I BRIGANTI VENETI E LA FORCA AUSTRIACA. La commissione d'Este.



Poco se ne parla, anche se di recente è uscito un libro sull'argomento, ma anche il Veneto (la Venetia) ha prodotto i suoi briganti. Questo avvenne a causa di una mutazione nel campo agricolo industriale, per cui le vecchie maniere di sfruttare le risorse della fertile campagna veneta cambiarono del tutto.
Ai vecchi proprietari fondiari veneziani (la classe nobile) si sostituì una classe imprenditoriale molto più rapace che seguendo lo spirito capitalista moderno dedito solo al profitto, senza alcuna sensibilità per il bene comune,  si impadronì anche delle terre che erano destinate all'uso dei braccianti e dei poveri dei paesi. Terre magari incolte, in cui il povero poteva pascolare il suo bestiame, cacciare e raccogliere legna e fieno.
Ciò alimentò risentimenti e disperazione che si accentuò ancora di più con l'avvento del Regno d'Italia e la sua tassazione soffocante. La tassa sul macinato fu una molla ulteriore che fece apparire i nuovi padroni addirittura peggiori dei gendarmi imperiali.
Riporto qua un brano di Alvise Zorzi che descrive la terribile repressione attuata dall'Austria, con fucilazioni e capestri nella bassa padovana dove il ribellismo e il banditismo avevano preso maggiormente piede.


"La  Commissione d'Este, la chiamavano, perché Este era la sua sede principale: a nominarla, ancora una settantina di anni fa, sbiancavano in viso, tra gli Euganei e la Bassa.
Come sempre, gli austriaci facevano sul serio.
Il 17 aprile 1851, Rovigo: diciasette giudicati, ventitre fucilati.
Este, 18 agosto 1852: diciotto fucilati su ventitre imputati.
Este, 12 giugno 1853: diciannove fucilati su trentacinque imputati.
In tutto, 1144 sentenze di morte, delle quali 409 eseguite e 735 commutate nnei lavori forzati o nel carcere duro in ferri.
Non erano esecuzioni somarie, il processo, benché breve, era rigoroso, l'istruzione era affidata a un magistrato italiano, il dottor  Chimelli, la cui scrupolosità ed equità non saranno mai messe in dubbio (morirà nel 1890 Consigliere di Corte d'appello nel regno d'Italia).
Ai primi del '900 c'era ancora chi ricordava il sinistro apparato che nel gergo burocratico austriaco era definito "giudizio statario".
Una colonna di soldati si fermava in mezzo al borgo, dietro la colonna marciavano gli imputati incatenati seguiti da carri carichi di casse da morto. La commissione si insediava nel palazzo più in vista (e il notabile che cercava di sottrarsi trovava le porte sfondate) e procedeva al giudizio, seguito in tutte le regole e con la massima celerità; le sentenze venivano eseguite a tambur battente., nello spazio di mezzora.
Ecco la testimonianza di Vincenzo Bellondi, testimone ocularee pronipote di un condannato: "Un comando fece subito partire la colonna di soldati con cinque condannati in mezzo, dinanzi era il carro con cinque casse da morto, i tamburi scordati accompagnavano il cammino, ed arrivati ad un prato piantato di gelsi, entrarono: in quel punto furono messe in fila le cinque casse e vicino ad ogni cassa fu condotto uno dei condannati" Un soldato bendò loro gli occhi, un frate li fece inginocchiare e come si avvicinò il plotone di esecuzione si allontanò gridando "Gesù Giuseppe Maria!", " i cinque caddero e il sanque spicciò; tosto un medico militare visitò i cinque per vedere se erano morti; ne trovò uno che non era spirato, accennò a un caporale,  questi sparò al morente, che, per il colpo, fece un guizzo come un pesce sull'erba".

ALTRO ARTICOLO che tratta l'argomento: https://dalvenetoalmondoblog.blogspot.it/2017/09/i-banditi-del-veneto-storia-di-una.html


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