IL LUNGO VIAGGIO VERSO LA LAGUNA


IL LUNGO VIAGGIO VERSO LA LAGUNA
di Gianni Cecchinato
Segheria di Venàgo, 1909: Giacomo Zangrando Jata, la moglie Irene Fop e la figlia Augusta


Le Menàdas
Dopo aver effettuato durante l'estate il taglio delle piante, scortecciate e segate in tronchi da 12 piedi veneti, avveniva l'operazione di avvio ai fiumi per la fluitazione alla laguna.
Prima della partenza tutto il legnami veniva numerato e marchiato con i segni dei commercianti di legname, e soprattutto per il fatto che strada facendo venivano contato per pagare i dazi d’entrata nei territori della Serenissima. Inoltre le tappe, fatte con il manarìn, servivano nelle segherie per riconoscere le partite da lavorare per proprietario.
 

1925: menadas sulla Piave
A febbraio si iniziava ad avviare i tronchi ai canaloni e ai canali d'avallamento naturali, chiamati ludali, livinali, borrali, giavate, roibe o risine terrene,
Queste ultime erano percorsi artificiali fatti di tronchi per portare a valle grandi quantità di taie dalle località prive di collegamenti. La sua costruzione richiedeva abilità e tecniche particolari, oggi perdute. A lavoro ultimato, la risina veniva mano a mano demolita, smontando i tronchi e facendoli scendere, partendo ovviamente dall'alto.
 
Risina lago di Alleghe
Risina di Taiada
Disegno di una risina tratto dal libro "Il Dizionario della gente di Lozzo" del prof. Elio Del Favero
 
Risina Val Visende

Molto spesso venivano usate slitte, guidate dall'uomo oppure trainate da cavalli o muli, per esboscare ed arrivare nei luoghi di inacquamento.
Con l'inizio dello scioglimento delle nevi e l'innalzamento dei livelli dei torrenti migliaia di tronchi venivano accatastati lungo la Piave ed i suoi affluenti (l'Ansiei, il Boite, il Cordevole, il Padola) pronti per iniziare la libera fluitazione fino alle segherie, qui potevano trovarsi accatastati addirittura 300.000 tronchi.


Cidolo a Perarolo, costruzione risalente al 1600 circa

Perarolo 1929 circa: cidolo lato a monte
 

I cidoli o cìdol venivano costruiti a monte di Perarolo (porto naturale del Cadore), uno sul Boite ed uno sulla Piave. Erano una chiusa artificiale ed avevano la funzione di fermare i tronchi lasciando passare l'acqua ed impedivano che una improvvisa piena li trascinasse via ed andassero persi. Fatti con robuste traverse di legno e con grossi pali verticali (bordonài), erano messi in funzione quando il livello dell'acqua saliva per le cosiddette menade e gli addetti alla loro apertura e alla fluitazione dei tronchi erano chiamati menadàs. Loro avevano il compito di organizzare e di guidare la caduta dei tronchi, allestire le zattere e guidarle fino alla laguna.
Da giugno a fine luglio i cidoli venivano aperti e i menàdas iniziavano il loro lavoro provvisti di un particolare arnese, chiamato anghiere (angér) e di scarponi muniti di ramponi di ferro (grif).
Gli zattieri provenivano in maggioranza da Codissago mentre i migliori menadàs provenivano quasi tutti da Caralte.
I cidoli erano soggetti a periodiche distruzioni a causa delle piene eccezionali. Con la costruzione, nell'immediato dopoguerra, delle dighe di Valle e Sottocastello furono demoliti e così scomparirono anche le figure degli zattieri e dei menadàs.

Le segherie e i segantini
Tra il XVIIº ed il XVIIIº Sec. nel tratto dei 20 km tra Faè di Longarone e Sacco di Perarolo c'erano ben 13 impianti: le segherie di Sacco del Bianchin, di Lazzaris di Ansogne, di Carolto, di Venago, di Rivalgo, di Candidopoli, di Termine, di Wiel (poi Malcolm dal 1880), di Rivalta, di Villanova e del Vajont.
Perarolo, Faè, Vajont, Rivalta, Roggia, Termine, Ospitale, Rivalgo, Rucorvo, Macchietto, Fontanella, Peron e Sacco erano tutte località sorte in funzione dell'attività delle segherie.
Ogni "segheria veneziana" funziona grazie ad una larga ruota idraulica "da sotto", cioè prende il flusso d'acqua da sopra, collegata direttamente al sistema biella e manovella e con il meccanismo d’avanzamento del carro alloggiato sotto il pavimento. 

Schema funzionamento di una segheria veneziana
Ruota da sotto
Era dotata di una rosta, cioè lo sbarramento che serviva ad innalzare il livello dell’acqua per farla entrare nelle canalette, dette arche, che portavano l’acqua alla ruota della sega con una quantità costante.
L'attività dei segantini, che lavoravano 24h su 24h con turni continui, era svolta con le seghe "alla veneziana", progettate (secondo la tradizione o la leggenda?) nel 1485 da Leonardo da Vinci , ma c'è chi afferma che qualche tipo similare esisteva già ancora prima dell’anno mille lungo la Piave.
La produttività giornaliera di una segheria poteva variare dal diametro dei tronchi; una molto efficiente tagliava circa 2 m cubi di legname in una giornata di 24 ore.

Segheria veneziana ancora in funzione in Val di Sole (TN)
Però la produttività di una segheria non veniva giudicavata in base alla cubatura, ma piuttosto in base al numero di tavole o ai metri lineari segati. Le segherie più veloci arrivavano a tagliare 70-80 tavole in dodici ore e tronchi fino ad una lunghezza di 5 metri, oltre questa misura, le travi venivano squadrate con le manera dal squarador.
Squarador all'opera con la sua manera
Il legname, una volta segato o squadrato o ridotto in tavolame, veniva accatastato a valle della segheria in depositi creati ai bordi di un bacino non molto profondo, el mol, dove gli zattieri lo assemblavano in zattere.
 
Gli Zattieri
Gli zattieri della Piave erano suddivisi in 5 Compagnie o Confraternite o fraglie (fratellanze): Codissago, da cui proveniva la maggioranza dei zatéri e da cui partivano le prime zattere, Ponte nelle Alpi, Borgo Piave, Nervesa, Ponte di Piave.



La loro giornata lavorativa cominciava con il ritrovarsi all'osteria del paese con la carta, corrispondente al documento di trasporto odierno, su cui era stato descritta la storia del legname che costituiva la zattera (dalla segheria a Codissago, incidenti e variazioni avvenute).


Immagini relative al 500esimo anniversario dello statuto degli Zattieri di Codissago


L'organizzazione delle zattere
Oltre alle zattere cadorine che percorrevano la Piave entrando in laguna all'altezza di Jesolo per poi essere trainate alle Zattere, non vanno dimenticate quelle che, già prima del 1200, scendevano l'Adige con il legname trentino per raggiungere Chioggia.
Nel 1223 quando caddero le limitazioni imposte dal Maggior Consiglio sull'importazione della legna dalle montagne bellunesi, la Piave divenne, proprio grazie alle zattere, la via più importante per lo sfruttamento del legname cadorino. All'apice della potenza di Venezia, tra il XVº ed il XVIº Sec., arrivavano in bacino S.Marco di media 3.000 zattere all'anno.
Le zattere constavano di più ordini di taglie, cioè tronchi di quattro-sei metri di lunghezza, legati tra loro e vincolati in più elementi articolati come dei vagoni di un treno.
La costruzione della zattera, detta in dialetto zata, avveniva usando le tavole di legname segato ed aveva le dimensioni di m. 21 x 4,20 circa. Quelle di maggiori dimensioni erano larghe fino a cinque metri e lunghe oltre venti, erano cioè composte da cinque elementi articolati; su quelli centrali venivano collocate merci (formaggi, canapa per tessere, macine di mulini, animali vivi e talvolta anche passeggeri).

L'ultima menada sull'Ansiei

 La “Menada Granda”, formata da 12 a 16 zattere unite insieme in un unico corteo lungo fino a 300 metri, durava circa quattro mesi: dall’inizio di aprile alla fine di luglio, passando di mano a Nervosa o Nervesa, Falzè e Ponte di Piave.
Raccontano di alcune “Zattere Longhe” che pesavano fino a 20 tonnellate, dette Raso o Ras ed erano costituite dagli alberi maestri per navi (potevano misurare fino a 35 m ciascuno). Era fatta da due alberi maestri che si ponevano all’esterno mentre all’interno venivano poste altre 16 antenne dalle misure inferiori per un totale di 18 alberi.
Con un raso riuscivano ad armare due galeoni e proprio per la particolarità del trasportato non c'era alcun carico supplementare.
Ogni Menada era in media composta da cinque zattere dette copule della lunghezza di m. 4,20 circa pari a 12 piedi veneti cad., quando il piede veneto era di m 0,348.
C'
erano poi altre tipologie di zattere:
Il raset costituito da due copule di antenne di lunghezza e spessori minori.
La barca costituita da. tre copule di travi da 7 metri
Il barcot de sbare costituita da due copule di travi di 10 m.
Il barcot da rai costituito da cinque copule di taglie da m. 4,20
Inoltre c'erano la troncona, il barcot de scors, la mandra de carbon, la faghera, la melosa delle quali non si hanno notizie sul come erano fatte.
Ogni zattera veniva governata con due remi davanti e due dietro. Nel settore anteriore a sinistra stava il Caporal de man a maestro che era il capo zattera e il Caporal de man a fant a destra. Dietro, in quello posteriore, ai remi c'erano i due codan.



Sopra tre immagini relative al 500esimo anniversario dello statuto degli Zattieri di Codissago

La Navigazione
Quella degli zattieri non era una vita certamente facile.
I tratti ritenuti i più pericolosi, dove succedevano spesso gli incidenti, erano quelli tra Perarolo e Codissago, alla curva e controcurva della Malatorta a monte di Codissago, alla stretta di Quero oppure sotto il Montello per le
croste (rocce) affioranti.
C'erano pure le secche che causavano gli arenamenti e per ripartire avevano inventato i
mantei, due travi munite di due tavole, poste a destra e a sinistra della parte posteriore per convogliare l'acqua verso la zattera e nel caso non fosse stato sufficiente na mettevano altri fino alla sua ripartenza.



[fine seconda parte]

informazioni e dati provenienti da ricerche sul web e dai siti:
http://archivioladin-venas.blogspot.it/2007/09/glossario-italiano-ladino-venas-c-d_10.html
http://arzana.org/arti-e-mestieri/zattieri/
http://www.museozattieri.it/Ita/Home/indexcf22.html?IDCanale=4
http://www.unionladina.it
utilizzato materiale dell'articolo "Il Bosco ed i lavori boschivi" di Da Pra Dante detto Falìse pubblicato sul numero di marzo2010 di Tetto&Pareti in Legno

 

 

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