1940 A SOAVE RITORNA IL GONFALONE CON CERIMONIA SPLENDIDA. PERCHE'?

Chi vi ha preparato l'articolo, non ha alcun rimpianto per il fascismo, sia chiaro, ma almeno Mussolini non rinnegò la Storia d'Italia e del Leone marciano. Certamente quello del dittatore fu un uso strumentale del Leone, il Veneto Governo era anni luce distante dall'idrolatria dello stato accentratore e uniformante, negatore delle diversità di etnia e delle Piccole Patrie,  come tutti vari -ismi del 900, ma l'articolo ha un valore storico, e come tale va riproposto e letto. 
A strumentalizzare il nostro Leone, iniziò per primo il Vate, D'Annunzio, dipingendo sulle carlinghe degli aeroplani il simbolo dei Veneti (e del Commonwealth veneziano). 
Il simbolo era ancora carico di un valore enorme, rimpianto sulla costa dalmatina per cui giocando quella carta, l'Italia pensò di legittimarsi come erede di Venezia coprendo la sua politica espansionista verso terre che non le erano mai appartenute. La persecuzione della minoranza slavofona, l'imposizione dell'italiano come lingua unica, svelò il vero volto del nazionalismo itaiano, contrapposto del resto a quello slavo. E la  convivenza pacifica finì con le conseguenze che sappiamo.
Il meraviglioso Leone di Traù ne fece le spese, distrutto da nazionalisti titini. Che tristezza...

SOAVE 26 maggio 1940 torna a sventolare la bandiera di San Marco
Gli antefatti:


...Infatti, nell’ottobre 1797, col trattato di Campoformio, Venezia, tradita da Napoleone, venne ceduta all’Austria. Firmati i preliminari di pace a Lèoben nella Stiria, fra l’Arciduca Cario d’Austria - Ungheria e Napoleone Bonaparte, venne abolito il dominio veneto; di conseguenza, smantellate le sue insegne, ed atterrati ovunque i Leoni di S. Marco. Ne subì l’identica sorte anche Soave.

È ancor viva la tradizione del fatto: un generale francese voleva punire il paese, colpevole solo di essere stato fra gli ultimi ad abbassare le insegne di S. Marco. Le Autorità del paese, con a capo l’Arciprete del luogo Don Bartolomeo Perazzini, seppero ottenere un’indulgente transazione; salvando in tal modo il popolo soavese da qualche grave conseguenza. E senz’altro venne abbattuta la superba antenna.

Cosi solo il nome della piccola Piazza ricorda il luogo, dove un giorno sorgeva il segno sacro di una gloria antica di Soave.

Da quell’epoca triste trascorse un lungo periodo di tempo. L’anno 1906, il Sindaco d’allora Antonio Castagnedi, assecondando l’unanime desiderio del popolo, lavora indefessamente per far rivivere la storica tradizione, e ricollocare le vecchie insegne di Venezia dinanzi alla Casa del Comune. Circostanze imprevedute fanno tramontare il nobile e patriottico proposito.

Passano gli anni.

Un’era novella si schiude in Italia coIl’avvento del Fascismo. Si plasmano gli spiriti al puro ideale di Patria; si temprano le volontà al severo compimento del dovere; si eleva all’apice della magnificenza la nuova Italia. È l’opera grandiosamente costruttiva del Duce, Fondatore dell’Impero.

Soave si scuote al fatidico impulso. Il ricordo delle sue antiche tradizioni sta ancor scolpito nel suo cuore, ed oggi reclama le vecchie insegne della Serenissima rifulgenti al sole: segnacolo indistruttibile della sua piccola pagina d’eroismo, scritta tra i fasti memorandi della Veneta Repubblica.

Si forma all’uopo una commissione: il Podestà Aldo De Vido, il Vice Podestà Enrico Perezzan, il Segretario Politico Giuseppe Ruffo, il Sac. Silvio Grigolini e Adolfo Mattieli; la quale si mette subito all’opra con vero fervore, essendo il fatto non solo favorito ma entusiasticamente approvato «dal Regio Prefetto di Verona, S. E. Guido Letta.

Il giorno 14 dicembre 1939, la commissione, munita dei necessari documenti, si porta presso la sede municipale del Comune di Venezia.

Accolta con signorile e squisita cortesia dal Podestà della città. Conte Giovanni Marcello - la cui patrizia Famiglia diede a Soave il Capitano Conte Sebastiano Marcello l’anno 1534 - espone la ragione del convegno: l’erezione dell’antenna collo stendardo di S. Marco in Soave; privilegio già concesso dalla Repubblica Veneta fin dall’anno 1517, miseramente distrutti da soldati francesi nel 1797, e non più ricollocati al posto assegnato.

Viene presentata una relazione storica; si esaminano i rispettivi documenti, e si redige copia degli stessi. Seguita un’ampia e cameratesca discussione sull’argomento, il Podestà della Serenissima compie un altissimo gesto, cònsono alla vecchia tradizione: Venezia offre alla storica e fedele Soave l’Antenna e lo Stendardo di S. Marco.

La cittadinanza soavese ne esulta ed invia al Primo Magistrato di Venezia il gioioso suo plauso, la sua riconoscenza imperitura. Ne sarà orgogliosa di poter esternare questi suoi sentimenti il giorno, in cui, alle brezze primaverili di quest’anno 1940 XVIII, il Leone alato di S. Marco sventolerà dal1’ alto della sua antenna qui nella sua omonima piazza; e, portati sull’ali dei venti, manderà ai gloriosi Leoni di Piazza S. Marco il grido festoso ed il saluto fraterno della patriottica Soave.

Era vecchia consuetudine, che il pilo, su cui poggia l’antenna, fosse fornito dalle pregiate cave di marmo di Chiampo. Ora il ispettivo proprietario Conte Gaetano Marzotto di Valdagno volle seguire l’antica tradizione, donando al paese il grosso blocco di pietra, che dovrà servire all’uopo.

Soave tributa all’illustre donatore tutta l’espressione del suo animo grato per quest’atto quanto generoso altrettanto significativo.

Lo Stendardo di S. Marco, drappo in seta cremisi, finemente lavorato, da issarsi sull’antenna, ha le dimensioni di 4x9.

Porta sul centro il Leone alato di S. Marco; a fianco, le imagini di S. Lorenzo e di S. Giovanni Battista, comprotettori di Soave.

L’Antenna, sull’apice della quale sta infissa una sfera a cerchi intrecciantisi, è alta 50 piedi, 18 m. Poggia su un Pilo dell’altezza di m. 1,60 a fior terra, incorniciato da due scalini.

Sul frontespizio sono scolpiti, sopra, lo stemma di Venezia, sotto, lo stemma di Soave.

Sui due spazi laterali le seguenti iscrizioni:

EX SUMMA SUAPII FIDE
S. MARCI VEXILLUM
VENETIARUM GRATA VOLUNTATE
ERECTUM
A. D. MDXVII
CXLIII ANNIS
POSTQUAM DEIECTUM ERAT
S. MARCI VEXILLUM
VENETIARUM
PRAECLARUM DOMUM
ITERUM CONSURGIT
VII KAL. IUN. MCMXL
A. XVIII
A FASCIBUS RESTITUTIS.

Il sacro Emblema s’innalza ardito nella piazzetta omonima dinanzi al Palazzo di Giustizia, pur un tempo, residenza del Comune.

Ai Soavesi l’imperioso dovere di provvide cure, onde, per l’avvenire, brilli intatto, saldo, indistruttibile, questo propugnacolo imperituro d’una antica gloria di Soave.

Soave 26 maggio 1940 VIII°






L'articolo è di Don Silvio Grigolini

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