RITORNA LA COLONNA MARCIANA AD ESTE, MA L'IGNORANZA E' TANTA

Orlando Dall'Anese scrive
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Quando assisto a citazioni e ricostruzioni storiche, dove i fatti sono travisati, sfalsati o peggio negati, da parte di persone che si ergono a detentori della verità, che agiscono in mala fede perché li ignorano o li aggiustano convenientemente alle loro convinzioni politiche evito qualsiasi contraddittorio perché amo troppo me stesso per scendere a questi livelli. I miei scrupoli sull'onestà intellettuale e i dubbi sulla mia capacità di memoria mi portano però spesso a rifugiarmi in documenti e pubblicazioni storiche, scevre da tali ideologie. Recentemente in Este il Consiglio Comunale ha deliberato la ricostruzione della Colonna Marciana. Molti avrebbero fatto bella figura se non si fossero pronunciati sulla storia di questa città nel periodo della sua appartenenza alla Serenissima Repubblica di Venezia, ma in una società dove apparire è più importante che essere e dove le affermazioni non si devono giustificare, i negazionisti e gli opportunisti hanno dato il meglio di sé stessi.
Per i cultori della storia e per quanti sono orgogliosi delle loro radici ho deciso pertanto di riportare integralmente un brano tratto da: "Storia di Este e del suo territorio", scritto da Gaetano Nuvolato (un eminente e colto cittadino Estense, storico e scrittore, co-fondatore del locale Gabinetto di Lettura), edito nel 1851 dalla Libreria Editrice Zielo. Ai tempi di tale pubblicazione sono passati 54 anni dalla caduta della Repubblica Serenissima ad opera di Napoleone, siamo negli anni dell'occupazione Austriaca e mancano dodici anni all'avvento dei Savoia.


<Gli Atestini che in una sola generazione avean ben sei fiate cangiato di padrone e sofferto di grandi sventure, presero un grande e pronto divisamento, affine di evitare gli orrori di un assedio che imminente loro soprastava, il cui esito non poteva rimaner più dubbioso.
Solenne dovette essere quel giorno per questa patria, e fu in settembre dell’anno 1405, allorché protraendosi furiosamente l’assedio di Padova, venne intimata generale adunanza dei cittadini estensi per decidere della sorte di questo popolo. Gravi e calde, com’era ad immaginarsi, furon le dispute nel pieno consesso dei comunali rappresentanti, e molteplici partiti furono proposti in tanta urgenza di cose. In mezzo alle discordanti opinioni e al tener fermo di Ceco da Pisa podestà Carrarese per resistere ai Veneziani, gli animi si esaltarono, e già erano prevalsi in numero quelli che a Venezia proposero doversi tosto aderire spontaneamente senza aspettare il costringimento dell’armi. Il Podestà mettendo innanzi il proprio potere intimava che nessun contrario partito si prendesse, ma piuttosto s’avvisasse ai mezzi per sostenere e difendere l’estense castello a favore del Signor carrarese.


A tale proposta crebbero le grida dei consiglieri e del popolo irrompente contro Ceco, il quale noi accagionar non dobbiamo che di troppa fedeltà al suo Signore. Investito quel misero dalla folla e risospinto verso una finestra della sala del Consiglio, veniva da un certo Biagio Lombardo precipitato sulla piazza, dove trovava una subita morte. Lungi da me ogni scusa di simil fatto che fu conseguenza di furor popolare, il quale il più delle volte trascende nel dilirio e nel sangue .
Gli Estensi allora non perdettero un fiato, e di tosto elessero alcuni fra’ principali del consiglio, i quali si recassero a Venezia per fare atto di volontaria sottomissione a quella illustre repubblica, ed in pari tempo profittare della propria occasione per accaparrarsi buone condizioni di vassallaggio. Furono gli inviati Giovanni da Cartura, Ottonello di Marco e Bartolomeo Rizzardi. 
Il veneto Senato mostrassi benissimo disposto in favore di questa terra, tanto più che aveva tutto l’interesse a quel momento di fare conoscere agli altri paesi di terra ferma, quanto vi guadagnerebbero i loro popoli coll’imitar l’esempio degli Estensi e così accelerare la caduta di Padova .
Ottemperando alle giuste inchieste dei legati atestini, il Doge Michel Steno rilasciava nel dì 16 Settembre ai presenti e futuri abitatori di Este solenne Carta di privilegio, cui ci sentiamo obbligati di arrecare nel suo pieno tenore, avendo essa servito quasi per 4 secoli (1405-1797) di norma e legge nei pubblici affari della comunità atestina
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"""Noi Michel Steno per la Dio Grazia Doge di Venezia facciamo manifesto a tutti, che vedranno il nostro Privilegio, che desiderando Noi di far sempre rispettare e render gloriosa la ducale dignità del nostro trono, quando ci addimostriamo benevoli verso i soggetti, e prestiamo grazioso ascolto alle loro inchieste, osservate le solennità volute dal nostro Collegio, avendo piena facoltà di accordare i capitoli presentati al nostro Dominio dal Comune e Uomini della terra di Este, accolti dal Nostro governo quali diletti nostri fedeli, così vogliamo sieno osservati inalterabilmente da tutti i nostri Rettori e sudditi nella seguente forma - 
Primieramente vogliamo che gli Statuti e Ordini della predetta comunità sieno osservati e posti in esecuzione tal quali si contengono nell’antico Volume da essi estensi pubblicato - che i Podestà e rettori del Nostro dominio, i quali di tempo in tempo fossero ivi preposti coll’autorità del mero e misto impero facciano cognizione di ogni cosa e causa che avvenisse sotto il loro reggimento e possano far sentenza anche sulla vita degli uomini - che le gravezze sulle cose e sui beni che si vendono in detta Terra e Podestaria di Este sieno pagate nei modi ed ordini, alla stessa guisa che si soddisfacevano al tempo del magnifico Signore marchese di Este - sul vino a spina pagherassi al Dominio ducale dai venditori invece di tre denari, uno soltanto; sul vino in mastello per ogni lira del suo valore un soldo; sul bestiame pagheranno l’acquirente e venditore per ogni lira di prezzo un soldo per cadaun capo; sulle beccherie per ogni libbra di carne due denari piccoli; sull’olio, cacio e carni salate e sul lino nella spuola un denaro ad ogni libbra; per ogni stajo di frumento e di legumi, che si venda, un soldo; per l’orzo e miglio, per ogni stajo, otto denari de’ piccoli; per ogni staio di sorgo e spelta che si venda, paghinsi sei denari piccoli. Nessuna gravezza sui veicoli.


Del rimanente in quanto al sale, vogliamo che trattinsi i Nostri fedeli Estensi nel modo istesso in cui erano trattati gli altri Nostri fedeli del Distretto padovano e veronese. Oltre poi le succitate gabelle saran tenuti i predetti Nostri fedeli a pagare per la mâcina ad ogni mese un soldo per ogni bocca dagli anni cinque in su, tolto ogni altro pagamento.
L’onorario dei Nostri Rettori starà a carico del nostro dominio.
Comandiamo inoltre che tutte le persone della Terra e distretto di Este, di qualunque siasi condizione e stato, sieno tenuti a sostenere i pesi, le fazioni e le altre gravezze reali e personali tanto pertinenti alla detta Terra estense, quanto a que’ luoghi ove abitassero o vi stesser soggetti, ancorché fossero cittadini di Padova, o foresi che si riducessero o si avesser già ridotti ad abitare in Este e benché fossero uffiziali forensi o famigliari del Signore da Carrara , i quali ufficiali e famigliari pacificamente e sicuramente potranno far dimora tanto nella Terra estense, quanto in altro luogo del veneto Nostro dominio senza impedimento o molestia pelle loro famiglie e pei beni.
Di più se in avvenire facesse duopo di fare riparazioni agli argini fluviali nella Terra d’Este o sua Podestaria, gli uomini dei villaggi, e dei luoghi, ai quali quelle costruzioni tornassero profittevoli, sien tenuti a pagare per giusta quota le occorrenti spese in ragione delle possessioni e terre, a cui favore cade il vantaggio delle arginature.
Vogliamo inoltre che le vendite fatte da Messer Francesco Novello da Carrara ai cittadini (civibus) e agli abitatori della Terra estense, rimangano valide, né possano essere impedite o contraddette, fino a che non emerga qualche eccezione di diritto o di fatto, come se fossero quei beni nell’attual possesso del prefato Messer Francesco.
Inoltre concediamo ai fedeli Nostri della Terra atestina e sue pertinenze di non essere obbligati a far parte di alcun esercito, né di sostenere alcuna fazione come guastatori o conduttori di carri, o altre personali gravezze fino a sei mesi da oggi, salvo entro il limite del territorio e podestaria di Este, se ciò si rendesse necessario .
Concediamo pure alla Comunità ed ai Nostri fedeli Estensi quattro poste di mulini, che stanno nel fiume presso al ponte della Torre co’ loro arredi, perché sieno tenuti e posseduti nella stessa guisa che al tempo del magnifico Messer Alberto .
Concediamo ancora ai Fedeli nostri abitatori del distretto e Terra di Este, che Girardo Bacinella, Marco Nascimbeni, Floriano Alessandri, e Manfrino da Bavone, che abitavano in Cornoleda, luogo posto nel circondario de’ monti padovani , possano vivere liberi e sicuri nella Nostra terra e distretto estense; volendo e determinando espressamente che tutti affatto i cittadini e foresi e abitatori del distretto di Este, ivi di presenza esistenti e dimoranti, stiano salvi e sicuri nelle loro persone, beni mobili e stabili, e ciò per eseguire quanto gli stessi in atto supplichevole implorano dal Nostro governo prima della tradizione, possesso e dominio della terra atestina .


Oltre a ciò i savii ed egregi personaggi Giovanni da Cartura, Ottonello di Marco, e Bartolomeo Rizzardi, onorevoli oratori pe’ cittadini e Nostra Comunità estense, hanno presentato dinanzi a Noi alcuni altri capitoli, perché dal Nostro governo fossero a loro concessi e confermati con ispeciale grazia. Noi conoscendo quanto dovrà aumentarsi la fedeltà nei leali Nostri sudditi, e come ciò possa condurre gli altri ad imitarne il buon esempio , coll’autorità dell’antedetto Nostro Collegio, in quanto riguarda alla inchiesta sul canonicato della Pieve di S. Tecla, perché sia concesso che - gli uomini di Este in unione all’Arciprete di quella chiesa, lo possano promettere e concedere a qualche prete o ad altra persona la quale sia addetta alla chiesa etc. - promettiamo di fare quanto si potrà per investigare le intenzioni del Vescovo di Padova.
Sopra quel capitolo poi sull’Arciprete di Este, perché continuar egli possa a possedere la decima del Concordato di Monte di Sacco, come fino ad oggi ne ha posseduto la metà, e tutta la decima di Casaruola, acconsentiamo a questa dimanda, riservando ogni ragione a chiunque potesse averla prevalente.
Per quanto spetta finalmente all’ultima dimanda, con cui dal Nostro ducale dominio si chiede che non sia aggravata quella Nostra Terra, Comunità ed Uomini estensi, più che gli altri luoghi, e castelli Nostri circostanti alla stessa Terra, affinché gli Estensi non abbiano cagione alcuna per abbandonare la loro patria, e recarsi ad abitare in altri luoghi, tutto questo riputiamo di graziosamente concedere; ed a maggior evidenza delle cose tutte promesse abbiamo ordinato che fosse esteso il presente Privilegio, e sia munito della nostra plumbea bolla. Dato del Nostro Ducale palazzo nell’anno dell’incarnazione del Signore 1405, nel giorno 16 del mese di Settembre, indizione XIV """.
Ecco la Carta o Privilegio che regolò le nostre condizioni in faccia alla dominante Repubblica di Venezia per quasi quattro secoli (1405-1797). Troveremo spesso nel vegnente Periodo contrasti ed obbietti per l’esatta osservanza di quello Statuto, o Privilegio che dir si voglia, talché diverrà talvolta di necessità ricorrere alla giustizia del veneto Senato, il quale o ne darà nuova conferma, e ne richiamerà da’ suoi Rettori l’adempimento, col dar la giusta soddisfazione agli Estensi cittadini.
Comunque però avvenisse, quella Carta rilasciata in quell’occasione dovè migliorare d’assai la nostra condizione; e sien rese lodi a que’ nostri maggiori, che esperti ed oculari seppero prevenire le calamità della guerra ed in pari tempo procurare alla loro patria, sotto la nuova dominatrice repubblica, una posizione se non brillante, almeno proficua ai materiali interessi di questa amena contrada.>

... Era importante ottenere il privilegio dalla Serenissima Repubblica di Venezia, esso sanciva la dedizione effettuata, elevando i beneficiari alla dignità di appartenenza a pieno titolo alla Serenissima Repubblica di Venezia, regolandone i rapporti con la concessione di diritti inalienabili ed il riconoscimento di una forma di autonomia rispettosa degli usi e costumi locali.
Ci si preoccupava di conseguenza che ciò che Venezia concedeva non venisse intaccato o minacciato da qualcun’altro. Ad esempio Este denunciò al Senato Veneziano i tentativi del Reggimento di Padova di eroderne i diritti (imponendo tassazioni). Per rimediare nel 1425 il doge Pasquale Cicogna, onde evitare ulteriori frizioni tra Padova ed Este, riconfermò il privilegio concesso il 16 settembre 1405 agli Estensi e le prerogative loro riconosciute.
Il 27 giugno 1444 il Consiglio dei Dieci stabiliva inoltre che non si potevano emanare ordini che contrastassero con i privilegi concessi.

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