LA GENDARMERIA VENETA DI MANIN, IL PRIMO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA VENETA


La Gendarmeria Veneta.
L’ostilità di Venezia e degli ex territori della Veneta Repubblica nei confronti del Governo Austriaco si intensifica nei primi mesi del 1847 e Daniele Manin, per la sua chiarezza di pensiero, semplicità di parola e abilità organizzativa, ne divenne ben presto il capo indiscusso.
Nei primi giorni del 1848 Manin e Nicolò Tommaseo, mentre erano intenti a preparare alcune petizioni sulla ”indipendenza del Lombardo-Veneto”, furono improvvisamente arrestati; nel contempo il governo austriaco impose nei territori occupati la legge marziale, ma una folla enorme si radunò in Piazza San Marco chiedendo la loro liberazione. Il Governatore della Città, il Conte Palffy, nella convulsa decisione di rilasciarli, firmò l’ordine di scarcerazione non di Daniele ma di Ludovico Manin, l’ultimo Doge della Veneta Repubblica.
Nella mattina del 18 di marzo , in Piazza San Marco, scoppiarono degli scontri, infatti alcuni lavoratori e dei studenti dopo aver disselciato la piazza, iniziarono a scagliare pietre sui soldati austriaci e quest’ultimi aprirono il fuoco sulla folla. I morti furono otto, e nove le persone gravemente ferite; la maggior parte erano
Giovani. Manin fu molto abile a sfruttare la situazione; chiese ed ottenne dal governatore l’istituzione della Guardia Civica. Il 23 di marzo del 1848 sempre in Piazza San Marco, fu proclamata formalmente la Repubblica e Daniele Manin ne divenne il primo e purtroppo anche l’unico Presidente. Il corrispondente di un giornale della Baviera, in un articolo così descriveva quei fatidici ed emozionanti momenti: “...al grido di Viva San Marco ! Io vidi alcuni vecchi cadere a terra piangendo davanti al sacro vessillo (il Gonfalone della Dominante) e pregare Dio di lasciali ancora vivere. Le donne e i fanciulli ne seguirono l’esempio...”.
Come si è potuto capire la guardia civica fin dal primo momento aveva assunto funzioni di mantenimento dell’ordine pubblico. In seguito poi coopererà con il nascente Corpo della Gendarmeria Veneta, istituzione voluta espressamente dal Governo Provvisorio di Venezia desideroso di tutelare “l’ordine interno della Repubblica”. 
Il nome doveva risuonare poco simpatico per la fama lasciata dalla polizia austriaca, e comunque alla fine ebbe più compiti militari che civili. L’arruolamento venne aperto in ogni sestiere della città, il 29 marzo del 1848, con le condizioni richieste riguardavano una robusta complessione, conveniente statura ed età compresa tra i 20 ed i 40 anni.
La durata del servizio venne prescritta a tre anni e le competenze furono fissate in franchi: uno e mezzo al giorno per i Gendarmi, franchi due per i Brigadieri, e franchi due e mezzo per i Marescialli, oltre all’alloggio ed il completo vestiario.Raimondo Somini di Desenzano, ex capitano dell’esercito austriaco, venne incaricato dell’organizzazione e del comando del Corpo.

Il nostro primo e per ora unico, presidente della Repubblica dei Veneti

Il concorso dei volontari fu così numeroso che, in un sol giorno, 1 aprile 1848, si iscrissero centoventi persone, ed il 13 d’aprile era già forte di quattrocento persone. Molti degli arruolati erano ex militari austriaci, e tali elementi giovarono non poco alla disciplina, alla istruzione e alla sistemazione del Corpo della Gendarmeria Veneta, tanto da essere più volte citato nei bollettini di guerra.
Nel gennaio del 1849 il corpo contava ormai 777 uomini ripartiti in sei compagnie di 135 uomini ciascuna. Circa il vestiario ed il suo armamento si deve dire che i militari e i sotto ufficiali indossavano un “frac” alla francese di panno verde cupo, con il contropetto o pettorina di panno scarlatto, fermato da una doppia bottoniera composta da nove bottoni di metallo bianco, goletta, mostre alle maniche, filettatura e falde guarnite di panno parimenti di color scarlatto, i calzoni di panno verde cupo con fascia rossa di millimetri 25, un cappello appuntato alla francese, sormontato da un pompon tricolore di lana, infine un cappotto sempre di panno verde cupo.
Manin morì in esilio: da bravo repubblicano federalista non poteva accettare la monarchia sabauda accentratrice che aveva rovinato il sogno di gente come lui e Cattaneo


I Marescialli portavano sugli avambracci i distintivi di grado composti da galloni d’argento, mentre per i brigadieri erano di lana bianca. La bassa forza portava la ghiglietta con controspallina di corda bianca. 
Gli ufficiali vestivano la tunica invece del frac, ed avevano spalline e distintivi in gallone d’argento.
L’armamento della truppa consisteva in un fucile con baionetta, con bardella e budriere della giberna di cuoio bianco. Di una sciabola ricurva alla francese con fodero di cuoio bianco.
Il servizio prestato durante tutto il tempo del memorabile assedio, fu indefesso e faticoso sia in città che nelle isole di Murano, Burano, Pellestrina e Chioggia, come pure posti più avanzati quali il forti di Marghera e di Sant’Antonio. La batteria transitando lungo il Ponte della Libertà è ancor oggi visibile nonostante l’incuria e la voluta dimenticanza dei fatti e del sangue versato. 
Il corpo della Gendarmeria Veneta partecipò alla sortita del 27 ottobre 1848 che portò alla cacciata degli austriaci da Mestre. Vi prese parte una Compagnia scelta di centoventi uomini tra truppa e graduati, sotto il comando del Capitano Viola . Essi erano parte della colonna di centro che s’avventurò, avvolta nella fitta nebbia, lungo la strada ora denominata di Forte Marghera. 
Parteciparono energicamente alla battaglia di Ponte della Campana e non pochi furono i Gendarmi caduti o feriti seriamente.

una enorme massa di veneti lo accolse quando le sue spoglie rientrarono a Venezia nel 1868

Un altro vanto per questo corpo fu la riconquista del forte di sant’Antonio, poco prima occupato dalla truppa nemica, da parte di un distaccamento di Gendarmi, che per primo accorse alla difesa della batteria posta sul ponte della Laguna e fu grazie a lui se in quella lontana notte del 7 luglio del 1849 l’indipendenza di Venezia fu ancora una volta salva: 
“Alle ore una e mezza circa, scoppiò un brulotto, diretto dagli Austriaci verso il piazzale del ponte. L’allarme e la confusione si sparsero tosto fra i lavoranti, che a precipizio fuggirono. Poco dopo una zattera di truppa nemica approdò alla fronte del piazzale, e scalandolo, giunse ad occuparlo. I nostri Artiglieri, privi di difesa, dovettero a quell’improvviso assalto ritirarsi. Tre cannoni furono inchiodati, a quanto dicesi, dai nostri. Occupato il piazzale, gli austriaci s’impossessarono della bandiera e gittarono in acqua le munizioni rinvenute sul luogo. Accorse immediatamente un risoluto corpo di Gendarmeria , il quale ebbe il merito d’essere il primo a cacciar l’inimico, che si diede a precipitosa fuga, lasciando tre o quattro morti. Altri si gettarono in acqua e qualcuno affogò...” 
Con il ritorno degli austriaci a Venezia il 24 agosto 1849, finiva l’ultima Repubblica Veneta, l’aquila bicipite asburgica tornava a serrare tra i suoi ferrei artigli Venezia e le sue province.
Il Leone alato di San Marco e la città rivedeva, così, dopo un anno e mezzo le bianche divise austriache.

Gendarmi feriti e caduti per la difesa della di Venezia.
Fatto d’arme del 27 ottobre 1848, Mestre.
Pinton Luigi, VI^ Compagnia, ferito.
Olivieri Tadeo, III^ Compagnia, ferito.
Maresciallo Molossi Paolo Antonio, IV^ 
Compagnia, ferito, e morto il 13 novembre 1848.
Bizzarro Francesco, IV^ Compagnia, ferito.
Picin Pietro Antonio, , IV^ Compagnia, ferito, e morto il 29 novembre 1848.
Fatto d’arme del 25 maggio 1849, Marghera.
Michielutti Giuseppe, ferito.
Fatto d’arme del 5 luglio 1849, ponte sulla laguna.
Cattaneo Giuseppe, III^ Compagnia, ferito.
in allegato, combattimento al ponte della campane, gendarme veneto

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