UN TRATTATO VENEZIANO A PARIGI
Attorno al 1000,
tra i tanti prodotti che arrivano a Venezia per mare, c’è anche lo zucchero di
canna.
Fino a quel
momento gli alimenti dolci erano composti con miele e melassa.
Oggi si pensa che
la canna da zucchero sia stata importata in Europa da i Caraibi (realmente fu
al contrario, dall’Europa si esportò ai Caraibi per creare una massiva
produzione nella Colonia spagnola in America) all’epoca della Grande Rivoluzione dei
Prezzi: ma Venezia, che sempre è stata
ben 3 passi più avanti a tutti gli altri, già aveva un fiorente commercio di questo prodotto.
L’arrivo a
Venezia della canna fu nel 1099 grazie ai Crociati che facevano scalo nella
città lagunare durante il lungo percorso di ritorno.
Provenienti da
Tripoli di Siria trassero con loro questa canna di color miele.
Un cronista dell’epoca,
Albert d’Aix che racconta come c’erano campi pieni di canne e che gl’indigeni
le pestavano nei mortai, poi si lasciava indurire come neve o sale.
I crociati si
nutrivano attraverso delle pappe fatte di zucchero, pane e mescolato tutto con
acqua.
A Venezia si
sapeva che Oriente già aveva tradizioni gastronomiche, soprattutto grazie alle
spezie: la ricerca culinaria incomincia, sempre nella città lagunare, per poi
diffondersi in tutta Europa.
Nel XIII secolo
appaiono ricettari, ma a Venezia un secolo prima (XII) venne tradotto da
Jamboninus da Cremona un trattato di dietetica araba (il manoscritto si conserva, cosa strana!!!!,
a Parigi), fatto da un medico di Bagdad chiamato Gege filii Algazael scomparso
nel 1100.
Il procuratore di
San Marco Angelo Faliese non vede carenze nelle abitudini gastronomiche dei
veneziani, solo nuove abitudini che sono frutto della ricchezza di Venezia e
segue dicendo: “le importazioni dall’Oriente e il ruolo fondamentale della
Serenissima nello sviluppo della cultura europea!”
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