EROI VENETI: DOMENICO PIZZAMANO E L'ULTIMO RUGGITO DEL LEON


Di Ecce Leo

Domenico Pizzamano, nacque a Corfù, dove suo padre Nicolò era Provveditore e Capitano. La madre era Lucrezia Diedo, casato nobilissimo ed illustre. Il ramo dei Pizzamano al quale apparteneva non era tra i ricchissimi, ma pur tuttavia la famiglia era considerata benestante. Oltre a varie proprietà terriere nel trevigiano e nel veronese, possedeva immobili a Venezia e a Murano. A San Lio, in corte della Malvasìa, era situata la casa dominicale.
Il nostro protagonista entrò precocemente nel Maggior consiglio per aver estratto la “Bala d'Oro ” il giorno di Santa Barbara del 1768
Il 7 maggio 1775 ebbe il suo primo incarico pubblico come Conte e Capitano a Sebenico nella Dalmazia . Tornato a Venezia ottenne la nomina nel 1780 di giudice del mobile, e nel 1782 di Savio alle decime di Rialto. Evidentemente diede subito prova di buone qualità, perché l'anno seguente il Maggior Consiglio lo scelse per l'importante ufficio di capitano e provveditore di Corfù.
Prima di partire egli prese in moglie Marina Marin di San Moisé, la quale gli portò in dote 5000 ducati. Le nozze ebbero luogo nella casa del vescovo di Corfù, conte Francesco Maria Fenzi, il quale abitava a Venezia nella contrada San Samuele .
Nel 1788 fu “giudice al cattaver”, nel 1789 Provveditore sopra gli uffici, nel 1796 deputato sulle galere dei condannati .



In quell'anno, incomincia a precipitare la situazione nell'Italia del nord, infatti i francesi occupano il Piemonte e la Lombardia, al comando di Napoleone che, poco prima di varcare le Alpi, alla sua armata stracciona e demoralizzata, aveva promesso, come bottino, le ricchezze inestimabili della penisola italica. Dalla Lombardia, dunque, inseguendo l'armata austriaca, i francesi invadono il territorio neutrale della Repubblica di San Marco. Era già successo, pochi decenni prima, ma i contendenti di allora, avevano pienamente rispettato la neutralità veneziana, pagando quanto veniva loro fornito per la sussistenza della truppa. I francesi prendono dunque possesso delle piazzeforti di Peschiera e Verona, trovandole quasi disarmate.
Il Senato, che fino ad allora si era strettamente attenuto alla neutralità, vivamente preoccupato dal precipitare degli eventi e dal comportamento dei francesi che depredavano ovunque profanando beni, persone e chiese, deliberò vari provvedimenti per la difesa della capitale.
La flotta venne richiamata, si ordinarono le leve di oltremarini, ed il Kavalier Gerolamo Nani , espertissimo uomo di mare, fu nominato Provveditore alle Lagune e ai Lidi , anche per il fatto che aveva dedicato una vita allo studio dei provvedimenti da prendere, in caso di una aggressione alla Capitale.
Il Pizzamano fu uno dei diciotto patrizi che si offrirono volontariamente al Nani per essere impiegati in difesa della Patria in pericolo .
Con i suoi ottimi trascorsi egli fu preso in considerazione e nominato deputato al castello di S. Andrea del Lido, porto e canali adiacenti. Deve aver assunto l'incarico il 23 giugno, poiché da quella data decorrono i pagamenti del suo soldo mensile di 110 ducati.
Il 18 luglio fu nominato Provveditore Sopra i Conti, sempre però rimanendo destinato al Lido. Dal primo gennaio 1797, essendogli stata tolta la peota, che aveva a disposizione, ricevette in aggiunta al suo pagamento, una indennità di 30 ducati per tenere invece una gondola della quale gli fu rifuso il prezzo di acquisto ammontante a 248 lire venete .
Al 19 dello stesso mese il Senato lo chiamò a reggere il provveditorato straordinario di San Maura, che però non raggiunse mai, dato che fu ritenuta più necessaria la sua presenza al Lido .
Un incidente occorso con lo stesso Provveditore Nani, suo diretto superiore, mette in luce il carattere dell'uomo e il suo alto modo di sentire. Questi gli aveva raccomandato che tutti gli equipaggi stessero continuamente al loro posto d'imbarco e nei rispettivi riparti, minacciando in caso contrario l'intervento degli Inquisitori di Stato, egli rispose che destinassero un altro al suo incarico, poiché non aveva bisogno di minacce per compiere il suo dovere, e perché non credeva che la disciplina militare fosse materia di stato, ingenerando equivoci nelle rispettive mansioni .
Grave responsabilità pesava sul Pizzamano, che, oltre che a impedire l'ingresso dei bastimenti armati nel porto, doveva custodire nel castello di Sant'Andrea anche alcuni prigionieri fatti durante la battaglia di Salo’, del 1 aprile 1797 .

La tensione del resto era continua, il Pizzamano diramò speciali istruzioni sulle regole da seguire con i bastimenti che arrivavano. Essi dovevano ancorarsi prima del castello della Sanità, se erano esteri con armamento a bordo venivano precettati di partire subito: nel caso contrario i cannoni del forte avrebbero preso di mira il naviglio e sparato. All'avvertimento di allontanarsi obbedirono sette fregate inglesi e vari piccoli legni con bandiera imperiale, ma i comandanti francesi avevano già creato problemi, inorgogliti dalle vittorie del loro esercito e dalla posizione di forza che queste assicuravano.
Il Pizzamano dovette recarsi di persona a bordo di un piccolo brigantino francese armato, per indurre il capitano ad allontanarsi.
Il Senato il 17 aprile rinnovò l'ordine al Provveditore alle Lagune e ai Lidi di impedire l'ingresso di navi armate straniere, con la raccomandazione di respingere con la forza le azioni ostili.
La situazione era dunque tesissima, quando nella notte del 20 aprile, la vedetta del forte, segnalò alle 23,30 l'apparire di tre bastimenti, tra cui quello francese, che navigavano verso le bocche a vele spiegate, favoriti dal vento e dall'acqua.
Già il 16 febbraio 1797 il comandante della divisione navale francese del mare Adriatico e comandante del porto di Ancona, capitano Sibille,] aveva ordinato alla Le Libérateur d'Italie di tenersi pronta a salpare all'ordine del generale Bonaparte. Il 26 febbraio giunse infine l'ordine di salpare, con l'intento di dare la caccia al naviglio austriaco e inglese nel golfo di Venezia. Tuttavia l'allestimento della nave tardava, così che Napoleone chiese ragione al capitano Laugier degli ordini ricevuti, scrivendogli il 17 marzo da Bologna. Il giorno successivo, 18 marzo, la Tartana salpò così per la sua missione di controllo marittimo.
Ogni mossa del bastimento francese era attentamente sorvegliata dai comandanti veneziani, che ne riferivano prontamente agli Inquisitori di Stato.
Il 25 marzo il Libérateur intercettò un'imbarcazione austriaca all'uscita del porto di Trieste e, il 13 aprile, rientrò a Goro.
Qui ricevette l'ordine inviato da Napoleone il 9 aprile da Judenburg, che comandava di iniziare attività di corsa contro la Serenissima. Laugier riprese quindi il mare accompagnato da altre due unità francesi, puntando verso Caorle.
Qui catturò un'imbarcazione di pescatori, obbligando un tale Domenico (Ménego) Lombardo, chioggiotto settantenne, a fargli da pilota per il porto di Venezia. L'anziano pescatore informò allora l'ufficiale della proibizione vigente, per decreto del Senato, all'ingresso di navi straniere armate nella laguna di Venezia, ma non gli fu dato ascolto e gli furono chieste informazioni sulle navi, sulle fortificazione nonché su soldati presenti a Venezia.
Così il 20 aprile i francesi si presentarono davanti al porto di Lido, sparando le tradizionali salve di saluto al forte di Sant'Andrea. Il Deputato, Domenico Pizzamano, inviò immediatamente due lance per informare la nave del divieto d'ingresso, ma questa, pur facendo segno di prepararsi a dar fondo all'ancora, continuava ad avanzare. La fregata finì per incrociare i legni veneziani posti a guardia del porto, speronando la galeotta bocchese Annetta Bella, comandata da Alvise Viscovich, di Perasto.
Le navi veneziane risposero aprendo il fuoco, immediatamente seguite dalle potenti batterie del forte di Sant'Andrea. Laugier fu quasi subito ucciso da una palla di cannone, mentre gli uomini della Annetta Bella arrembavano il Libérateur d'Italie, catturandone l'equipaggio e saccheggiando la nave.[8]
Il pilota chioggiotto morì sette giorni dopo per le ferite riportate,ricostruendo sotto giuramento alle autorità i fatti accaduti.
Perirono anche cinque marinai della nave francese, compreso il comandante. Altri otto vennero feriti e trentanove fatti prigionieri. Questi caduti furono di fatto le uniche vittime registrate in occasione della caduta della Serenissima per mano dei Francesi di Napoleone.
Ma da qui in poi lasciamo alle pagine del fumetto la narrazione di questa epica storia in cui rifulge per l'ultima volta il valore degli uomini che difesero San Marco. (tratto da "20 aprile 1797, il di del coraggio"

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