DISCESA IN ZATTARA DA PERAROLO A BELLUNO





Discesa in Zattara da Perarolo a Belluno




Una breve anticipazione della storia sugli zattieri, sulle menàde, sul mondo di quei bellunesi che con il loro legname hanno garantito la potenza politica, economica e marinara per quasi 1000 anni della Serenissima sull'Adriatico e sul Mediterraneo orientale.


Un bellissimo racconto di Napoleone Cozzi del 1899 di una delle ultime menàde di quel secolo prima dello scoppio della I Grande Guerra
“…al luogo d’imbarco una brigata chiassosa di Zattèri allineavano le ultime travi, marcava le assi e assicurava cogli ultimi legacci le parti vitali del bizzarro veicolo che dovea portarci a Longarone. A Perarolo, il Piave non è più nella sua infanzia …si presenta qui nella sua virile fierezza … Il Padola, l’Ansiei, il Boite e cento altri affluenti minori vi hanno riversato il loro liquido tributo: la massa delle acque si urta con fracasso e si frange in candide spume … muovono le pale a una dozzina di seghe e molini, travolgono nella loro ridda impetuosa migliaia di tronchi trascinandoli via come un fuscello di paglia … a 12 chilometri all’ora, la superficie mobile di oltre 70 metri quadrati dell’ammasso galleggiante di due o trecento travi che costituisce ogni zattera ... Il comando secco del capo zattiere, il colpo di remo che ci dirige risolutamente nel mezzo del fiume, il coro dei saluti e degli auguri che si elevano dalla sponda, Perarolo che sparisce al primo svolto ... La zattera segue normalmente il tronco principale del fiume e serpeggia con esso a curve ora strette ora ampie, zitta e velocissima; passa sotto un masso fuori di piombo, guizza tra i fogliami, s’interna in una gola, esce libera in un largo bacino ... Passano casette rustiche isolate o a gruppi, molini, ponti, seghe; dalle valli secondarie affluenti d’ogni grandezza si uniscono al Piave, quali a cascatelle, quali con un ultimo salto, quali scendendo blandatamente dal loro candido letto di ghiaia …Non sempre si corre così tranquillamente: gl’incidenti abbondano ed offrono la nota seria od allegra, secondo la natura loro … Spesso, per evitare una rapida curva si sceglie un braccio di minor profondità: la zattera si trascina gravemente, stride sui ciotoli, è uno scompiglio, un finimondo per le povere viscere ... Talvolta, proprio quando sembra di veder chiaro per un lungo tratto di percorso, la faccia del capo zattera si rabbuia; i suoi cenni si fanno più decisi, più autorevoli, uno sprone di roccia è li minaccioso ad uno stretto svolto e non si può evitare. I colpi di remo si fanno più spessi, diventano febbrili, disperati; ma è vano, impotente ogni sforzo. Il pesante veicolo viene scaraventato contro, l’impeto lo rende indomabile; tutto dovrà sfasciarsi, convien pensare al salvataggio ... Ad un affanoso silenzio succede uno scricchiolio formidabile, poi una scossa potente, disastrosa, che tutto sconvolge, accavalla; sposta, sbalza, sommerge.
Il natante sembra squassato; il corretto rettangolo è diventato un goffo trapezoide. Lo sfregamento ha reso le parti esposte, smussato gli angoli; l’urto ha spezzato un remo, svelto uno scalmiere, reciso i legami a una decina di travi che vengono travolte dalla corrente e perdute, ma il resto è salvo; la meravigliosa costruzione ha resistito! … Più scabroso è l’affare, allorchè l’urto avviene in piena prora della zattera e ne tronca di botto la corsa violenta. Che lavorio allora per smuovere a grado a grado l’inerte massa, cui la rapidità della corrente tiene lì fissa, incastrata, nelle sinuosità rocciose dell’immane ostacolo! … Già ad una certa distanza, il corso del fiume sembra troncato da una diga che lo attraversa lasciando uno sbocco stretto oltre il quale l’enorme massa liquida precipita con fragore: le cascate. Avvicinandosi, si pensa, e si ha tutta la voglia di credere che certamente la zattera verrà trattenuta o sviata da chi sa che congegni, da chi sa quali provvidenziali circostanze. Corre invece sciolta ed ardita l’infamissima! È un’indegnità; deve essere una grossa una colossale celia o una pazzia senza nome; saranno matti i zattèri. Ormai non c’è scampo; ancora pochi momenti e saremo assorbiti, ingoiati. La velocità aumenta ancora, il rombo si fa sempre più assordante. Si vorrebbe coprire il viso colle mani, vien voglia di ribellarsi spiccando un salto disperato sulla ghiaia fuggente.

Ci siamo: I due provieri lasciano i remi, si curvano si afferrano alla corda, la prima parte della zattera cigola, si piega, precipita, dispare. Dietro a noi ritto, fiero, impassibile come il dio delle tempeste il capo zattera da col suo remo l’ultimo colpo direttivo, poi si abbassa, si assicura anche lui. Ecco l’attimo: numi dell’abisso! L’appoggio ci manca sotto; le dita si aggrappano alle travi, si aggrovigliano alle corde, ai legacci, quindi con un altissimo grido d’entusiasmo sprofondiamo, ebbri d’emozione, lambiti da un’onda di spuma, avvolti da un diluvio di spruzzi argentini… il viaggio non è terminato … Sulla sua ampia rotaia liquida, passerà altre chiuse, vedrà altre città, altre borgate, altre rive feconde; e correrà ancora ancora, sulle onde maestose dell’azzurro Piave dalle larghissime distese di ghiaia, via via, tra i fiordalisi; le biade, e gli sparsi casolari delle campagne solitarie; tra i filari di pioppi e le alte giunchiglie, laggiù nell’immensa pace delle sconfinate pianure venete.”


Materiale recuperato da
http://stedrs.blogspot.it/2016_08_01_archive.html?view=classic

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