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Visualizzazione dei post da agosto, 2018

VENEZIA IN GARA CON BARI, PER S.NICOLA

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Se i veneziani fossero arrivati prima dei baresi a Myra per salvare le spoglie del santo Nonostante siamo in agosto e ben lontani dalla data in cui si celebra la ricorrenza del santo, 6 dicembre o l'8/9 maggio in alcune località, mi piace ricordare il legame esistente tra Venezia e Bari già prima dell'anno 1000. Dal sacro al profano, da san Nicola a santa Klaus a Babbo Natale, essendo da sempre ritenuto il santo benefattore e protettore dei bambini. E' tra i santi più venerati nei paesi del bacino Mediterraneo e della Russia, molte località delle coste o dell'entroterra hanno una chiesa dedicata a lui e dove non ci sono quadri o statue vuol dire che sono state trafugate. San Nicola di Myra era molto venerato a Venezia essendo il santo patrono dei marinai e della gente di mare: ai tempi della Repubblica, durante la Festa della Sensa , al termine della cerimonia dello sposalizio del Mare, la messa solenne di ringraziamento veniva celebrata proprio nell'abbaz

A VENEZIA L'ULTIMO CONCLAVE FUORI ROMA

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....Dove fu eletto il nuovo papa, dopo che l'altro era morto, prigioniero di Napoleone. Una delle tante nefandezze di cui si macchiò il corso. L'abazia che lo ospitò trabocca di opere d'arte: da Vittore Carpaccio, a Sebastiano Ricci, al Tintoretto.  Sotto la tutela del Sacro Romano Imperatore austriaco, in una sala adiacente la chiesa al primo piano, alla fine del 1799 una trentina dei quarantasei cardinali si riuniscono per l’ultimo conclave svoltosi a tutt’oggi fuori dalle mura vaticane.  . . La stanza originariamente fu costruita come coro notturno del monastero, luogo in cui, in ossequio alla tradizione benedettina, i monaci si riunivano in preghiera dopo la mezzanotte. Questo spazio è passato alla storia per il conclave del 1800, nel quale fu eletto al soglio pontificio il benedettino Barnaba Chiarimonti, romagnolo, col nome di Pio VII.  Interessante notare come sui ‘quadretti’ inchiodati ai seggi del coro sono riportati i nomi di ciascun cardinale p

LO STORICO BARBERO I GIANNIZZERI E I BENEFATTORI ISLAMICI

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Alessandro Barbero, storico radical chic, è quello che spiegò tempo fa, con una faccia di bronzo notevole,   come Lepanto fu in realtà vinta dai Turchi, dato che l'Europa e Venezia in particolare non avrebbero tratto vantaggi. Il fatto di aver definitivamente fermato l'espansione islamica via mare, per "l'emerito" studioso, non avrebbe alcuna importanza. Di palla in palla, pur di dimostrare a qualche sprovveduto spettatore la bontà insita nella civiltà islamica, mi riferisce l'amico Sandro Fattore, egli nell'ultima puntata di Quark, si è avventurato nel decantare la bontà  della "raccolta" dei giovani cristiani, rapiti alle famiglie e arruolati a forza nell'esercito turco, dopo la loro conversione forzata. E tutto questa distorsione della storia avviene naturalmente a spese dell'abbonato italiota.  Superquark. La raccolta.   ( Sandro Fattore ) Un tempo gli ottomani passavano con una commissione negli stati cristiani com

LISSA: DAL RELITTO DEL "RE D'ITALIA" SPUNTA UN FORZIERE

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ZAGABRIA Foto di Derk Remmers / Gue Project Battle of Lissia 2018 Una storia affascinante, tra realtà e leggenda, che riguarda un misterioso tesoro che giacerebbe da un secolo e mezzo nelle profondità dell’Adriatico. E che ora potrebbe essere stato ritrovato. È il tesoro della “Re d’Italia”, pirofregata della Regia Marina italiana speronata e affondata dalla nave ammiraglia austriaca “Ferdinand Max” durante la battaglia di Lissa il 20 luglio del 1866. I resti del vascello furono riscoperti nel 2005. La “Re d’Italia” trascinò con sé nel fondo del mare non solo quasi trecento marinai e una trentina di ufficiali – questa la versione accreditata - ma anche un forziere pieno di monete d’oro del valore odierno svariati milioni di euro. A sostenere questa tesi che si perpetua ormai da decenni era stato, nel 2011, anche Tolan Radica, presidente della Società croata per le ricerche, che aveva ricordato che «gli italiani giunsero a Lissa per porla sotto la propria giurisdizione ed

I "SIGNORI DE NOTE" CHE SERVIREBBERO TANTO ANCHE OGGI.

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Magistrato delli Signori di Notte ai Criminali , creato dalla Repubblica. (Sansovino) . Si crea questa Magistratura nell'anno 1244 formata prima da uno, poi da due membri che nel 1262 diventeranno sei. Uno per sestiere. I Signori di Notte svolgeranno funzioni di polizia ed istruttorie rispetto ai deliti di sangue, porto d'armi proibile, delitti contro la proprietà, l'onore, il buon costume; stregoneria, filtri, malefizi. Essi avranno anche compiti di eseguire sentenze (come l'esazione di pene pecuniarie irrogate da altri uffici o il pignoramento di mobili) e promulgare ordinanze e divieti. Saranno anche incaricati di vigilare sui focolai di incendio. Ad essi è affidata la sicurezza urbana; una sorta di corpo di polizia scelto con compiti di pattugliamento notturno. All'imbrunire le loro guardie cominciano a girare, scrutando viandanti e assembramenti. Perquisiscono sospetti, arrestano delinquenti colti in flagrante e svolgono indagini e interroga

LA STORIA VENETA E' ANCHE FATTA DI SAPORI

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Specialmente quella di Venezia, che ha diffuso poi molte sue specialità anche nell'entroterra. E certe ricette (pensiamo ai ga£ani- crostoli , ae fritoe)  sono diventate venete in senso più generico. Antonella Todesco   RECIPE PANAM CANDIDAM CUM STORTIBUS   PERFECTIS Un tempo non c' era casa veneziana dove non si offrissero all' ospite, i baicoli (biscotti secchi) con il caffé o con un bicchierino di vino di Cipro. Oggi i baicoli, creati nel 1700 da un offelliere della contrada di Santa Margherita, si offrono con la cioccolata o con il té poiché è totalmente scomparso l uso di questo vino, tanto gustoso da assaporarsi dopo la pana (panna). La panna, chiamata dai vecchi veneziani, "cao-de-late" era uno dei desserts preferiti dai miei concittadini della mia e precedente generazione.  Si gustava nei bar della Riva degli Schiavoni accompagnata dagli "storti", coni di cialda sottilissima e lievemente abbrustolita (gli storti del Dolo)

LA PORTA MAGGIORE DI CORFU', E LA STUPIDITA' MODERNA

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Era un monumento anche alla grandezza della civiltà veneziana, e alla sua potenza, diretta a contenere le minacce dei Turchi. Certamente fu l'orgoglio dei corfioti, fino a quando... portate dal vento napoleonico, non si diffuse ovunque, in Europa, il vento del nazionalismo. Per cui con l'occupazione nazi fascista dell'isola, ai ciprioti parve un monumento "italiano", e vollero abbatterla. Comportandosi come Tafazzi che si martellava le palle da solo. Che tristezza.  Dalla pagina di Ecce Leo, ecco quanto vi riporto: Corfù, Porta Reale, Fu costruita come ingresso principale alla città tra il 1576 e il 1578 su disegno di Ferrante Vitelli, si apriva nel tratto di mura compreso tra il bastione Sarandario e la piattaforma di S.Atanasio. Aveva un grande leone marciano del 1578, del tipo andante verso destra posto sopra la parte centrale della fornice. Qui il Fedlmarschall Schulenburg, nel 1716 aveva posto il suo quartiere generale per meglio dirigere la dife

L'ENCOMIO SOLENNE DELLO SHULENBURG A UN EROE VENETO

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Il Comandante in Capo Shulenburg, davanti alla truppa veneta riunita, nella piazzaforte di Corfù, pronuncia l'Encomio solenne a un Eroe sconosciuto ormai,come tanti purtroppo, ma Dan Morel Danilovich ha avuto l'indubbio merito di rinverdirne il nome e la memoria. Ecco quanto scrisse tempo fa: A volte capita, che nelle ricerche per il 300esimo della vittoria Veneta di Corfù, di imbattersi in scritti rimasti nell’oblio per tutti questi anni… sfogliando un libro in cui pensavo di perdere solo tempo ecco che mi appare all’improvviso come il cielo come dopo una tempesta, l’encomio del Felt Marescial Schulemburg, al "Capitan" Giuseppe Gorini. E allora perché lasciare ancora tutto in una pagina ingiallita di un vecchio e polveroso volume? Noi Mattia Giovanni del Sacro Romano Impero Conte di Schoulenburg, Felt Marescial, e Generale dell’Armi in Capite, pel la Serenissima repubblica di Venezia. Il Capitan Giuseppe Gorini del Reggimento Neuroni, pel tut

EL ZE PROPRIO ON FRAJON... DICEVANO LE NOSTRE MAMME

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A Venezia, da dove il termine era partito, era poco diverso. " El ze proprio on fragion " e me lo ha fatto tornare in mente, facendomene comprendere l'origine storica, la veneziana Antonella Todesco, in una sua nota interessante, che riporto qua sotto per intero.  L'influenza della parlata veneziana nella formazione della lingua veneta, fu basilare: e anche Padova, nella città come nei centri più piccoli, ne subì le conseguenze, tanto che il rustico "pavan" di cui si trovano ancora tracce nella zona del piovese, usato dal Ruzante nelle sue commedie, è diventato nel giro di poco tempo, il padovano d'oggi, molto simile alla lingua parlata dai signori veneziani delle ville della campagna veneta.  Quindi la mamma o la nonna padovane per descrivere un tizio che spendeva e spandeva danari con leggerezza, dicevano proprio "El ze on frajon!" ignorando ormai a metà del '900, la relazione con le antiche "Fraglie" veneziane.  Ec

LA DIVISA DE L'OFFIZIAL DI FANTERIA nel 1797

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Una immagine tratta dall'acquerello del capitano Paravia ci fornisce i dettagli dell'uniforme di un colonnello dell'ultimo periodo (1780-1797). Cominciamo dal bicorno: era nero con gallone largo cucito, in seta nera, il regolamento prevedeva fosse adorno di due "rosette" (fiocchi) di filo d'oro, mentre per l'alfiere erano miste di oro e azzurro. A sinistra una coccarda formata da un nastrino interno di seta bianca, che era a sua volta bordato da un nastrino azzurro. Da una collezione privata ho visto un cimelio che credo autentico, che mostrava la coccarda con al centro una perla di vetro, azzurra. Dietro era infilata una penna di struzzo nera. Cravatta di merletti sovrapposti, di seta bianca, collarino nero. Marsina con risvolti di lana bianchi come il colletto privo di bordo dorato, bottoni di ottone, col nr di reggimento. Notare il taglio tipo frack, aperto sul davanti in modo da mostrare il gilet di lana bianca. Cinturino di cuoio lucido bianco con

IL REGOLAMENTO E LE MUTANDE DEGLI OFFIZIALI VENETI

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SONO STATO ACCUSATO!. Sono stato accusato ingiustamente, da uno storico friulano (furlan) mio amico, passato fin dalla gioventù al soldo di Napoleone, di avere un debole per il prosecco ( mole li bevi, moeghe de bevàr ), tanto da non afferrare a un certo punto della sbronza, neanche quello che leggo. Questo a proposito della biancheria intima degli ufficiali veneti, mutanda compresa. Che erano turchine, come le calze  Lo afferma un certo Federico Paleologo Oriundi, che nel 1912, pubblicò in contemporanea Barbarich (che si occupò dell'esercito anche egli, durante l'invasione francese) un'opera che riguardava l'arruolamento della truppa Corsa nella Fanteria Italiana al soldo di san Marco. Egli si basa in genere su fonti d'archivio, ancor oggi reperibili, specie dopo che i documenti sottratti da Napoleone furono restituiti su richiesta austriaca. Eccovi allora riprodotta la pagina incriminata: nelle ultime righe troverete quanto da me fedelmente riportato.

UN VENEZIANO AL MUSEO DI PERASTO

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Francesco Ceselin Dopo aver percorso quasi tutto il Lungomare si arriva a palazzo Bujovic; costruito verso la fine del ‘600 ospita attualmente il Museo cittadino di Perasto. Ebbene, non si possono visitare le Bocche di Cattaro senza passare per Perasto e non si può passare per Perasto senza visitare il Museo, ricolmo di testimonianze che ci aiutano a capire quanto quelle genti fossero legate al mare e, di conseguenza, quanto bene potessero intendersi con i Veneziani. Il Museo è articolato su tre piani e ha un proprio sito internet che aiuta a farsi un’idea della ricchezza delle collezioni ( http://www.muzejperast.me/index.php/en/muzej ). C’è da dire che sin da quando si varca il portone si viene avvolti da un’atmosfera magica.   L’occhio cade subito su un pezzo d’artiglieria. Uno dei pochi pezzi originali veneziani rimasti. Ci spiegano che si tratta di un falconetto, presumibilmente donato da Venezia alla Scuola navale di Perasto verso l

UN VENEZIANO IN PELLEGRINAGGIO A PERASTO

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Francesco Ceselin in visita e Perasto mi ha commosso con queste righe scritte intingendo la penna nel calamaio del cuore: Una giornata calda, afosa. Il cielo è di un azzurro intenso.  Vicino alla riva l’acqua è cristallina, ma diventa improvvisamente scura man mano che si va verso il largo, verso le isole di San Giorgio e della Madonna dello scalpello.  Le antiche dimore della famiglie perastine s’innalzano bianche, possenti lungo la riva e sulle pendici del rilievo che incorona la città, mentre piccoli moletti si protendono verso il mare a continuare un legame antico mai rinnegato.  I palazzi spigolosi, massicci, rendono bene il carattere dei loro antichi proprietari, mentre le pietre con cui sono stati costruiti riflettono verso il mare la luce già intensa del sole. Al Museo navale sono custoditi i ritratti di alcuni di questi uomini: volti di marinai, mercanti, guerrieri. Sotto i loro ritratti sono esposte le loro schiavone, le spade che li hanno accompagn

FORNO DI ZOLDO E LE SUE FUCINE

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I chiodi che tengono ancora assieme qualche mobile veneto antico li fabbravano i zoldani, in Cadore. ma non solo chiodi, dal 1.600 in poi anche le lame delle famose spade schiavone, il più celebre fu un certo "Ferara" (così firmava la lama) che poneva anche una testa di lupo come marchio. Ma è un argomento di cui vi ho parlato più volte. Eccovi la storia di Forno di Zoldo raccolta da Antonella Todesco.  Forno di Zoldo, For, in Ladino, deve il suo nome alla presenza di forni e fucine per la lavorazione del ferro. Si suppone che il territorio della Val Zoldana fosse abitato da colonie di antichi Veneti ma non ci sono prove concrete...Nel 1508 gli abitanti di Forno si unirono a Venezia nel combattimento contro la Lega di Cambrai e sotto il dominio della Serenissima la vallata divenne prospera grazie al commercio del legno che forniva l' arsenale, le palafitte che costituivano le basi per i palazzi veneziani e alle fucine dove si producevano chiodi ( Negun fea ben