IL DEBITO PUBBLICO E IL PAREGGIO DI BILANCIO DELLA SERENISSIMA
Mi è stato chiesto se lo stato veneto attuava una politica di debito nel bilancio. Ebbene, la risposta è no, l'amministrazione era ben attenta a non creare debito, tanto che anche le spese di mantenimento di un detenuto (anche il condannato al remo) venivano conteggiate ed addebidate al soggetto.Dalle spese mediche, al vestiario e al vitto, tutto era annotato.
I poveri ricoverati negli ospizi per quanto possibibile venivano avviati al lavoro, come pure gli orfani,tanto per fare un esempio.
Anche per l'amministrazione della giustizia, come accennavo sopra, oltre alla condanna si assommavano le spese del giudizio che se non venivano coperte venivano tramutate in altra pena da scontare.
Questo non significa che non funzionasse un welfare che garantiva aiuto ai bisognosi e alle classi più povere: ma veniva fatta una gran pressione morale in modo che le classi più abbienti, come anche le categorie delle arti e mestieri destinassero parte delle loro ricchezze nel soccorso ai bisognosi. Questo nello spirito cristiano di cui la società veneta era profondamente permeata. Tanto che i notai avevano per obbligo di ricordare ai testatari di destinare parte dell'eredità ai poveri.
Lo stato però controllava sia attraverso apposite magistrature, sia con l'elezione di singoli membri all'interno degli organi dirigenti di "scole" o confraternite.
Insomma l'attenzione ai bisogni del popolo era massima, ma si preferiva, fino a dove era possibile, incoraggiare la carità privata. Rimando a un bel saggio di Brian Pullan "La politica sociale della Serenissima nei secoli XVI e XVII " reperibile nelle biblioteche pubbliche del Veneto.
Capitava nei momenti di crisi come durante le guerre, che si creasse del debito, che si cercava di coprire con prestiti volontari o forzosi. Il "Banco di giro" emetteva dei titoli che il pubblico poteva o doveva sottoscvrivere.
Rimando anche a san marco e le carestie
I poveri ricoverati negli ospizi per quanto possibibile venivano avviati al lavoro, come pure gli orfani,tanto per fare un esempio.
Anche per l'amministrazione della giustizia, come accennavo sopra, oltre alla condanna si assommavano le spese del giudizio che se non venivano coperte venivano tramutate in altra pena da scontare.
Questo non significa che non funzionasse un welfare che garantiva aiuto ai bisognosi e alle classi più povere: ma veniva fatta una gran pressione morale in modo che le classi più abbienti, come anche le categorie delle arti e mestieri destinassero parte delle loro ricchezze nel soccorso ai bisognosi. Questo nello spirito cristiano di cui la società veneta era profondamente permeata. Tanto che i notai avevano per obbligo di ricordare ai testatari di destinare parte dell'eredità ai poveri.
Lo stato però controllava sia attraverso apposite magistrature, sia con l'elezione di singoli membri all'interno degli organi dirigenti di "scole" o confraternite.
Insomma l'attenzione ai bisogni del popolo era massima, ma si preferiva, fino a dove era possibile, incoraggiare la carità privata. Rimando a un bel saggio di Brian Pullan "La politica sociale della Serenissima nei secoli XVI e XVII " reperibile nelle biblioteche pubbliche del Veneto.
Capitava nei momenti di crisi come durante le guerre, che si creasse del debito, che si cercava di coprire con prestiti volontari o forzosi. Il "Banco di giro" emetteva dei titoli che il pubblico poteva o doveva sottoscvrivere.
Rimando anche a san marco e le carestie
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