LA VITA QUOTIDIANA DEI CARCERATI, FUORI DALLA LEGGENDA NERA

le Carceri Nuove a Venezia
 a Dopo la caduta dello stato veneto, fiumi di inchiostro concorsero a descrivere un sistema giudiziario inumano ad opera delle correnti di pensiero che erano state le artefici sua distruzione. 
Da qui commedie e drammi sul "povero fornareto" probabilmente mai esistito, e sui prigionieri sepolti vivi nei Piombi. Senza che quasi nessuno sappia ancor oggi, che le celle in fondo ai Piombi erano riservate a pochissimi detenuti, colpevoli di crimini gravissimi contro lo stato.
La vita quotidiana era ben diversa: ecco qualche passo tratto da un magnifico saggio di Giovanni Scarabello che ci riporta alla realtà del tempo:
Il ritmo dilatato delle stagioni e delle ricorrenze religiose è una regola. così verso Pasqua si dà il bianco di calce alla prigione e si fanno "incolorir" gli armadi e i cavalletti per i giacigli. -straordinariamente si cambiano gli assi di legno dei letti, "vecchi e piene di cimici". 
Durante il giorno si accudisce alla propria persona: lavarsi, tenere in ordine la barba, provvedere ai propri abiti. Ad ore fisse, al mattino e alla sera, passano i guardiani a "far le cerche": guardano, contano, battono i ferri. Tra le due cerche viene qualche carcerato in visita da un'altra prigione, per parlare, vedere.
I libadori (inservienti) rifanno i letti, portano via i vasi, ricostruiscono la scorta d'acqua. Ad ore fisse riportano il pane, il vino. Si cucina: da soli o in compagnia. C'è chi, attestata la sua povertà, ha ottenuto il pane gratuito dal "principe", qualche soldo giornaliero per comprarsi di che vivere, la razione di vino che in tempi lontani un testatore ha lasciato, le minestre distribuite due volte la settimana dalla Fraterna di San Bartolomeo. 
Si può comprare vino e tabacco dai "fratelli" che hanno la privativa di vendita. Si gioca: ci sono dei limiti,è vero, riguardo all'orario, ma pagando una libbra di olio e a patto di non disturbare chi dorme, si può giocare anche durante la notte. (Raccomandazioni e minacce di trasferimento a carceri diversi nel corso del '700 dimostrano che spesso il gioco trascendeva e causava perturbazioni nel microcosmo carcerario).
Qualcuno lavora, piccoli lavori di carcerati, qualcosa di simile alla fabbricazione "di quegli istrumenti lignei detti -curadenti-  di cui parla un frate, all'inizio del Cinquecento, in una lettera dal carcere in cui era ristretto. O altre cose ordinarie, che poi vengono vendute.
In fondo a un andito del carcere "La Giustiniana" c'è un pergoletto. Montando su uno "scagno" da questo pergoletto si può parlare con chi sta fuori, all'esterno della prigione. Quotidianamente è un andirivieni di parenti, amici, donne soprattutto. E una delle prime regolamentazioni di tale prigione riguarda proprio i criteri con sui organizzare l'accesso al pergolo. "trovandose a caso qualche carcerato nel pergoletto che parlasse con qualche donna pubblica e nellos tesso tempo capitasse la moglie ossia la parente di qualche altro carcerato" il primo dovrà dar precedenza al secondo.
Chicca finale, segnalatami da Alberto Durer Brachetti: ,in calle degli Albanesi confina l'enorme muro delle carceri ad un certo punto in una pietra di marmo ci sono due fori,uno piccolo in basso e uno più grosso in alto " altezza orecchio-bocca " era ( il telefono ) con il quale i parenti ed amici potevano comunicare con i detenuti ,dall'esterno.

Credo basti a darvi un'idea della mitezza delle condizioni carcerarie nello stato veneto,  ma vi inviterei a cercare il saggio in qualche biblioteca pubblica. 
tratto da: La condizione carceraria di Giovanni Scarabello nella raccolta di saggi di Gaetano Cozzi Stato, Giustizia, Società nella Rep. Veneta ed. Jouvence. 

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