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Visualizzazione dei post da novembre, 2017

LO STRAORDINARIO DISCORSO DEL DOGE LOREDAN IN DIFESA DI PADOVA

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Il discorso del doge Leonardo Loredan per la difesa di Padova il ritratto di Loredan, opera strordinaria di Gentile Bellini "Se, come è manifestissimo a ciascuno, prestantissimi senatori, nella conservazione della città di Padova consiste non solamente ogni speranza di potere mai recuperare il nostro imperio ma ancora di conservare la nostra libertà, e per contrario se dalla perdita di Padova ne seguita, come è certissimo, l'ultima desolazione di questa patria, bisogna di necessità confessare che le provisioni e preparazioni fatte insino a ora, ancorché grandissime e maravigliose, non siano sufficienti, né per quello che si conviene per la sicurtà di quella città né per quello che si appartiene alla degnità della nostra republica; perché in una cosa di tanta importanza e di tanto pericolo non basta che i provedimenti fatti siano tali che si possa avere grandissima speranza che Padova s'abbia a difendere, ma bisogna sieno tanto potenti che, per quel che si può provede

IL PRIMO GONFALONE COMPARE CON IL GEMELLAGGIO CON GENOVA

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RIPORTO il fatto storico da pochi conosciuto, ripreso oggi da Raixe venete, anche perché fu l'epoca in cui comparvero i primi vessilli col leone marciano in forma nimbata. ecco i vessilli raffigurati nella basilica di San Marco, cappella di Sant'Isidoro, ricordano l'assedio di Chio 30 NOVEMBRE 1238 Tentativo di gemellaggio tra Genova e Venezia? Firmata una tregua della durata di nove anni tra Venezia e Genova. Durante questo periodo ciascuna nave delle due repubbliche doveva innalzare tutte e due le bandiere, di S.Marco e di S.Giorgio. Tale tentativo di riappacificazione avvenne con Venezia in posizione di favore, dopo che con la Quarta Crociata e la conquista di Costantinopoli del 1204 Venezia si era resa padrona del Mediterraneo orientale creando quella vasta e capillare rete di possedimenti coloniali che andavano sotto il nome di Stato da Mar, il controllo della Serenissima sulle rotte commerciali levantine si era reso egemone, e talvolta poteva sfociare in scont

QUANDO SE BARUFAVA PAR...Un filo d'oro di Manin

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QUANDO SE BARUFFAVA IN FAMEGIA par un filo de manin Un filo di Manin a testa, come si usava dire nelle famiglie veneziane quando di mezzo c’era un’eredità da dividere. I noltre essendo stato un bene che si portava in dote , e ra consuetudine di ogni madre divide re “el manin” in parti eguali tra le figlie (oppure tra le nuore quando non c’erano figlie) che trasmettevano poi questa tradizione a gli eredi ; ecco la ragione per cui oggi è difficile trovare fili originali di una certa lunghezza . Era una consuetudine, tipicamente veneziana e non veneta, quella di investire nel Manin in maniera trasversale da coinvolgere ogni ceto socio-economico (nobildonne, massaie, matrone, dogaresse, passando per i ceti borghesi, fino a quelli popolari). Era facile da monetizzare in caso di ristrettezze economiche, di nasconderlo e di trasportarlo nei viaggi e nel contempo sfoggiarlo in occasione delle grandi festività religiose e civili. Veniva portato come collana

SAN FRANCESCO DELLA VIGNA, le meraviglie di Venezia

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Elio Costantini SAN FRANCESCO DELLA VIGNA La chiesa di san Francesco della Vigna, nel sestiere di castello iniziata dal Sansovino e ultimata dal Palladio, la cui impronta la si intuisce dalla monumentale facciata, è indubbiamente una tra le più belle chiese di Venezia, il complesso religioso francescano oltre ad un grande chiostro ha anche un campanile alto 70 metri, molto simile al campanile di San Marco. Campanile che da un'ampia visione panoramica sulla laguna, ma che sfortunatamente consente la visione di quanto accade all'interno di uno dei luoghi più segreti di Venezia... L'Arsenale. Così, con un decreto del 15 aprile 1581, anno del completamento della sua costruzione, fu decretato di murare i due portici della cella campanaria che dava sul lato dell'Arsenale e nonostante i balconi fossero murati fin dalla sua edificazione, fu oggetto di un successivo decreto del Consiglio dei X che riteneva ancora a rischio la "sicurezza Nazionale", e con un

SON SUDITO FEDEL, COME UN SCIAVON! l'uniforme.

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Protesto a Dio, son sudito fedel E gh’ò San Marco in cuor quanto un Schiaon… Il poeta A. M. Labia (1709-1775) con l’incipit di questa poesia ci dà un’idea di quanto fossero affezionate alla Repubblica le popolazioni “illiriche”, cioè di lingua serba albanese e croata, sottoposte al Dominio veneto. E del resto, anche nella terraferma il sentimento era diffuso, ma proverbiale, secondo lui, era l’amore per il “Principe” degli schiavoni (le truppe d’oltremare), insomma, per San Marco. Fa piacere ricordarlo, ora che la storia, in questi tempi immemori, è ormai una passione di pochi. Approfitto per ricordarvi anche i particolari delle uniformi, sopra vedete l'illustrazione ricavata dalle Carte Bubich presso l'archivio di stato di Venezia e sotto la mia ricostruzione con qualche variante, tipo il tricorno e gli stivaletti in pelle non regolamentari. IL TRICORNO FUORI ORDINANZA DELL’OLTREMARINO bassa montura la prima ricostruzione in Italia e in Veneto Divisa da bassa mont

EL VENETICO ANTICO E EL VENETO DE ANCO'

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BASILICA DI AQUILEJA  EL VENETICO ANTICO E EL VENETO DE DESSO DENTRO NA FRASE A Aquileia i ga trovà na frase, su na lapide, de epoca tardo romana (IV sec. d.Cristo. ) , scrita in memoria de un veneto defunto cristian,  che £a ga straordinarie asonanze col veneto che parlemo ancò. Invese de scrivar "QUOD VULT DEUS" el scalpelin ga inciso "CO VOL DEONI" su detatura dea vedova. Adeso dixemo quasi uguae: CO VOL DIO, par dire che co Dio ciama se parte par el nostro ultimo viagio. Trovo che £a sia na prova straordinaria che xa a l'epoca, da nialtri, nea cosideta X Regio, no se parlava el latin perfeto che trovemo scrito, ma un latin venetico col medesimo acento e modo con cui i veneti tende a canbiar el talian. Insoma gavemo £a prova che £a parlata veneta gera za nata.  Za in 'sta frase breve se capise che £a lengua veneta, gera na realtà viva, co influense dal venetico antico che gaveva tante atinenze col latin, come sotolinea i studiosi. Quindi,  pe

"EL CAREGA" (GHE QUA EL CAREGHETAA!)

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Di Loredana Corrà glottologa all'università di Padova fino al 2015 Ghe qua el careghetaa! Careghe da inpajare, da registrare, el caregheta l'è qua! Il grido suonava periodicamente per le stesse contrade e annunciava l'arrivo del seggiolaio ambulante. Il caregheta o inpajacareghe era accompagnato da uno o più giovanissimi gaburi (garzoni) e portava sulle spalle la bargela  o crath , una gerla particolare a forma di telaio di carega su cui teneva i suoi pochi attrezzi e una o più fascine di paglia. Arrivato sul posto sistemava la caora , una specie di cavalletto di legno che a partire dalla fine dell'800, costituiva il suo banco di lavoro. Faceva il giro della contrada per raccogliere le sedie da impagliare e si ritirav ain un angolo o, d'inverno, in una stalla ospitale, a eseguire il suo lavoro. Seduto su una barelina , una piccola sedia, faceva innanzitutto il  cordolo (cioè arrotolava i fili di erba palustre in modo da formare una specie di corda) e poi com

L'INSOSTENIBILE REPUBBLICA, UNA E INDIVISIBILE.

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Don Floriano Pellegrini è stato  testimonial Plebiscito2013.eu, il movimento che ha organizzato il referendum digitale che ha fatto tanto discutere e ha riscosso notevole successo.  Don Floriano, in qualità di testimonial, aveva inviato a Plebiscito2013.eu questa  breve presentazione  che riportiamo di seguito e che la dice tutta sul suo spirito Don Floriano Pellegrini Ho 57 anni, appartengo a una famiglia antica, sono felice di essere sacerdote e di stare con la gente, pur con i miei limiti, in campo spirituale e in quello culturale, ma non solo. Per me Venezia è sempre stata un punto di riferimento. Mio, della mia famiglia, della mia valle e di tutto il Popolo veneto. Quante emozioni, sofferenze, speranze, dietro queste parole! Non vedo perché non possiamo continuare ad essere Popolo in tutto e per tutto, indipendente e sovrano, profondamente capace e desideroso di collaborare con gli altri Popoli della penisola italiana e del continente europeo, ma Popolo! Mi auguro, perciò,

EROI VENETI: DOMENICO PIZZAMANO E L'ULTIMO RUGGITO DEL LEON

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Di Ecce Leo Domenico Pizzamano, nacque a Corfù, dove suo padre Nicolò era Provveditore e Capitano. La madre era Lucrezia Diedo, casato nobilissimo ed illustre. Il ramo dei Pizzamano al quale apparteneva non era tra i ricchissimi, ma pur tuttavia la famiglia era considerata benestante. Oltre a varie proprietà terriere nel trevigiano e nel veronese, possedeva immobili a Venezia e a Murano. A San Lio, in corte della Malvasìa, era situata la casa dominicale. Il nostro protagonista entrò precocemente nel Maggior consiglio per aver estratto la “Bala d'Oro ” il giorno di Santa Barbara del 1768 Il 7 maggio 1775 ebbe il suo primo incarico pubblico come Conte e Capitano a Sebenico nella Dalmazia . Tornato a Venezia ottenne la nomina nel 1780 di giudice del mobile, e nel 1782 di Savio alle decime di Rialto. Evidentemente diede subito prova di buone qualità, perché l'anno seguente il Maggior Consiglio lo scelse per l'importante ufficio di capitano e provveditore di Corfù. Prima

LA MITICA GUERRA DEI "CAMPAGNOLI" VENETI

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L'ARTICOLO è stato scritto da Fatrizio Revelli, su Repubblica del 22 maggio, poco dopo l'evento che sconquassò i media di tutto il mondo: e gli italiani, Lega compresa, a parlare di "armata pane e soppressa" per sminuire il gesto simbolico di valenza storica, unico in Italia. Lo fanno anche qua, in un certo modo... ma è anche una specie di "onore delle armi" da parte di un giornalista che conosceva bene le genti venete. E per questo riconoscimento quasi "militare" da parte di un esponente del mondo radical chic, lo ripubblichiamo. Magari conservatelo, e leggetelo, spiegatelo (spiegheghelo) a figli e nipoti, perché questa ormai è storia.. storia veneta. Come quella della Lega di Cambrai.  VENEZIA - "Negli animi di questi contadini è entrato un desiderio di morire, e vendicarsi, che sono diventati più ostinati e arrabbiati contro a' nemici de' viniziani, che non erano i giudei contro a' romani; e tutto di occorre che uno d

LA GUERRA DIMENTICATA DI GRADISCA, VENETI CONTRO L'AUSTRIA

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Il nostro amico e redattore Lucio F. ci ha scovato questo interessante articolo su una guerra di cui si parla poco, che vide contrapposte L'Austria a Venezia.  Vi metto l'introduzione sperando di invogliarvi alla lettura. Furono inviate anche le milizie territoriali, comprese quelle padovane, e vi furono non pochi mugugni e malcontenti da parte dei poveri contadini avvezzi solo al campanile del paesino.  M.B. ILLUSTRAZIONE SETTECENTESCA DELL'ASSEDIO Maria Silvia Campus, Milano – La Guerra di Gradisca fu un conflitto che vide contrapporsi, tra il 1615 e 1617, la Repubblica di Venezia e l’Arciducato d’Austria. Si svolse in Friuli tra l’Isontino, l’Istria, il Carso e il Tarvisiano. I Veneziani giustificarono lo scontro con la necessità di indurre l’Arciduca Ferdinando a porre fine alle scorrerie degli Uscocchi, suoi sudditi, nell’Adriatico e nei territori istriani e dalmati allora sotto il controllo di Venezia. Premesse Le incursioni dei pirati uscocchi erano un p