IL DURO "LAVORO" DELLE VENEZIANE PER ESSER SEXY


Antonella Todesco


Francesco Sansovino (1521-1586), sulla sua "Venetia" attesta la delicatezza e la pulizia delle donne veneziane, ma sappiamo che la ",pulizia" di quel tempo non corrispondeva ai canoni odierni. Nei palazzi patrizi non c'erano gabinetti decenti e mancavano appositi stanzini per lavarsi. Tutto ciò si faceva nelle camere e alle abluzioni mattutine servivano brocche e catini di finissima porcellana ma di scarsa capacità. Non molto comuni le tinozze di legno per il bagno. I lavaggi di acqua pura erano crediti nocivi per la pelle così si faceva gran uso di profumi e acque nanfe. Le donne sedevano col rocheto (accappatoio) sulle spalle, dinanzi alla caseleta da cavo (pettiniera) e dopo le abluzioni, l occupazione principale era quella di imbellettare colla cerussa e col rossetto, le guance e persino tingere le mammelle che si lasciavano tanto scoperte da rendere famoso "l espoitrinement à la facon de Venise" . 
Non mancavano gli espedienti per conservare la morbidezza delle guance, e usavano, durante la notte, stendere sulla faccia una fetta di vitello crudo, immerso, alcune ore prima, nel latte, o adoperavano acque di allume, di borace, di mandorla, di fave, succo di limone, mollica di pane bagnata e persino aceto stillato con sterco di bue. 
L' amore per i profumi divenne delirio, dalla cuffia alle scarpe, si profumava tutto persino le monete. Si vendevano più che a peso d'oro la polvere di Cipro, il muschio, l'ambra, l'aloe, la mirra, la menta ecc.. La maggior parte Delle veneziane "di garbo" si bagnava la testa con acqua mescolata ad erbe officinali, a zolfo, a uova, a scorze di arance e ad altri ingredienti per dare alla chioma la lucentezza dell' oro. Per la asciugatura, si esponevano al sole sopra i tetti Delle case, nelle tipiche terrazze chiamate altane.

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