L'IDENTITA' DEI VENETI, UN PERCORSO LUNGO TRE MILLENNI

SALA DEL GRAN CONSIGLIO VENEZIA
IDENTITA’ VENETA
Di cosa è fatta l’identità di un popolo? di molte cose, che si riassumono in una visione comune del mondo, con questa visione si affrontano i problemi del vivere, e si progetta il futuro, guardando sempre di non tradire il passato. E noi Veneti, di passato ne abbiamo tanto, da far impallidire persino la lunga storia di Nazioni molto importanti e grandi, quali la Francia e l’Inghilterra, ad esempio.
Non è una vanteria sciocca, la nostra. Di Veneti si parlava più di tremila anni orsono, dei Veneti del nord est dell’Italia, almeno, perché bisognerebbe considerare anche i Veneti di varie parti dell’Europa e gli ‘Eneti’ del Medio Oriente che allevavano ‘bianche mule selvagge’, descritti da Omero come alleati valorosi dei troiani. 
Ai Veneti antichi non piaceva la guerra: non guerreggiavano come i Celti, per vivere di saccheggio e di bottini. Ai Veneti piaceva la pace, ma si difendevano valorosamente se attaccati. Sconfissero pure i temibili spartani, che risalirono la Brenta con delle navi i cui rostri ancora si vedevano esposti, ci racconta Tito Livio, nel tempio di Giunone (in epoca romana, probabilmente prima era dedicato alla Dea Reitia) a Padova, come prede di guerra. Gente pacifica, ma determinata a difendere la libertà. Salvarono addirittura la Roma dei re, quando Brenno, re dei Galli (Celti) la invase, invadendo a loro volta il territorio dei celti e costringendoli a una precipitosa retromarcia dal Lazio.
PALAZZO DELLA  RAGIONE, PADOVA
Di loro, e delle loro misteriose origini ne parlano gli storici romani e greci: e ne delineano delle caratteristiche che ancor oggi troviamo ben vive.
Gente valorosa in guerra (penso ai nostri alpini nei due grandi conflitti), con uno spiccato senso religioso, (non dimentichiamo che questa terra era definita, fino a pochi decenni or sono, la Vandea italiana), e infatti i culti degli dei del tempo erano molto praticati.
Gente laboriosa, perché secondo Polibio, solo da Padova, specializzata nel tessile, partivano carovane enormi cariche di stoffe dirette al mercato di Roma lavorate dai nostri avi. Era una società priva di re, ma governata da principi che presiedevano assemblee popolari sotto l'ombra del tiglio sacro, divise nelle classi sociali di allora. Tutta questa eredità non sparì con la romanizzazione, come ci vuol far credere la premiata ditta Angela, ma proprio grazie ad essa, poiché godevamo di ampia autonomia municipale in quanto antichi alleati, attraversò i secoli fino a essere raccolta dalla Repubblica di Venezia che riunificò quello che ancora era considerato un territorio con una identità comune e forte: la X Regio Venetia et Histria.
Palazzo della Ragione, Vicenza
Quindi, Venezia e il suo stato non nacquero dal nulla, riprendevano il cammino comune ai Veneti, ma nello stesso tempo, Venezia diventava un simbolo di valori universali, che potevano essere condivisi da altre Nazioni. In questa universalità condivisa, basata su principi cristiani (allora era così, piaccia o meno) ogni popolo, (veneto vero e proprio o di altra etnia) era “veneto” nel senso più alto del termine. 
Dominium Venetum conservat Republica, Religione, Lege, Iustitia, Subditos, Charitate, Amore, Pietate. Cosa significa, questo “latinorum” astruso? semplicemente che la Repubblica conserva il suo stato (Dominium) attraverso la Legge (non quindi l’arbitrio del Despota), la Religione, che garantiva la giustezza delle leggi ispirate a principi naturali, e la Giustizia, che era tenuta ad applicare le leggi di derivazione cristiana, mentre i suoi cittadini erano ‘conservati’ con Carità, Amore, Pietà. 
Tutte virtù del Buon Governo come lo si intendeva allora, e come non lo si intende più oggi. Pare che l’amore, la pietà e la carità dello stato verso i cittadini, sia una anacronismo. Esistono solo ‘diritti’ TEORICI e carte costituzionali, ma manca l’amore di fondo, in una civiltà basata sull’egoismo.
palazzo della Ragione Verona
E’ a questa universalità di valori, a parer mio, a cui il movimento indipendentista dovrebbe far riferimento, non all’identità artificiosa su cui invece da Napoleone in poi, si sono fondati gli stati moderni. Non una Patria monoblocco, dunque, ma una rinata Patria Veneta che comprenda tante piccole Patrie, con tante storie diverse, unite dal passato percorso comune, sotto il segno universale del Leone marciano che difendeva le diversità, fino a rinunciare ad imporre una lingua unica. Così ogni città diventava una piccola Nazione a sè bastante, non omologata a forza, gelosa delle sue peculiarità ma pronta a morire, come accadde in tanti secoli, fini a quel tragico 1797, per difendere “San Marco benedetto” che garantiva le libertà di tutti.
cappella dei Notai, palazzo della Ragione, Vr

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