LA PADOVA CHE AMIAMO: PORTA SAVONAROLA

Ancò i padovani i la ciama cussì, ma de sicuro la gaveva naltro nome a l'epoca de la so creazion. Immagino che na giunta de orientamento risorgimental-massonico, dopo l'annession italiana i la gabia desbatezzà in ciave anticlerical. Comunque la ze l'unica, me par, col el nostro amato Leon ripristinà. E ea e, anca par questo tanto bea... ecco ea so descrizion dal sito comitato mura di Padova

La porta, opera dell'architetto Giovanni Maria Falconetto, venne completata nel 1530; negli stessi anni il Falconetto seguiva anche la costruzione dell'Odeo Cornaro, del quale non può sfuggire la somiglianza planimetrica dello spazio interno ottagonale, con le quattro nicchie semicircolari sui lati ruotati di 45° rispetto ai percorsi e la copertura a padiglione con otto spicchi.
lato interno
Rispetto alla porta San Giovanni, di due anni precedente, la facciata esterna, sempre tripartita e poggiante su una base scarpata, si distingue per il contrasto cromatico delle due coppie di colonne chiare in pietra d'Istria sul fondo della muratura scura in trachite.

Nel prospetto interno le colonne bianche sono solo le due estreme. Nel concio in chiave del portale a tutto sesto ester­no è scolpito il busto di un guerriero raffigurante il dio Medoacus, mentre in quello interno la protome allude alla città stessa. Ai pedoni era riservato il passaggio a sud di quel­lo carraio: ma per la simmetria dello schema di riferimento, che è quello dell'arco di trionfo romano, la composizione architettonica è completata con un ulteriore passaggio, mai aperto, anche a nord.

Sopra queste porte laterali, sia dall'esterno sia all'interno, sono scolpiti in rilevato quattro grandi scudi in trachite con l'inserzione al centro di medaglioni chiari in pietra d'Istria, raffiguranti divinità della campagna all'esterno (Bacco e Cerere) e cittadine all'interno (Minerva e Nettuno). Il piano attico è riservato alle dediche e alle celebrazioni, con le armi dei rettori, il leone marciano all'esterno e una grande iscrizione all'interno con la data del 1530 che ricor­da il doge Andrea Gritti.

I due stemmi esterni appartengono a Paolo Trevisan, podestà nel 1529, e a Priamo da Lezze, capitano dal 1529 al 1530. Sopra la cornice dell'attico, parzialmente nascoste dal tetto, le feritoie rivelano appena la funzione anche militare della porta. Il sottotetto sull'estradosso della volta di coper­tura è raggiungibile mediante una scala ricavata nello spes­sore della muratura, ma con accesso tenuto alto da terra (oggi si raggiunge la porta con una scala fissa in legno). Per permettere il tiro di fiancheggiamento dei cannoni a pro­tezione della faccia settentrionale del baluardo Savonarola, una cannoniera angolata in casamatta è stata costruita a ridosso del fianco meridionale.
Il ponte che valica il fossato, a tre arcate in laterizio, venne costruito nel 1787 in sosti­tuzione della precedente struttura lignea, sotto la prefettura di Caterino Corner, come ricorda la lapide in pietra istriana collocata sulla spalletta settentrionale dell'ar­cata mediana.
Nel 1928, quando fu aperta la breccia a lato della porta, si procedette al suo restauto: in quell'occasione fu rifatto il leone marciano e venne ricostruito il ponte levatoio, demolendo l'ultima arcata del ponte settecentesco. Successivamente il ponte levatoio fu a sua volta smontato e sostituito dalla attuale passerella in legno.

(testo tratto da A. Verdi, Porte, bastioni, cortine, in G. Mazzi, A. Verdi, V. Dal Piaz, Le Mura di Padova, Il Poligrafo 2002, con integrazioni)







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