IL VENETO, TRASFORMATO IN MANGIATOIA D'ITALIA DOPO LA GUERRA
Un velo d'oblio è sceso sulle nefandezze di cui furono vittime i Veneti, dopo la Grande Guerra. Oltre al danno enorme, indescrivibile, della guerra in casa, anche la beffa del cosiddetto "Ministero delle Terre Liberate" che doveva soccorrere i profughi, i senza casa, i disoccupati, con la distribuzione gratuita o a prezzi calmierati del bottino sequestrato nelle navi austriache mercantili, delle offerte raccolte nel resto della penisola e delle risorse destinate dal governo.
In realtà, scrive Bruno Pederoda citando giornali d'epoca (La Riscossa di Treviso, repubblicano socialista, in particolare) e il discorso di Guido Bergamo al parlamento, la sua sede, a Castelfranco raccolse i peggiori avventurieri del resto della penisola, che in combutta con i militari del Genio, si comportarono peggio delle locuste, a scapito dei poveri disgraziati che avrebbero dovuto aiutare.
Ne stringeva in mano le redini il Commendator Arcangelo C., siciliano, quale ispettore generale del ministero degli Interni, intorno a lui "si raccolse una masnada di malversatori, di ladri, quasi tutti funzionari, col proposito deliberato di rubare e trafficare con la merce destinata ai profughi. Dai magazzini dove erano ammucchiati milioni e milioni di Lire di materiali, si spedivano, con vagoni in franchigia, e con la complicità provatissima dei capistazione, beni di ogni genere a ditte di Milano, Padova, Mestre, Venezia, Ferrara, Ravenna. "
E le alte sfere? Impossibile non sapessero accusava l'on. Guido Bergamo, di Treviso: "le prove sono schiaccianti e gettano una luce sinistra su parte della burocrazia romana".
E il Commendatore traffichino, tra una fatica amatoria e l'altra partiva da Castelfranco per recarsi a Roma a a offrire merce ai funzionari preposti delle terre Liberate e del Ministero dell'Interno, senza incassare un soldo.
Andazzo ancora peggiore nel Trentino dove funzionari che dovevano sgombrare rottami di guerra, in realtà portavano via ogni ben di dio senza render conto a nessuno.
Il capitolo quinto del libro di Pederoda, di cui ho dato solo un assaggio è un terribile atto di accusa, su vicende che poi il fascismo coprì con un velo nero (è proprio il caso di dire) attraverso la retorica della Vittoria e delle Terre redente... Redente da chi? La metà dei Veneti dovette fuggire per la fame, e l'ultima ondata fu quella che partì in seguito alla devastazione e ai disastri della Grande Guerra.
Spunto nato dalla lettura di "Tra le macerie e miserie di una regione dimenticata" ed Pozza, di Bruno Pederoda.
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