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Visualizzazione dei post da dicembre, 2016

SIAMO EREDI DI UNA CIVILTA' ANTICA, DI GRANDI VIAGGIATORI

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Eredi di una Civiltà antichissima, i Veneti furono un popolo di grandi  viaggiatori. A muoverli c’era un indomabile spirito di avventura, una sete di  conoscenza non disgiunta dal desiderio di elevare la propria vita, anche  arricchendola di cose belle. >I Veneti divenuti poi famosi per viaggi in terre misteriose, in realtà  battevano vie commerciali le cui origini risalgano alla preistoria. La più  famosa è la Via dell'Ambra, che rappresenta un antico itinerario di trasporto,  commercio e lavorazione di tale materiale: era un intero sistema di vie  commerciali, che dai Mari Baltico e del Nord, luoghi d'estrazione della merce,  conducevano verso le Civiltà mediterranee. Infatti, nella Penisola Italica, in  Grecia ed in Egitto, l'ambra grezza era trasformata in preziosi monili. >Le Venezie erano uno snodo cruciale di questa rete, anzi questo tragitto  ricalcava la grande direttrice d’espansione dei Veneti antichi dal Centro  Europa v

IL NATALE E IL SOLSTIZIO, FESTA ANTICA PRECRISTIANA, ISIDE E LA MADONNA

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di Maria Paola Vannucchi Fin dai tempi più remoti infatti si conoscono tradizioni collegate alla rinascita del sole che, dopo essere apparso nei giorni precedenti nel punto del massimo declino,nella sua fase più debole per luce e calore, dal 22 al 24 dicembre sembra fermarsi in cielo ( solstitiu(m) significa sole fermo) per riprendere subito dopo il suo cammino verso l'alto, ogni giorno di più, fino al solstizio d'estate dove invece si verifica il fenomeno inverso . Tracce di celebrazioni "natalizie" legate a queste vicende cosmiche, alla nascita cioè dell'anno nuovo, si trovano intorno alla data del 25 dicembre presso le primitive religioni persiane, fenice,siriane, peruviane, messicane, indù.  Nella Persia antica il solstizio invernale era celebrato cantando l'inno che narrava la nascita del mondo. In Alessandria d'Egitto esso ebbe la sua più completa espressione, prima dell'era cristiana, nella grande festa del Natale di Horus. Le

LA MUSICA DEI PADRI VENETI. DUE STRUMENTI DESCRIVONO IL MONDO.

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Di Piero Favero (L'alba dei Veneti, ed Cierre, nelle librerie E. 16) Presso i Veneti è documentata la musica prodotta da concerto di lira e flauto di Pan (siringa), combinazione ideale,  tra strumenti a corda e a flauto: evidente infatti l'analogia tra le sette canne del flauto di Pan e le sette corde della lira. In epoca classica la lira era associata alla moderazione, mentre il flauto era associato all'estasi dionisiaca, sicché tra i Veneti antichi i due elementi antitetici trovavano l'armonia.  La lira era formata da un corpo a forma di U, chiuso da una traversa che tendeva le corde. Lo strumento fu inventato del Dio Hermes, tendendo sette corde di budello di pecora, all'interno di un guscio di tartaruga; il suo rapace era l'immagine di una vita intermedia tra il Cielo e la Terra, la pelle tesa era il simbolo del sacrificio, e le due corna su cui erano montate le corde, rappresentavano il Toro celeste,  Hermes donò poi la lira ad Apollo, e questi a

LE RUNE VENETE spiegate da Piero Favero

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da "l'Alba dei Veneti" ed. Cierre Tra le varie teorie sull'origine dell'alfabeto runico (latina, greca, germanica) quella che riceve maggior  consenso è quella nord italica od etrusca. Tuttavia,ufficialmente, si fa derivare l'alfabeto dei Veneti antichi in via indiretta da quello dei Greci calcidesi. E' utile a questo punto fare qualche precisazione.  - I Veneti venivano chiamati Eneti dai greci, perché nel greco arcaico manca la V presente invece nel tardo venetico oltre che nell'alfabeto Frigio e presso i Wendi della Polonia. Infatti il segno grafico venetico della U è uguale a quello usato dai Wendi per il segno V che dunque hanno la V a differenza dei Greci calcidesi.  - Nel Greco arcaico manca la consonante G, presente invece nei Veneti con una runa uguale a quella dei Wendi, che avevano una categoria di alfabeto a sè stante "il runico vendo". - Come in genere le antiche lingue slave, ed in particolare nel runico vendo, nel ve

I CRISTIANI DIMENTICATI DI CIPRO, NEANCHE LE TOMBE SI SALVANO.

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Di Rino Camilleri Da “I cristiani dimenticati di Cipro”, di Giovanni Masini, “Il Giornale”. Riporto pari pari: « “Repubblica turca di Cipro Nord” (…) violentata, come quasi tutti gli altri edifici di culto cristiani nella parte settentrionale dell’isola di Cipro. Abbandonate dai greci in fuga davanti ai soldati turchi trionfanti, le chiese degli ortodossi e dei cattolici maroniti sono state dissacrate e ridotte a magazzini. Alcune vennero convertite in luoghi sacri a Maometto, come a Larnaca Lapithou e Yilmazkoy, per poi essere dimenticate dopo la costruzione delle nuove fiammanti moschee in stile ottomano. Altre vennero saccheggiate (…). Nel monastero del profeta Elia le pecore si abbeverano al battistero. In quello di Larnaca i pastori turchi macellano le capre nelle celle dei monaci. Alcuni villaggi maroniti abbandonati dalla popolazione sono stati completamente circondati dalle caserme e ancor oggi sono inaccessibili ai loro antichi abitanti. È la sorte di Assomatos ed Aghia

ERCOLE AD ABANO, DAL DIO CON TRE "MUSI" (TRUMUSIATE)

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Come saprete, Abano deriva il suo nome dal Dio che proteggeva le acque sacre e sanatrici (sainanti, in venetico), Aponus poi identificato come Apollo. Anche Ercole pare fosse di casa... o di passagggio. Non basta, compare anche una divinità venetica misteriosa dalle tre facce (Tre-musi Trumusiate). Ecco cosa ci racconta Piero Favero nel suo ultimo meraviglioso lavoro, "L'Alba dei Veneti" ed. Cierre. Eracle-Ercole era venerato anche ad Abano, l'area delle sorgenti termali conosciute fin dal VI secolo a.C. Mentre percorreva la via Heracleia diretto all'estremo occidente - Ercole passò per Abano dove c'era l'oracolo di Gerione per gettare i dadi d'oro nella fontana allo scopo di conoscere il futuro, Gerione era dotato di tre teste e troviamo una divinità tricefala detta "Trumusiate" anche presso le acque salutifere del santuario di Lagole, parimenti associato a un culto di Apollo. L'arcivescovo Ebbo (775-881) ebbe a scrivere del

LA TEMIBILE CAVALLERIA DEGLI ANTICHI VENETI

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Dal libro l'ALBA DEI VENETI Di Piero Favero La temuta cavalleria veneta era un'autentica potenza militare per l'epoca. I cavalieri montavano senza sella i famosi destrieri di razza veneta, di cui gli allevatori andavano fieri. Il cocchio da guerra era veloce, leggero, montato su due ruote e montato da uno o due cavalli. La stabilità del carro non era tale da consentire di combattere efficacemente restando a bordo, tuttavia permetteva di spostarsi agevolmente da un punto all'altro della battaglia, e veniva utilizzato per sfondare la linea nemica con azione d'urto, per aggirare la fanteria ed attaccarla di spalle e al fianco. Spesso era montato da due persone: un auriga e un comandante dell'esercito. In tempo di pace,il cocchio con cocchiere veniva utilizzato dagli aristocratici, poteva avere due uccelli simmetrici sul lato anteriore e posteriore, e talvolta sul cocchio montava una nobile.

IL MINISTERO DELLA SANITA'? GIA' C'ERA TANTI SECOLI FA. I PRIMATI VENETI.

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Di Giovanni Distefano Durante il brevissimo dogado di Marco Barbarigo (n. nel 1419, m. nel 1501) viene istituita la magistratura dei Provveditori alla Sanità, organo di grande importanza che gestirà la politica veneziana di prevenzione delle pestilenze, tanto frequenti e micidiali, e l'applicazione di misure atte a limitarne quanto possibile l'espandersi. In ciò Venezia si mostra, ancora una volta, all'avanguardia, come quando aveva istituito la magistratura dei Nobili Avvocati dei Prigioni per il gratuito patrocinio degli imputati poveri, o come quando, nel 1474, regnante Nicolò Marcello, aveva emanato la prima legge al mondo a tutela della proprietà intellettuale. 

IL MERCATO GLOBALE FA MALE, COME LA U.E. LO DICE UN TEORICO GLOBALISTA PENTITO

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Articolo molto interessante in cui un vate del mercato globale ammette per la prima volta che la globalizzazione ha prodotto disastri immani, con buona pace dei liberisti,. E anche il tentativo di eliminare totalmente frontiere e vincoli tra i paesi dell'Unione Europea, ha causato patimenti e sofferenze.  Tutto è nato con l'idea di annacquare le antiche Nazioni del Continente, per creare, con un processo artificiale, il cittadino europeo. Noi che non siamo mai diventati una Nazione vera, per via delle diversità storiche e culturali, dovevamo capirlo prima degli altri, e starne fuori. Ma l'ideologia internazionalista ha prevalso ancora.  Eccovi un pezzetto che riguarda la critica all'Unione Europea.  di Roberto Pecchioli Democrazia, sovranità e globalizzazione economica sono reciprocamente incompatibili. Lo sapevamo in molti, e da tempo. Adesso ci arrivano, con il consueto ritardo, anche alcuni economisti di primo piano. Uno di loro è il turco, ebreo sefar

DIFFIDARE DI CHI COMANDA: IL CONTROLLO DEL POTERE.

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Di Giovanni Distefano. Il potere veneziano e la costituzione che lo regola sono basati su un principio molto semplice e saggio: la diffidenza verso coloro che esercitano il potere, un principio definito come "sospetto istituzionale" , per cui le persone al potere sono continuamente controllate e regolarmente sostituite (da noi oggi sarebbe una rivoluzione a 180 gradi, pensa che progressi abbiamo fatto, NdR ). Da ciò derivavano alcune regole fondamentali per la gestione dello Stato: 1) brevità delle cariche, cioè rotazione delle persone in tutte le Magistrature, con mandati per periodi molto limitati, quindi l'obbligo di lasciare il potere per lo stesso periodo (contumacia) . 2) Collegialità, quindi impersonalità del potere (essendo frammentato tra più persone). 3) Pluralità degli organi dello stato che si controllano a vicenda, il che ricorda il principio che gli americani definiscono 'checks and balances' (frammentazione del potere tra gli organ

ODIARE QUESTA INFETTA RAZZA: VITTORIO EMANUELE CONTRO I GENOVESI

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“odiare questa vile e infetta razza di canaglie” – era la lettera di Vittorio Emanuele II ad Alfonso La Marmora contro la città di GENOVA. Questa volta la “vile e infetta razza di canaglie” non è la solita gentilezza ripetuta al meridione dal regime sabaudo, ma è riferito alla città di Genova. Infatti dopo che i Savoia fecero massacrare i genovesi nel “Sacco di Genova” del 1849, il cosìdetto “Re Galantuomo” Vittorio Emanuele II, scrisse questa lettera in francese ad Alfonso La Marmora (il generale dei bersaglieri che massacrò il Popolo Genovese), nella quale non solo si complimentava delle atrocità commesse contro i Genovesi (nella città abbandonata al sacco nell’aprile del 1849 appunto), ma anche ingiuriò la classe dirigente di Genova definendola «vile e infetta razza di canaglie». L’odio dei Savoia per Genova ha radici antiche. In particolare con il Proclama del 26 dicembre 1814 la Repubblica di Genova “deponeva” la sua secolare sovranità; e già all’inizio di gennaio del 181

AL CORSERA NON VA GIU' LA LIBERTA' DEI VENETI

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Articolo di Carlo Lottieri metto un estratto In realtà, Stella è un difensore acritico di un’unità imposta con la violenza: di quella “conquista regia” (per citare uno studioso non esattamente leghista che si chiamava Antonio Gramsci) che pezzo dopo pezzo portò quasi tutti i territori della penisola italiana – ma non la Corsica, non Nizza, non il Canton Ticino – sotto la corona dei Savoia e che si concluse con la prima guerra mondiale. Il giornalista del Corriere della Sera ha tutto il diritto – se ci tiene – di venerare i fratelli Bandiera, Mazzini e Cavour, magari pure Crispi e Cadorna, o chi vuole lui. Ha tutto il diritto di pensare che il Veneto dovesse essere italianizzato nel 1866, anche con una votazione farlocca, e debba rimanere in Italia pure oggi. Dovrebbe però riflettere sulle osservazioni di Isnaghi, perché esse implicano quel “diritto di voto” (150 anni fa come oggi) che la Casta politico-burocratica italiana nega alle popolazioni venete . Che magari – può darsi ch

1915, LE IMMANI COLPE DEI SAVOIA: IL GOLPE A FAVORE DELLA GUERRA

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di Moreno Catto e Edoardo Rubini Con un astuto stratagemma, il 13 maggio 1915 il capo del Governo, Salandra, si fa beffe dell’ostilità parlamentare dimettendosi di fronte alle camere. Il Re a questo punto dovrebbe prendere atto che la maggioranza è per la neutralità: per sondarne la disponibilità ad un incarico come Primo Ministro, infatti, convoca Giolitti, al quale nel frattempo era giunta voce del Patto segreto di Londra. Giolitti subito propone di liberare l'Italia dagli impegni con gli anglo-francesi; vuol far votare al Parlamento la ripresa delle trattative con l'Austria, che stava avanzando nuove proposte, ma fin dal giorno del suo arrivo scoppiano ovunque le violenze degli interventisti, che indignano parecchi tra i parlamentari. La sera stessa, circa 320 onorevoli e 100 senatori sottolineano pubblicamente la loro adesione alla linea giolittiana neutralista, lasciando a casa di Giolitti il proprio biglietto da visita. Vedendo il re irremovibile (la nomina

I COLORI DELLA NAZIONE VENETA: AZZURRO E ORO.

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Dal sito di Europa Veneta Azzurro e oro sono i colori nazionali veneti. Durante i fasti delle gare equestri che si tenevano nei circhi delle metropoli dell'antichità, i conduttori dei carri appartenevano a quattro fazioni e si distinguevano dal colore delle divise: troviamo, quindi, la factio albata (bianca), la factio russata (rossa), la factio prasina (verde) e la factio veneta (azzurra). In latino per indicare l’azzurro si cominciò a dire “venetus”. Sorta la Veneta Repubblica, nacque un'iconografia nazionale. Nel Medioevo il “trionfale vessillo” veneto non portava ancora il Leone Alatocome insegna, ma forse c’era solo una croce dipinta con i colori nazionali; nel quadretto dell’Accoglimento delle reliquie, posto sulla Pala d'Oro in Basilica di San Marco, una delle bandiere rappresentate consta di una croce d'oro su campo azzurro. Stemma del comune di Ve nel 1942 Dopo la quarta Crociata (1204), Venezia acquistò la quarta parte e mezza dell'Impe

VILIPENDIO ED ALTRE FOLLIE. PERCHE' L'ITALIA NON E' UNA NAZIONE

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Di Romano Bracalini, da "Indipendenza Nuova" L’Italia sta attraversando la più grave crisi morale e istituzionale di tutta la sua storia unitaria in cui regole, leggi, educazione civica hanno perduto ogni significato originario e non c’è più verso di frenare il malcostume dilagante e il disprezzo di ogni convenzione. I partiti – ovvero la partitocrazia che ha abolito la democrazia -,sono i principali responsabili di questo decadimento morale. Fin dai suoi esordi, l’Italia è sempre stata ostaggio dell’oligarchia partitica che ha occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni. Non conta il merito ma la devozione, non l’onestà ma la furbizia. Rubare in Italia è il tratto comune a tutte le poche. Rubano i partiti, rubano i politici; si direbbe che non facciano altro non trovando il tempo per fare le riforme. Abbiamo la classe politica più inamovibile ma anche la più inetta e corrotta. Non conta il bene pubblico ma l’interesse privato. I partiti sono diventati vere associ

L'IDENTITA' DELLE VENEZIE, VENETA E VENEZIANA

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Il nostro grande Canova stesso, dopo la caduta rovinosa della Repubblica di San Marco, scrisse che continuava a considerarsi sempre "veneziano" e che quella era la sua Patria. Ecco sul tema un bell'articolo di Edoardo Rubini. LA REPUBBLICA E' VENETA.  Ha ragione che che senza ancorarsi alle radici solide del nostro passato non si va da nessuna parte. La Repubblica, però, era dei Veneti intesi come genti affini etnicamente nell'area alpino-adriatica (attuali Veneto, Lombardia Orientale, Friuli Venezia Giulia, Istria), che condividevano praticamente tutto: origini, affinità linguistica, tradizioni, orientamento religioso, ecc. A questo contesto assai omogeneo, si accostavano altre etnie, che si riconoscevano nello Stato Veneto per ideali altissimi, cioè i valori spirituali ed il senso di Giustizia, in una parola la Civiltà Veneta. Faccio riferimento alle genti della Costa Dalmatica, all'area greca, ad altri possedimenti meno duraturi come quell

GIOVANNI SORO, IL MIGLIOR DECRITTATORE D'EUROPA. I messaggi cifrati.

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di Simonetta Dondi dell'Orologio Fra le Magistrature di Venezia ve n'erano di veramente particolari. Per esempio la Serenissima nominò "Segretario alle cifre", nel 1506, Giovanni Soro, che altri non era se non il miglior decrittatore di messaggi cifrati d'Europa. La sua fama era talmente diffusa che alcuni Stati spedivano alla Serenissima i plichi intercettati perché fossero decifrati. Nel 1526 papa Clemente VII gli inviò due crittogrammi particolarmente difficili, ed entrambi gli furono restituiti col testo in chiaro. In un altra occasione invece, poiché un crittogramma della Santa Sede era stato intercettato dalle spie fiorentine, il pontefice ne mandò una copia a Venezia per essere rassicurato circa l'inviolabilità del messaggio. Soro dichiarò di non essere in grado di decifrarlo, e a Roma si concluse che i fiorentini non potevano aver fatto di meglio. Si pensa però che la risposta di Soro mirasse a infondere un falso senso di sicurezza nei

VENETI, VENETICI E SAN MARCO

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Vi fu un momento, in cui i Veneti di terraferma, i mitici discendenti degli Eneti (Enetoi, come scriveva Omero, secondo una mitologia diffusa in epoca romana anche dal padovano Tito Livio) si differenziarono dai Venetici.  Erano questi ultimi, i nuovi abitanti della Laguna, così chiamati dai greco bizantini, che a Bisanzio continuavano l'eredità romana. Probabilmente il termine Venetikos riprendeva a sua volta il nome antico Venetkens che troviamo inviso nel coccio di Isola Vicentina del V secolo avanti Cristo e in altri frammenti, con cui i nostri antenati si nominavano. La separazione avvenne con il popolamento delle isole che diede origine alla nostra capitale, e nei secoli successivi, per i Venetici, noi "campagnoli" diventammo.. Lombardi, essendo stati assoggettati dai Longobardi . Ma il senso dell'antica unità del territorio, culturale e religioso, continuò ad aleggiare e a essere motivo di contese e dispute, che portarono al contrasto per l'eredità

ERACLEA ANTICA, IL TRAGHETTO TRA AQUILEIA E VENEZIA

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Dell'antica Eraclea non è rimasto nulla o quasi, oltre al nome ripreso dal paese odierno. Un paesino che si chiamava "Grisolera", dal nome delle canne palustri che abbondavano in zona (griso£eo-grigio era il colore dei  pennacchi delle piante). Era stato invece un grande centro commerciale lagunare, assieme a Torcello, ma sarà prima di tutto un centro di potere politico, la prima sede dei Dogi futuri, la capitale di quella parte della Venetia romana rimasta sotto il dominio (teorico) bizantino. Ma accadde che nel 589 il Piave (meglio, la Piave) straripò cambiando parte dle suo corso. Quella che era un'isola diventerà una penisola e infine un centro rurale non molto salubre tanto che i vescovi a un certo punto rifiuteranno persino di risiedervi.  La sede sarà aggregata a Grado, poi anche Grado nel 1451 sarà accorpato al vescovado di Castello in Venezia. Nel tempo il territorio dove sorgeva Eraclea divenne un grande lago paludoso, e il piccolo borgo riprenderà il n

I VENETI FARO DI CIVITA': LA VIA DELL'AMBRA

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Di Edoardo Rubini Eredi di una Civiltà antichissima, i Veneti furono un popolo di grandi viaggiatori. A muoverli c’era un indomabile spirito di avventura, una sete di conoscenza non disgiunta dal desiderio di elevare la propria vita, anche arricchendola di cose belle. I Veneti divenuti poi famosi per viaggi in terre misteriose, in realtà battevano vie commerciali le cui origini risalgano alla preistoria. La più famosa è la Via dell'Ambra, che rappresenta un antico itinerario di trasporto, commercio e lavorazione di tale materiale: era un intero sistema di vie commerciali, che dai Mari Baltico e del Nord, luoghi d'estrazione della merce, conducevano verso le Civiltà mediterranee. Infatti, nella Penisola Italica, in Grecia ed in Egitto, l'ambra grezza era trasformata in preziosi monili.  Le Venezie erano uno snodo cruciale di questa rete, anzi questo tragitto ricalcava la grande direttrice d’espansione dei Veneti antichi dal Centro Europa verso Meridione. 

CENTO ANNI FA... L'ARTIGLIERE E LA MADONNA DELLE VALANGHE

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Carlo Magistrali  100 anni fa,il 13 dicembre 1916 una valanga uccide 95 artiglieri del 1° Rgt. Art. da Montagna, 3^ Batteria, sotto il Castelletto della Tofana, tra loro quattro piacentini: Domenico Carini (Ferriere), Giovanni Donelli (Monticelli d'Ongina), Battista Mainardi (Castel San Giovanni, foto), Giovanni Toscani (Piacenza). La valanga smuove più di 4 milioni di metri cubi di neve seppellendo la strada delle Dolomiti, per permettere il passaggio sarà necessario scavare una galleria nella neve accumulata che in quel tratto raggiunge uno spessore di 18 metri. Le vittime vengono recuperate solo nella primavera successiva e sepolte in un apposito cimitero, detto "della Valanga" (vedi foto da Giacomel), costruito a Cianzopè, sulla strada che da Cortina d'Ampezzo sale al Passo Falzarego, e successivamente traslate nell'Ossario del Pocol. Luciano Viazzi riporta il racconto di un superstite della batteria che descrive il salvataggio del sergente Moscheri. "