LA DANZA VENETA, TRA REGGERE IL MOCCOLO E PAVONI

Ricerca diAntonella Todesco


Tra i divertimenti dei veneziani il preferito era la danza, che ebbe i suoi storici, i suoi poeti e i suoi trattatisti.
Molti e particolari erano le danze. Nel ballo "della torcia" ricordato in un sonetto di Torquato Tasso, la donna con una torcia in mano, passeggiava per la sala, poi si avvicinava al ballerino prescelto e lo invitava dandogli la mano dopo aver consegnato la torcia a un altro meno fortunato, che così reggeva il lume (da qui la frase "reggere il moccolo").
Nelle feste spesso danzavano donne con donne e uomini soli. Il ballo aveva attrattive così irresistibili da fare dimenticare persino il lutto alle vedove e il decoro ai prelati, che volentieri partecipavano alle feste veneziane.

Il popolo si abbandonava al ballo con diletto ma senza chiassi eccessivi e le donne facevano passi, salti e scambietti con grazia e portavano a tal proposito sotto le gonne le "braghesse de ormesin" per non mostrare le "vergonze in tel voltare nei scambiamenti".
Quando i tempi vollero più liberi i diletti la danza si fece audace: nella "Gagliarda" i ballerini facevano animo con voci alle danzatrici affinché si "ingagliardissero" a fare bei Trotti, salti leggiadri e artificiosi fioretti. Nel "ballo del cappello" il ballerino poneva la sua berretta sopra la testa di lei, "che si sentiva, con questo oggetto maschile, più importante dell uomo" (cit.Zuccolo).


Importantissimo il ballo della "Pavana" che non è abbreviazione di "padovana" ma trae il suo nome dai movimenti della ballerina imitanti quelli del pavone nel suo incedere quando fa la ruota. Si diffuse a partire dal XVI sec in Europa e rimase di moda nelle corti europee e veneziane per due secoli. Una curiosità: il passo cadenzato della Pavana, sopravvive ancora oggi in quello che viene definito "hesitation step" cioè il passo dell' esitazione usato a volte nei matrimoni durante l ingresso con la marcia nuziale.

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