LE VIE D'ACQUA DEI VENETI
LE VIE D'ACQUA DEI VENETI
Tra mare, foci dei fiumi, lagune, terre emerse, barene, dune sabbiose si svilupparono e crebbero gli insediamenti dei mercanti provenienti dall'Asia minore (attuale Turkia), dall'Egitto e dal medio oriente.
Bacino idrografico dell'Alto-Adriatico |
Questa successione ininterrotta di
canali e fiumi senz'altro favorì lo sviluppo di una intensa navigazione
fluviale che sfruttava le caratteristiche del territorio per il
commercio e gli scambi commerciali verso la pianura padana e le aree
interne dell'Alto-Adriatico.
In età preromana le transazioni dei
prodotti erano sviluppati al punto da rendere floride le comunità di
Ravenna, di Murano, di Altino e di Aquileia.
Avete mai fatto caso che il tratto
della costa dell'alto Adriatico, tra Ravenna e Trieste, esistono
circa una dozzina di corsi d'acqua che si gettano in mare?
Partendo da Ravenna, risalendo la costa
verso Nord, troviamo il Reno, il Po, l'Adige, la Brenta-Bacchiglione,
il Marzenego, il Dese, il taglio del Sile, la Piave, la Livenza, il
Lemene, il Tagliamento, lo Stella, lo Zellina, il Corno, l'Ausa,
l'Isonzo, il Timavo.
Questa è la situazione ai tempi
nostri, dopo che la Serenissima nei suoi 1000 anni di governo
aveva realizzato canali navigabili e modificato sia i loro corsi sia
le foci a mare per evitare innondazioni o eventi catastrofici come
"la rotta della Cucca" del 17 ottobre 589, quando una
disastrosa alluvione, a seguito dello straripamento dell'Adige, andò
a sconvolgere tutto l'assetto fluviale del basso Veneto.
Parliamo dell'ambra, la prova di questa suggestiva tesi..
Gli abitanti che vivevano attorno alle
foci del Po la commerciavano, sin in epoca
preistorica, con i navigatori greci che ne ignoravano la vera
provenienza. La riprova concreta è nella scoperta di una notevole
quantità di ambre lavorate secondo lo stile miceneo del 1150-1050
a.C., rinvenute negli scavi di Fratta Polesine (Ro), presso quel ramo
fossile del Po che sboccava allora ad Adria. Numerosi riscontri di quel
fiorente commercio sono stati verificati a Spina, Adria e
San Basilio.
Altro indizio dei legami con il mondo
greco è a Spina dove vengono rinvenuti prodotti ceramici legati al periodo della prestigiosa tecnica a "figure rosse", databili tra il
secondo quarto del V°Sec. e l'inizio del IV°Sec. a.C..
Le popolaziani che occuparono le terre dell'Alto-Adriatico lo fecero utilizzando i percorsi esistenti naturali delle vie fluviali. Data la ricchezza di corsi d'acqua fu facile l'esplorazione e la conquista dei territori, e gli insediamenti ne sono la testimonianza dei commerci e degli scambi di conoscenze tecnologiche.
Due furono le vie principali, quella del bacino del Po e quella della linea endolitoranea.
Le popolaziani che occuparono le terre dell'Alto-Adriatico lo fecero utilizzando i percorsi esistenti naturali delle vie fluviali. Data la ricchezza di corsi d'acqua fu facile l'esplorazione e la conquista dei territori, e gli insediamenti ne sono la testimonianza dei commerci e degli scambi di conoscenze tecnologiche.
Due furono le vie principali, quella del bacino del Po e quella della linea endolitoranea.
LA VIA DEL PO
I principali scali della via del Po
erano Brescello (Brixellum), Piacenza (Placentia), Pavia (Ticinum),
Cremona, comprese Milano (Mediolanum) e Torino (Augusta Taurinorum);
per comprendere il grado di organizzazione dei servizi di navigazione
fluviale, è sufficiente ricordare quanto citava lo storico-geografo greco Strabone (vissuto tra il 60
ed il 23 a.C.), "in due giorni senza soste si poteva percorrere il
tratto da Piacenza a Ravenna".
Ravenna, sin dalle sue origini, fu il punto di raccordo tra la navigazione adriatica, quella padana e quella endolagunare, consolidò la sua posizione per il continuo, e sempre più crescente, scambio tra il Mediterraneo e la pianura padana. Ciò creò nell'area la necessità di garantire la sicurezza alla navigazione sui corsi d'acqua con opere ed infrastrutture.
Ravenna, sin dalle sue origini, fu il punto di raccordo tra la navigazione adriatica, quella padana e quella endolagunare, consolidò la sua posizione per il continuo, e sempre più crescente, scambio tra il Mediterraneo e la pianura padana. Ciò creò nell'area la necessità di garantire la sicurezza alla navigazione sui corsi d'acqua con opere ed infrastrutture.
La conferma del ruolo strategico che
aveva assunto Ravenna nel periodo della Roma imperiale, nell’epoca
di Augusto, fu realizzato un canale artificiale (fossae) lungo parecchi
chilometri e ampio sino a sessanta metri, per intercettare il ramo
più meridionale del Po all’altezza dell’antica Spina, nei pressi
di Baro Zavelea. Allora il Po era navigabile, anche controcorrente
grazie al traino con animali, fino a Torino.
Lungo il percorso delle fossae e dei
corsi d'acqua si svilupparono i camminamenti per l’alaggio (le
alzaie), cioè per il traino delle imbarcazioni controcorrente,
effettuato dagli stessi battellieri o con animali (buoi, cavalli o
asini.). Erano sentieri in terra battuta, posti sulla sommità degli
argini, dove era effettuata l’azione di traino. Il nome alzaia
deriva da quello della cima utilizzata per il traino delle barche da
terra; il suo corrispondente antico è il latino remulcum.
Alzaia sull'ansa del fiume Sile a Treviso |
Cimitero dei burci a Silea (TV) nei pressi degli antichi mulini |
La
scoperta di qualche anno fa a Comacchio del relitto di una imbarcazione fluviale
romana, databile verso il I°sec. d.C., ci ricorda per il fondo
piatto ed un po' per le dimensioni quei burci che risalivano dal mare le acque del Sile, della Brenta ed il tratto terminale della Piave.
L’imbarcazione aveva un albero a vela
quadrata, era costruita con tavole di olmo e quercia cucite tra loro
con corde di fibra vegetale nella parte inferiore, e assemblate ad
incastro nella parte superiore.
Curiosità: Portava un carico di piombo proveniente dalla Spagna, anfore per alimenti, tronchi di bosso e altro ancora. L'imbarcazione era dotata di cucina con tanto di cambusa e di una "tuga" a prua fatta di tegole (sovrastruttura del ponte per ripararsi dalle intemperie).
Curiosità: Portava un carico di piombo proveniente dalla Spagna, anfore per alimenti, tronchi di bosso e altro ancora. L'imbarcazione era dotata di cucina con tanto di cambusa e di una "tuga" a prua fatta di tegole (sovrastruttura del ponte per ripararsi dalle intemperie).
Per altre succose informazioni vedi la scheda
su Navis.
(approfondimenti sul recupero del
relitto:
https://www2.rgzm.de/Navis/Ships/Ship050/RelittoDiComacchio.htm)
Ricostruzione di Marco Bonino della
nave romana ritrovata nei pressi di Comacchio
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LA VIA ENDOLITORANEA
L’altra dorsale delle vie d’acqua
correva parallela alla linea di costa (endolitoranea), partiva da
Ravenna per arrivare ad Aquileia. Era la via complementare ed
alternativa a quella marittima che consentiva, anche durante la
brutta stagione, spostamenti regolari e sicuri entro la linea di
costa, oltre a mettere in contatto diretto i centri costieri e con
quelli dell’entroterra.
Quest'insieme naturale di vie d'acqua
che collegava Ravenna, Altino e Aquileia, sopravvisse fino alla tarda
antichità grazie anche ai diversi canali artificiali di raccordo,
fossae in latino, che furono realizzati tra una laguna ed un'altra oppure tra due corsi d'acqua.
I primi lavori di scavo delle fossae
iniziarono già in epoca preromana. Da fonti storiche si apprende che
il primo tratto, detto della fossa Augusta, univa Ravenna ad un ramo del
Po nei pressi dell’antica Spina; quindi la fossa Flavia, che andava
ad incrociare il corso del Tartaro, non lontano da Adria, per poi
continuare con la fossa Clodia, fino a Chioggia.
La fossa Popilia invece attraversava
l'attuale laguna veneziana per proseguire fino ad Altino, poi verso
Jesolo prima di arrivare ad Aquileia.
Plinio, vissuto nel periodo in cui
vennero terminati i lavori, stima la linea di navigazione interna
lunga 120 miglia. Lungo questo percorso sono state scoperte strutture
che dovevano agevolare la navigazione come possibili torri di
avvistamento o approdi per rifornimento di acqua dolce e generi
alimentari.
Resti degli impianti portuali ad Aquleia |
Banchina di epoca romana nel porto di Aquileia |
La competitività del trasporto
fluviale rimarrà tale fine agli inizi del 1900, anche per la
costituzione nei secoli di organizzazioni professionali di marinai
(nautae), specializzati a percorrere queste vie acquatiche, e
categorie di costruttori specializzati (faber navalis) in imbarcazioni e scafi adatti
alla navigazione fluviale/lagunare.
Il porto fluviale di Altino, assunse in
età romana la funzione di crocevia dei percorsi terrestri e
marittimi una sorta di“cerniera” tra le vie di collegamento della
Venetia, ruolo strategico che sarà poi assunto da Torcello prima ed
infine da Venezia.
Aquileia divenne colonia romana nel 181
a.C., collocandosi all’estremità settentrionale dell’Adriatico
nel punto in cui convergevano le direttrici commerciali provenienti
dal Mediterraneo e quelle che scendevano dall’Europa transalpina.
Come avevano previsto i Greci qualche secolo prima quando parlavano
dell'altoAdriatico come di un terminal per gli scambi commerciali.
Ricostruzione del porto di Aquileia nel periodo romano |
Era dotata di una grande porto
commerciale dove le navi attraccavano dopo avere risalito il
fiume Natisone dal mare. Aquileia serviva da "grande magazzino" per
le popolazioni illiriche dell'area danubiana, che venivano qui ad
acquistare di tutto, dal vino all'olio, dal piombo al sale.
Altre località minori, come Adria,
erano collegate ai mercati importanti dell'entroterra dal corso
inferiore del Tartaro, al punto di congiunzione tra la fossa Flavia e
la fossa Clodia.
Un ruolo di primo piano aveva assunto
anche il porto di Metamaucum (l’odierna Malamocco, la piccola
Atlandite veneziana ingoiata da un maremoto nel 1106) situato alla
foce del Medoaco (Brenta-Bacchiglione) per i traffici in direzione
delle località di Padova e Colli Euganei.
Le numerose strutture arginali,
rinvenute nella laguna nord di Venezia e databili tra I° e IV° Sec.d.C., ci fanno conoscere le tecniche usate per creare gli argini (come
vengono realizzati ancor oggi e composti da palificate lignee), per
il contenimento delle terre emerse (contro l'erosione delle acque),
per creare strutture definite "argini-strade" (con la
funzione di collegamento tra isole vicine o forse di alzaia).
Gli "argini-strade" erano
costituiti da due file (marginamenti paralleli) di pali lignei, spesso
rinforzati con tavole di contenimento, al cui interno venivano messe
in posizione verticale delle anfore intere riempite di frammenti di
laterizio, di ceramica e di cocci d'anfora. L'uso di questi materiali di risulta era
molto diffuso per consolidare i morbidi terreni
fangosi in area lagunare, soprattutto, dove il ricorso alla pietra, ovviamente
importata, risultava molto più dispendioso.
Secondo gli archeologi la larghezza
degli "argini-strade" poteva variare dai 3 ai circa 6
metri, mentre la lunghezza, talvolta, poteva superare i 50 metri.
CONTRIBUTI
<
ttp://tamoravenna.info/scheda/4-vie-fluviali/ >
<https://books.google.it/booksid=Lc_NiqSHzhMC&pg=PA191&lpg=PA191&dq=foci+dei+fiumi+alto+adriatico&source=bl&ots=EUbPrULv2M&sig=FHv1OO8F6Xs23seO0QjukOMRp9o&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwizoc7rzsDXAhUCYVAKHfaqCS4Q6AEITjAH#v=onepage&q=foci%20dei%20fiumi%20alto%20adriatico&f=false
>
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