Lepanto e del contributo istriano alla battaglia. San Donà di Piave, festa con processione il 7 ottobre in nome della Madonna del Rosario. Casarsa, Pasolini che scrive i " Turcs tal Friul ", un evento del 1499, con quell'urlo terribile nella pianura: "A è la muart ch'a ni speta cà intor!", è la morte che ci aspetta qua intorno. " Dut cà intor sarà distrùt, sparit, dismentiàt. E tu, Verzin beada. Tu, ch'i ti ve

LA VITA TRIBOLATA DEL "PARON", IL CAMPANILE DI SAN MARCO

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Il 14 luglio 1902 crollò il campanile di san Marco, e parve porre fine a secoli di "triboli" di cui si parla nella nota, ma per fortuna all'incuria seguì la ricostruzione "come era e dove era": simbolo di una Venezia che non vuole morire, malgrado tutto. Antonella Todesco ci racconta: Nel 1653 il campanile ebbe "dal fluido celeste" ( fulmine ) alcuni danni, riparati da Baldassarre Longhena. Nel secolo XVIII furono parecchi i rifacimenti per danni dei turbini e delle saette. Il 23 aprile 1745, l angolo che guarda la torre dell' orologio fu per metà squarciato da un fulmine, e le macerie travolsero, uccidendoli, quattro infelici che avevano ai suoi piedi la loro bottega. Nuove e gravi lesion i furono provocate da altri due fulmini, uno caduto nel 1761 e l altro l anno successivo. Nel 1776 il campanile fu munito di un parafulmine, l idea e il disegno furono dell' Abate Giuseppe Toaldo. Il parafulmine, dall' angelo dora

CARLO LOTTIERI METTE IN GUARDIA I VENETI

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Leggevo ieri di una dichiarazione di Carlo Lottieri, così attento e partecipe alla causa dell'autonomia veneta, in cui si percepiva un certo fastidio per lo slogan che va per la maggiore: PRIMA I VENETI!. Egli avvertiva che se il Veneto avesse ottenuto l'indipendenza, ogni comunità del suo nuovo stato avrebbe avuto a sua volta il diritto di staccarsi.  E citava la costituzione lussemburghese. Par quasi che per paradosso, il pensiero "liberal" del Lottieri neghi ogni idea di Nazione e ogni entità chiamata stato basata su valori e storia comune. Io direi che le nazioni sono sempre esistite, come espressione dei popoli, ma vi fu una cesura tra Nazione e popoli in essa rappresentati con l'invenzione dello Stato Moloch attuale, di deriva francese, in cui veniva imposta una lingua, una cultura e una storia a tutti, annullando ogni tendenza difforme. Anche con la violenza. Dalle stragi dei vandeani, allo sterminio di etnie diverse nel Novecento, persino all'impo

L'AVV. FOGLIATA SUL GAZZETTINO, PER L'AUTONOMIA DIFFERENZIATA

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Caro Direttore, i nodi vengono al pettine. A seguire con attenzione il dibattito in corso sull'autonomia del Veneto vengono i brividi. Dopo aver sbraitato e starnazzato per anni di incostituzionalità di ogni prospettiva di libertà, ora, che Luca Zaia ha trovato una via che corrisponde all'esatta applicazione di una norma della Costituzione, l'italietta getta la maschera e mostra il suo vero volto autoritario. Tra coloro che temono di perdere antichi fiumi di finanziamenti a pioggia, o posti pubblici ricolmi di privilegi, e coloro che svelano la realtà delle loro incrostazioni ideologiche, tra piccoli e grandi boiardi di Stato e consorterie di interessi, il siparietto, se non fosse disgustoso, sarebbe spassosissimo. Che, in barba alla tanto (ed ingiustificatamente) idolatrata Costituzione, i Ministeri alzino un muro per mantenere il baraccone è triste, ma è purtroppo comprensibile. Che si faccia "ora e sempre resistenza" per non cedere su infrastrutture

"LA PAGHETA" DEL DOGE CHE NON BASTAVA MAI

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Una ricerca di Antonella Todesco ci permette di focalizzare le differenze tra la classe politica di allora, e i trafficoni di oggi. Allora era un onere affrontato per spirito di servizio, ora è ben diverso,purtroppo. Altro che "oligarchi tiranni" ! Nei primi tempi sembra che il Doge si mantenesse al pari degli altri cittadini esercitando il commercio ed in più avvalendosi di alcune rendite statali. In seguito gli fu assegnata una vera e propria lista civile, che gli veniva pagata trimestralmente. Fu sempre molto esigua e perciò erano necessarie grandi ricchezze all eletto affinché potesse degnamente sostenere il dogado. Fu di 1800 lire d oro annue al principio del 1200, con alcune regalie, poi di 2000, di 3000 di 4000 e di 5500 dopo Francesco Dandolo. Negli ultimi tempi tante erano le spese che le rendite bastavano appena a coprire i festeggiamenti per la sua elezione. Per il pagamento della lista civile erano devoluti alcuni tributi di terre e città soggette

LA CACCIATA DEI GESUITI E LA NUOVA SCUOLA PUBBLICA VENETA

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Dalla cacciata dei Gesuiti, accusati di intromissione  nelle decisioni del governo, riceve un grande impulso la riforma della scuola pubblica, affidata  a Gaspare Cozzi, riforma che mostra grandi affinità con i sistemi educativi odierni.  Questo poneva lo stato veneto all'avanguardia anche in quel settore della pubblica istruzione, specie in Italia. Riprendo quanto riporta Distefano nel suo "Atlante storico della Serenissima". 1773: Scioglimento dei Gesuiti a Venezia. Con tale soppressione vengono istituite delle scuole medie laiche mentre i collegi dei Gesuiti sono convertiti in scuole pubbliche.  In particolare, a Venezia, si riformano le scuole elementari, affidando il compito a Gaspare Gozzi, le scuole de sestiere sono trasformate da scuole di grammatica latina  in scuole primarie, dove si si insegna  a leggere e a scrivere, a far di conto, e il disegno.  Gasparo Gozzi, letterato famoso,  era stato incaricato nel 1770 di studiare e suggerire una riforma

ANCHE LA MADONNA CONOSCE IL "CAO DE AN" VENETO. A MOTTA.

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NELL'ULTIMO NUMERO DI VENETO VOGUE, un godibile e commovente articolo di Davide Lovat ci narra dell'apparizione della Madonna a un umile contadino di Motta di Livenza, il giorno 9 marzo. All'epoca della Serenissima, per tutti i Veneti, fin dai tempi più antichi, il Capodanno (Cao de an) si festeggiava a marzo ignorando così il calendario in uso anche oggi, che l'impero romano aveva riformato. Questa Madonnina, in forma e nelle vesti di fanciulla,  si rivolge a Giovanni Cigana, padre di sei figli, cresciuti cristianamente, e abituato a recitare da 20 anni ogni giorno il Rosario. E gli parla nella dolce lingua veneta: al saluto del contadino " Dio ve dia el bon dì" Lei infatti risponde: "Bon dì e bon ano, homo da ben!" Il colloquio prosegue e la fanciulla misteriosa pare conoscere ogni pensiero e problema recondito del    Cigana, il quale alla fine cade in ginocchio e capisce di aver di fronte la Madonna a cui lui tanto era fedele e che t

I LIBRI TASCABILI? NATI A VENEZIA

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ANTONELLA TODESCO Cinquecento anni fa giunsero a Venezia i primi tipografi dalla Germania; infatti l invenzione della stampa la dobbiamo ai tedeschi. Da rudimentale divenne arte raffinata, tanto da insegnare a tutto il mondo, a quel tempo conosciuto, come il torchio poteva divenire strumento di conquista artistica. Solo dopo quattro anni dalla pubblicazione del primo libro stampato in Italia, il "Donatos pro puerolis", uscito nel 1465 dal monastero di Subiaco, usciva, dalla tipografia di Giovanni da Spira, a Venezia, le "Epistolae" di Cicerone. Ne seguirono molti altri diffusi ovunque. La tipografia veneziana divenne floridissima tanto che gli editori formarono Scuole e Confraternite proprie. Un decreto del Consiglio dei Dieci del 1548 ordinava "de levar una scuola de tuti coloro che fanno stampare et che tengono botega et vendono libri". Non si ha nessuna traccia di questa Scuola, si sa solo che tipografi, editori e stampatori si radunavano nella Chiesa

IL DECENTRAMENTO IN SALSA ITALICA NEL 1925 .. E OGGI.

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Oggi si parla tantissimo di decentramento, ma i Veneti, si sa, sono immemori quanto gli altri popoli italici, perché la Storia, a conoscerla, direbbe loro di non farsi illusioni: lo stato centralista italiota è irriformabile. Di decentramento se ne parlava anche negli anni Venti del '90, ma il gioco del decentramento continua ad avvincere e ad esso si ricorre immancabilmente quando la protesta popolare minaccia di oltrepassare il livello di guardia. Allorché il Governo si accorse che in Veneto le cose stavano volgendo al peggio, e che sotto accusa era posta l'amministrazione centrale, afferrò la bacchetta magica del decentramento, trasferendo le prerogative del Ministero delle Terre Liberate a una specie di Agenzia periferica, che doveva dare l'impressione di star più vicina alla gente del posto e ai suoi bisogni.  "Il fatto è che lo stato centralista fino al midollo, produce, per clonazione, creature centraliste anche in periferia. In un'Italia dove il model

IMPRESSIONANTE: NEL 1923 LA SCUOLA VENETA, UGUALE AD OGGI

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Ho molti contatti e amici anche al sud, ma è gente che condividerà con me anche questa analisi piuttosto "cruda" sul rapporto tra "clientela meridionale" e stato italiano. Uno dei ceppi giganteschi che impediscono il riscatto di quelle terre. Qui il mio amato Bruno Pederoda, mostra come anche nel Veneto in quei lontani anni, gran parte degli insegnanti fosse di origine meridionale, avendo scavalcato nel punteggio farlocco i giovani "polentoni" che il diploma e lo erano proprio sudato. "All'imponente ingresso della borghesia meridionale nei quadri dell'amministrazione pubblica (ma anche della magistratura e dell'esercito), si andava accompagnando fin dall'inizio degli anni '20, una vistosa immissione nelle scuole elementari del Settentrione, di maestri venuti dal Sud.  la nostra analisi parte dalla denuncia apparsa su una delle riviste scolastiche più prestigiose  'I Diritti della Scuola' - che svela e spiega il m

L'ANELLO DEL DOGE; quello vero, quello finto.

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Antonella Todesco Il Doge al dito portava un anello per suggellare (la ceralacca che suggellava i documenti) , con la figura di San Marco che gli consegna lo stendardo mentre sta inginocchiato, lo stemma di famiglia e la scritta "Voluntas Ducis". ( A volte Voluntas Senatus). L'anello veniva acquistato per il Doge dal Magistrato alle "rason vecchie" (1). Come fosse invece l'anello che veniva gettato in mare il giorno dell' Ascensione, non è ben chiaro; c é chi afferma che fosse simile a quello che il Doge portava al dito ma non è stato provato. Il cavaliere del Doge aveva ogni anno l incarico di farne uno, e doveva essere di limitato valore. Dai conti del 11 maggio del 1740 risultava un costo di appena 22 lire, mentre quello al dito del Doge poteva arrivare anche a 440 lire. Nel tesoro di San Marco esiste un grande anello d argento dorato, con pietre false, che l abate Pasini riteneva essere stato l ultimo destinato ad essere gettato in mare. Il

1513. GRAN BATTAGLIA A COSTABISSARA TRA VENETI E SPAGNOLI.

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Cambrai, Lega di... Alleanza stretta nel 1508 fra l’ imperatore Massimiliano I d'Asburgo , Luigi XII di Francia, papa Giulio II e Ferdinando il Cattolico re d’Aragona per contrastare le mire espansionistiche di Venezia. Il dominio dei Veneziani, dopo vane trattative, colpiti dal papa con interdetto e scomunica e sconfitti dai Francesi ad Agnadello, parve crollare. Ma Giulio II, riavute le sue terre e timoroso di un’espansione francese, pose fine alla Lega di C., formando con Venezia e Spagna la Lega Santa (1511). IL RIASSUNTINO per inquadrare la fase precedente in cui accadde lo scontro, che nel 1513 vedeva di nuovo Veneziani e Spagnoli su fronti opposti.  Il Comune dove veneti e spagnoli si scontrarono ha posto un cippo in memoria, cinque anni or sono, ed un altro angolino della storia veneta è stato dissepolto, organizzando una sfilata di magnifici rievocatori in abiti d'epoca. La battaglia è passata alla storia come "battaglia di Motta" il centro più grosso

LE ORIGINI DEL CARNEVALE. A VENEZIA ERA GRANDIOSO.

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Gianni Cecchinato C arnevale, il mondo alla rovescia. La follia, il rovesciamento dell’ordine, la soppressione delle gerarchie, l’assoluta mancanza di regole, rappresentano gli elementi che da sempre sono alla base dell’idea stessa del carnevale. La maschera durante il carnevale costituisce ancor oggi il modo più efficace per celare l’identità, ma anche per cambiare ruoli e ritmi quotidiani.   In ambiti locali, legat i alla tradizione, è una festa che conserva quella magia e quegli aspetti trasgressivi che tanti viaggiatori d’Oltralpe apprezzarono e descrissero nei loro diari di viaggio nei secoli scorsi. Il carnevale a Venezia iniziava nei primi giorni di ottobre, con l’apertura dei teatri, si interrompeva nel periodo di Natale e proseguiva fino alla Quaresima.  Il costume di carnevale a Venezia è fatto da Bauta, Tricorno e Mantella (tabarro) di seta o di lana. Vanno ricercate nei festeggiamenti con cui il popolo della Serenissima Repubblica celebrava nel passato la vittoria

NINA NANA PAR I PICOI VENETI DE IERI E DE ANCO'

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Le be£e fiastroche che e nostre mame venete ne cantava, a nialtri che gaven i caveij bianchi, ormai  Nina nana Stea steina la note se avisina la vaca xe in stala. la vaca e el vedeo, la piegora co l'agnèo, la galìna coi pulsini, la gata coi gatini, la cavara con cavarèto e la mamma col so toseto, tutti quanti fà la nana, tutti quanti co la so mama

IL PATRIARCATO DI AQUILEIA FARLOCCO E I FRIULANI

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IL PATRIARCATO D'AQUILEIA: FARLOCCO E ABUSIVO   LA BASILICA DEL PATRIARCA ABUSIVO DI AQUILEIA  Autore Edoardo Rubini,storico. Uno dei sistemi di sottomissione dei Veneti più efficaci inventati dal nazionalismo italiano è stato creare più spaccature possibile tra Veneti, addirittura suscitando micro-nazionalismi antistorici e abbastanza ridicoli.  Un classico esempio è il micro-nazionalismo friulano.  Una delle cose che mi ha colpito sin dall'inizio è che esso, oltre a rivendicare la specificità innegabile della lingua friulana, addirittura ha impugnato la bandiera del Patriarcato d'Aquileia. Un vero paradosso: il micro-nazionalismo friulano è stato costruito dalla massoneria di sinistra, giacobina, filo-francese, materialista, laicista, anti-cattolica, ma ciononostante si sentono grandi sostenitori del Patriarcato d'Aquileia, un Vescovo-Conte legatissimo all'Impero Franco prima e Asburgico dopo, che nella maggioranza dei casi era in mano alla

IL CAVALLO LIPIZZIANO E L'ANTENATO VENETO. DIOMEDE E IL TIMAVO

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A volte le coincidenze sono magiche: parlo della famosa razza dei lipizzani dal caratteristico mantello bianco argento e del cavallo bianco che ogni anno i Veneti antichi sacrificavano a Diomede sul tempio nei pressi del Timavo. Il lipizzano deriva da una razza di Lipizza località a venti chilometri da Trieste oggi in Slovenia; poco lontano da quei luoghi, e anche se è frutto di vari incroci con cavalli andalusi ed arabi, ed è nata intorno al 1580, le giumente erano venete e friulane, razza autoctona. Quindi guardando questa bella immagine è un poco come guardare nel nostro lontano passato e ci fa pensare al quegli immortali versi di Alcmane. dedicati alla sua amata. ELLA CI APPARE COSI’ BELLA  COME UN PULEDRO VIGOROSO  VINCITORE DI TORNEI. NON VEDI? LEI E’ BELLA  COME UN CORSIERO VENETO… DAGLI ZOCCOLI RISONANTI DI SOGNI ALATI Dedico a tutte le donne venete.

LA REPUBBLICA DI VENEZIA E LO SPIRITO VENETO

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Un amico ci invita in altra sede a smetterla di considerare la Repubblica di Venezia, come una cosa nata dai Veneti, secondo lui è un modello importato dalla Grecia di Atene e non ha alcuna radice nella tradizione nostra, Ecco la mia risposta: mi pare giusto invitare a riflettere su quel che era la Repubblica di Venezia, ma sarebbe un errore, secondo me, limitare il discorso alla istituzione repubblicana; rifletterei sulla società che ha prodotto quel modello. E lì bisogna riferirsi alle radici di un popolo: come le si scopre se osserviamo la Cina odierna, prodotto del confucianesimo ammantato di comunismo (anche se l'anonimo amico mi ha fatto notare che la parola comunismo non esiste nella costituzione cinese). Quindi un popolo culturalmente portato all’obbedienza alla gerarchia e alla casta di potere. L’individuo si annulla di fronte allo stato che rappresenta l’autorità e questo è un lato del comunismo affine al confucianesimo . L'amico secondo noi sbaglia ad es

CO S.MARCO COMANDAVA: CRUDELI TORTURE?

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Un veronese amico nostro ci segnala un articolo anonimo (esiste per fortuna il pudore) in cui si stabilisce, pilluccando nei  secoli del"dominio" veneto, che la Serenissima era addirittura peggio, per la severità delle pene, del governo asburgico, che aveva notoriamente un debole per la forca.  Ma si tratta di disinformazione (speriamo in buona fede). Dati alla mano, fior di studiosi del settore affermano il contrario, se rapportiamo le sentenze ai tempi e agli altri stati europei.  Qui l'articolo idiota  /pene-leggi-serenissima-verona doday. Dopo aver perso il diritto naturale di essere stato e vederci negata persino l'idea di essere nazione, abbiamo visto in questi 200 anni, completamente travisati i princìpi di giustizia su cui si reggeva il dominio veneziano. una campagna che ha i suoi primi padri tra gli illuministi del 700 e che è proseguita poi con l'aiuto di una vera e propria campagna di falsità. Spicca tra tutte la leggenda del "forna

IL CORNO DOGALE.. O FORSE MEGLIO, I CORNI DOGALI

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Antonella Todesco riporta un brano molto interessante di Da Mosto in cui vengono spiegati i vari tipi di corno dogal e la sua evoluzione nei secoli. Da non perdere! Francesco Foscari Antonella Todesco ·  Lo storico veneziano Bartolomeo Cecchetti ci dà una dettagliata descrizione del corno dogale. Il famoso corno, chiamato secondo i tempi, Biretum, corona, corno o Zoia che fungeva da diadema sovrano, certamente di origine bizantina, ebbe, nelle varie epoche, forme diverse. Dapprima imitò il berretto degli imperatori d oriente costituendo una calotta un poco prolungata, poi, tra il XI e XII secolo fu diviso in due parti da un fiocco o da un bottone rotondo ed infine, nel XIII secolo assunse la forma del corno, prima molto appuntita, poi lentamente arrotondantesi. La stoffa con cui era fatto variò secondo i tempi. Il corno fu di sciamito tessuto in oro e in argento, di panno scarlatto, di damasco, di velluto cremisi, di tabí bianco con ornamenti di pelli rare, di gemme, di