UN VENEZIANO AL MUSEO DI PERASTO


Dopo aver percorso quasi tutto il Lungomare si arriva a palazzo Bujovic; costruito verso la fine del ‘600 ospita attualmente il Museo cittadino di Perasto. Ebbene, non si possono visitare le Bocche di Cattaro senza passare per Perasto e non si può passare per Perasto senza visitare il Museo, ricolmo di testimonianze che ci aiutano a capire quanto quelle genti fossero legate al mare e, di conseguenza, quanto bene potessero intendersi con i Veneziani.


Il Museo è articolato su tre piani e ha un proprio sito internet che aiuta a farsi un’idea della ricchezza delle collezioni (http://www.muzejperast.me/index.php/en/muzej). C’è da dire che sin da quando si varca il portone si viene avvolti da un’atmosfera magica. 


L’occhio cade subito su un pezzo d’artiglieria. Uno dei pochi pezzi originali veneziani rimasti. Ci spiegano che si tratta di un falconetto, presumibilmente donato da Venezia alla Scuola navale di Perasto verso la fine del ‘600 con il placet del Consiglio dei X. Sulla canna infatti sono presenti il Leone marciano, una “X” che rimanderebbe al Consiglio dei X e una “F” che servirebbe ad individuare il fonditore, forse un Alberghetti, Fabio. Un pezzo estremamente interessante e per chi fosse interessato alla materia ricordo che il cannone è presente anche nello studio di Carlo Beltrame dedicato alle artiglierie veneziane (http://lettere2.unive.it/beltrame/index.html).


Accanto al falconetto sono presenti molti altri reperti e testimonianze di grande interesse: abiti, schiavone venete e armi turche, strumenti nautici e scudi araldici lapidei provenienti dai palazzi perastini. C’è anche un leone marciano, piuttosto frammentario che viene, forse, dallo stesso palazzo Bujovic.

Ai piani superiori c’è la storia della marineria perastina attraverso oggetti e ambienti probabilmente frutto di donazioni. Ci sono stendardi e quadri di uomini di mare veneziani, foto di ufficiali austriaci ottocenteschi e via di seguito.



Ma tra tanti oggetti c’è n’è uno che colpisce immediatamente, forse non tanto per gli aspetti artistici, ma perché è ormai divenuto un’icona per i Veneziani e i Veneti: il quadro di Giuseppe Lallich dedicato alla cerimonia dell’ultimo ammaina bandiera, tenutosi il 23 agosto 1797. Ad esso sono collegate le parole del Viscovich che esprimono l’incredulità e la tristezza per quegli avvenimenti. Ma questa è un’altra storia e fuori splende ancora il sole di agosto…


 
(S. Romanin, Storia documentata di Venezia, tomo X, pp. 170-171, Venezia 1975)

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