L'ANNESSIONE DELLA VENEZIA, IL CONTESTO STORICO E IL DOCUMENTARIO
Le presenti note vogliono tratteggiare il contesto storico in cui avvenne l’annessione delle Venezie al Regno d’Italia tramite alcuni giudizi e citazioni di grandi personaggi di quel tempo.
Sono concetti che richiamano la quotidiana esperienza che tutti abbiamo dello Stato italiano, perciò rappresentano una lettura inedita della realtà che parte dalle sue cause più remote.
In una lettera al Re del 14 dicembre 1860, il Capo del governo piemontese, Camillo Benso Conte di Cavour, scrisse:
“Ora che la fusione delle varie parti della Penisola è compiuta mi lascerei ammazzare dieci volte prima di consentire a che si sciogliesse. Ma, anziché lasciare ammazzare me, proverei ad ammazzare gli altri, non si perda tempo a far prigionieri”.
Detto, fatto. La politica dà gli ordini, poi l’esercito esegue. Lo scrittore cattolico Vittorio Messori ha pubblicato le cifre che ilgenerale Cialdini trasmise al governo nel 1861, nei termini che seguono.
Scrive Messori: “… citavo dal mio libro, “La sfida della Fede”, le cifre fornite nel 1861 dallo stesso generale Enrico Cialdini, che era plenipotenziario a Napoli del re Vittorio Emanuele II.
In quel suo rapporto ufficiale sulla cosiddetta “guerra al brigantaggio”, Cialdini dava queste cifre per i primi mesi e per il solo Napoletano:
8.968 persone fucilate, tra i quali 64 preti e 22 frati (quindi, delle migliaia di fucilati, un centinaio di vittime erano religiosi che difendevano il popolo) - 10.604 feriti - 7.112 prigionieri - 918 case bruciate - 6 paesi interamente arsi - 2.905 famiglie perquisite -12 chiese saccheggiate - 13.629 deportati - 1.428 comuni posti in stato d’assedio”.
Così Cialdini celebrava le vittorie dell’esercito italiano nella guerra ingaggiata contro le genti meridionali dell’ex Regno delle Due Sicilie. Una guerra che poi durò una decina d’anni, combattuta in diverse forme contro gli sventurati capitati sotto il dominio del governo italiano.
Luigi Settembrini, frammassone napoletano ostile alla dinastia dei Borbone, scrisse così nelle sue “Rimembranze” intorno al 1870: “La colpa fu di Ferdinando II di Borbone, il quale, se avesse fatto impiccare me ed i miei amici, avrebbe risparmiato al Mezzogiorno ed alla Sicilia tante incommensurabili sventure. Egli fu clemente e noi facemmo il peggio che potemmo”. Questa bella gente è stata ascritta alla storia ufficiale come “patrioti italiani”.
Antonio Gramsci, intellettuale sardo, scrisse nel 1920 sul suo giornale L’Ordine Nuovo: "Lo stato italiano è stato una dittatura feroce, che ha messo a ferro e fuoco l‘Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri, che scrittori salariati poi tentarono di infamare col marchio di briganti". Dunque, il padre del Partito Comunista in Italia ha definito questo stato “una dittatura feroce”; prendano nota gli epigoni della cosiddetta sinistra!
Vedrete nel nostro documentario che il trattamento riservato ai Veneti nell’Italia unita non fu meno feroce: mutò solo il metodo di sottomissione e sterminio: non manu militari, ma per via amministrativa, depredando la popolazione, facendo collassare l’economia e deportando milioni di Veneti fuori dalla loro terra.
Dobbiamo chiederci: “come mai nessuno in Italia conosce la storia, mentre tutti conoscono solo leggende risorgimentali?”
Denis Mack Smith, la massima autorità in questo campo, nel 1998 ha pubblicato un libro che tutti dovrebbero leggere, dal titolo: “La storia manipolata”. Non parlava di generici problemi storiografici, ma dell’opera orwelliana di alterazione postuma operata su tutta la documentazione ufficiale del Regno d’Italia. La gran parte dei documenti governativi sono stati sottratti o riprodotti in copie non autentiche, al punto che persino il ministero degli esteri non disponeva nei suoi uffici dei trattati internazionali che vincolavano l’Italia con gli Stati esteri, come accadde allo scoppio della 1^ guerra mondiale.
Così si esprime l’eminente storico inglese: “I documenti diplomatici italiani stampati dopo il 1950 in più di 50 volumi hanno contribuito enormemente alla nostra conoscenza della politica estera, però contengono importanti dispacci spediti ai curatori della raccolta dagli archivi privati di casa Savoia, e fintantoché gli originali restano segreti non c’è alcuna possibilità per gli studiosi di fare controlli”.
È incredibile: neppure la deposizione della Casa regnante ha permesso di far rientrare la documentazione ufficiale di Stato, che i Savoia monopolizzano da oltre un secolo!
Continua Mack Smith: “Oltre mezzo secolo dopo l’abolizione della Monarchia, gli archivi della famiglia Savoia sono ancora oggi avvolti nel mistero, e in questo caso l’ex re Umberto non ha nemmeno mai dato segno di avere ricevuto le mie ripetute lettere con richieste di informazioni”. Insomma, dopo aver rubato la Terra di San Marco, è il caso di dire che i Savoia hanno sequestrato la storia!
Il giudizio complessivo sul senso dello stato italiano nella storia lo dà, però, il grande drammaturgo russo, Fëdor Dostoevskij, che afferma: «l’Italia è un piccolo regno unito di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore universale, cedendola al più logoro principio borghese - la trentesima ripetizione di questo principio dal tempo della prima rivoluzione francese [nel 1789], unregno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unità mondiale che rappresentava una volta) e per di più pieno di debiti non pagati...».
Oltre che mediocre, un regno pure ladro, insomma... L’appunto è contenuto nel Diario di Dostoevskij nell’anno di Grazia 1877, all’indomani dell’annessione delle Venezie e dello Stato della Chiesa, che agli occhi dello scrittore russo erano portatrici dell’idea universale di Civiltà Cristiana. Invece, lo stato italiano è visto nella sua dimensione sciovinista e demolitrice di quell’idea di Cristianità.
E concludiamo. Così parlarono i più grandi personaggi della storia. Qua non si tratta di revisioni storiche, ma di studiare la storia fuori dalle mistificazioni.
Lo stato italiano, cosiddetto, ha impedito che divenissero di pubblico dominio le circostanze che condussero i popoli della Penisola a dipendere dalla casa regnante più screditata d’Europa.
Infatti, è proprio conoscendo queste circostanze che si comprendono le difficili condizioni di vita attuali dei popoli in Italia, dovute all’assenza di una classe dirigente, surrogata da una casta romana corrotta e prevaricatrice, capace solo di sottrarre risorse e rovinare la gente.
Questi popoli non hanno modo di opporsi, perciò subiscono un’oppressione che è prima di tutto ideologica, dato che questo Stato è nato nel 1861 con il codice genetico di un regime totalitario, anche se si finge “democratico” sventolando carte costituzionali.
Ma oggi, la verità la si può conoscere: quindi, questa coltre di bugie che offusca le nostre menti diviene una responsabilità per ciascuno di noi Veneti.
Prendete una copia ciascuno di questo documentario.
Usatela come un’arma, la vera arma contro il nemico che ci opprime da 150 anni, l’unica arma efficace per conquistare un futuro dignitoso per noi e per i nostri figli.
Ciò potrà avvenire solo se ci riappropriamo della Sovranità, che per noi è un diritto, ma anche un dovere.
Noi Veneti siamo una Nazione, la Veneta Nazione, e dobbiamo governarci da soli, come è stato per secoli e secoli.
Edoardo Rubini
Sono concetti che richiamano la quotidiana esperienza che tutti abbiamo dello Stato italiano, perciò rappresentano una lettura inedita della realtà che parte dalle sue cause più remote.
In una lettera al Re del 14 dicembre 1860, il Capo del governo piemontese, Camillo Benso Conte di Cavour, scrisse:
“Ora che la fusione delle varie parti della Penisola è compiuta mi lascerei ammazzare dieci volte prima di consentire a che si sciogliesse. Ma, anziché lasciare ammazzare me, proverei ad ammazzare gli altri, non si perda tempo a far prigionieri”.
Detto, fatto. La politica dà gli ordini, poi l’esercito esegue. Lo scrittore cattolico Vittorio Messori ha pubblicato le cifre che ilgenerale Cialdini trasmise al governo nel 1861, nei termini che seguono.
Scrive Messori: “… citavo dal mio libro, “La sfida della Fede”, le cifre fornite nel 1861 dallo stesso generale Enrico Cialdini, che era plenipotenziario a Napoli del re Vittorio Emanuele II.
In quel suo rapporto ufficiale sulla cosiddetta “guerra al brigantaggio”, Cialdini dava queste cifre per i primi mesi e per il solo Napoletano:
8.968 persone fucilate, tra i quali 64 preti e 22 frati (quindi, delle migliaia di fucilati, un centinaio di vittime erano religiosi che difendevano il popolo) - 10.604 feriti - 7.112 prigionieri - 918 case bruciate - 6 paesi interamente arsi - 2.905 famiglie perquisite -12 chiese saccheggiate - 13.629 deportati - 1.428 comuni posti in stato d’assedio”.
Così Cialdini celebrava le vittorie dell’esercito italiano nella guerra ingaggiata contro le genti meridionali dell’ex Regno delle Due Sicilie. Una guerra che poi durò una decina d’anni, combattuta in diverse forme contro gli sventurati capitati sotto il dominio del governo italiano.
Luigi Settembrini, frammassone napoletano ostile alla dinastia dei Borbone, scrisse così nelle sue “Rimembranze” intorno al 1870: “La colpa fu di Ferdinando II di Borbone, il quale, se avesse fatto impiccare me ed i miei amici, avrebbe risparmiato al Mezzogiorno ed alla Sicilia tante incommensurabili sventure. Egli fu clemente e noi facemmo il peggio che potemmo”. Questa bella gente è stata ascritta alla storia ufficiale come “patrioti italiani”.
Antonio Gramsci, intellettuale sardo, scrisse nel 1920 sul suo giornale L’Ordine Nuovo: "Lo stato italiano è stato una dittatura feroce, che ha messo a ferro e fuoco l‘Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri, che scrittori salariati poi tentarono di infamare col marchio di briganti". Dunque, il padre del Partito Comunista in Italia ha definito questo stato “una dittatura feroce”; prendano nota gli epigoni della cosiddetta sinistra!
Vedrete nel nostro documentario che il trattamento riservato ai Veneti nell’Italia unita non fu meno feroce: mutò solo il metodo di sottomissione e sterminio: non manu militari, ma per via amministrativa, depredando la popolazione, facendo collassare l’economia e deportando milioni di Veneti fuori dalla loro terra.
Dobbiamo chiederci: “come mai nessuno in Italia conosce la storia, mentre tutti conoscono solo leggende risorgimentali?”
Denis Mack Smith, la massima autorità in questo campo, nel 1998 ha pubblicato un libro che tutti dovrebbero leggere, dal titolo: “La storia manipolata”. Non parlava di generici problemi storiografici, ma dell’opera orwelliana di alterazione postuma operata su tutta la documentazione ufficiale del Regno d’Italia. La gran parte dei documenti governativi sono stati sottratti o riprodotti in copie non autentiche, al punto che persino il ministero degli esteri non disponeva nei suoi uffici dei trattati internazionali che vincolavano l’Italia con gli Stati esteri, come accadde allo scoppio della 1^ guerra mondiale.
Così si esprime l’eminente storico inglese: “I documenti diplomatici italiani stampati dopo il 1950 in più di 50 volumi hanno contribuito enormemente alla nostra conoscenza della politica estera, però contengono importanti dispacci spediti ai curatori della raccolta dagli archivi privati di casa Savoia, e fintantoché gli originali restano segreti non c’è alcuna possibilità per gli studiosi di fare controlli”.
È incredibile: neppure la deposizione della Casa regnante ha permesso di far rientrare la documentazione ufficiale di Stato, che i Savoia monopolizzano da oltre un secolo!
Continua Mack Smith: “Oltre mezzo secolo dopo l’abolizione della Monarchia, gli archivi della famiglia Savoia sono ancora oggi avvolti nel mistero, e in questo caso l’ex re Umberto non ha nemmeno mai dato segno di avere ricevuto le mie ripetute lettere con richieste di informazioni”. Insomma, dopo aver rubato la Terra di San Marco, è il caso di dire che i Savoia hanno sequestrato la storia!
Il giudizio complessivo sul senso dello stato italiano nella storia lo dà, però, il grande drammaturgo russo, Fëdor Dostoevskij, che afferma: «l’Italia è un piccolo regno unito di second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore universale, cedendola al più logoro principio borghese - la trentesima ripetizione di questo principio dal tempo della prima rivoluzione francese [nel 1789], unregno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale (cioè non l’unità mondiale che rappresentava una volta) e per di più pieno di debiti non pagati...».
Oltre che mediocre, un regno pure ladro, insomma... L’appunto è contenuto nel Diario di Dostoevskij nell’anno di Grazia 1877, all’indomani dell’annessione delle Venezie e dello Stato della Chiesa, che agli occhi dello scrittore russo erano portatrici dell’idea universale di Civiltà Cristiana. Invece, lo stato italiano è visto nella sua dimensione sciovinista e demolitrice di quell’idea di Cristianità.
E concludiamo. Così parlarono i più grandi personaggi della storia. Qua non si tratta di revisioni storiche, ma di studiare la storia fuori dalle mistificazioni.
Lo stato italiano, cosiddetto, ha impedito che divenissero di pubblico dominio le circostanze che condussero i popoli della Penisola a dipendere dalla casa regnante più screditata d’Europa.
Infatti, è proprio conoscendo queste circostanze che si comprendono le difficili condizioni di vita attuali dei popoli in Italia, dovute all’assenza di una classe dirigente, surrogata da una casta romana corrotta e prevaricatrice, capace solo di sottrarre risorse e rovinare la gente.
Questi popoli non hanno modo di opporsi, perciò subiscono un’oppressione che è prima di tutto ideologica, dato che questo Stato è nato nel 1861 con il codice genetico di un regime totalitario, anche se si finge “democratico” sventolando carte costituzionali.
Ma oggi, la verità la si può conoscere: quindi, questa coltre di bugie che offusca le nostre menti diviene una responsabilità per ciascuno di noi Veneti.
Prendete una copia ciascuno di questo documentario.
Usatela come un’arma, la vera arma contro il nemico che ci opprime da 150 anni, l’unica arma efficace per conquistare un futuro dignitoso per noi e per i nostri figli.
Ciò potrà avvenire solo se ci riappropriamo della Sovranità, che per noi è un diritto, ma anche un dovere.
Noi Veneti siamo una Nazione, la Veneta Nazione, e dobbiamo governarci da soli, come è stato per secoli e secoli.
Edoardo Rubini
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