IL BANDITO BEDIN, IL ROBIN HOOD CHE DONAVA AI VENETI POVERI

UNA MULTA SALATISSIMA, che non poteva pagare, e un veneto umile diventa un Leone, facendo giustizia a modo suo, contro un potere, quello italiano, cieco e ingiusto. Potrebbe essere una storia di oggi, le situazioni di base non sono cambiate.

Non è che rubare ai ricchi per dare ai poveri fosse la sua missione: pensava soprattutto ai propri sfizi, agi, auto potenti, belle donne. Ma conosceva la fatica dell'emigrazione, la miseria delle campagne, l'importanza di finanziare una rete di appoggi e omertà. E gli piaceva offrire una rivincita a quel Veneto di umili che, con un leghismo ante litteram, si sentiva oppresso dal potere centrale. Così, destinando volentieri al popolo una parte del bottino, l'imprendibile bandito Giuseppe "Bepi" Bedin da Monselice, classe 1901, diventò il Robin Hood di un Nordest che marciava inesorabilmente verso la Seconda Guerra mondiale.
Al suo mito, testimoniato da decine di articoli dei giornali dell'epoca e centinaia di pagine di atti processuali e fascicoli delle forze dell'ordine, il bassanese Leonardo Bortignon ha dedicato un'appassionata ricerca sbocciata nel bel volumetto "Il leggendario bandito Bedin" (Attilio Fraccaro editore), con la collaborazione del Gruppo Alpini di Mussolente, il paese dove Bedin fu ucciso dai carabinieri il 4 aprile 1939.
Bedin con la moglie
Emigrato senza successo in Francia, il giovane Bepi torna in patria e alterna molto mercato nero e pochi lavoretti saltuari. E quando gli confiscano una partita di vino rubato, affibbiandogli una multa salatissima, scatta la molla della ribellione: si ricicla come manovale ma dal garage che ha costruito ruba una moto da rivendere per pagare l'ingiusta contravvenzione.
«Lo Stato si accanisce con i poveri», proclama Bedin. E via con colpi in gioiellerie, negozi e case private, furti d'auto, di moto, di tessuti e oggetti che rivende nei mercati. Alto, bruno, carismatico e intelligente, Bepi non fatica a formare in breve tempo una banda di fedelissimi e tessere una rete che arriverà a contare quattrocento tra affiliati, fiancheggiatori e informatori. Mentre la moglie resta defilata e rassegnata a Monselice, dove crescerà rettamente i tre figli, lui si circonda di pupe, auto di lusso e prestanome incensurati ai quali intesta case, proprietà, laboratori tessili: una "mala", la sua, che precorre i tempi di Maniero e delle mafie 2.0.
Le rapine sono sempre più audaci: gli stipendi delle Smalterie Venete di Bassano, la sede della Pirelli a Milano, lo Zuccherificio di Cavanella Po nel Rodigino. Non sono imprese da ammirare: si spara, a volte sul terreno restano morti e feriti. Ma l'immaginario popolare vola piuttosto sulle ali della generosità guascona di Bedin. Ai contadini compra vacche, aratri, terreni, addirittura paga le tasse, assicurandosi collaborazione per la latitanza. A un mendicante ruba il cappello con gli spiccioli depositandogli però accanto un pacco di banconote. Un paio di volte lo arrestano, ma evade dal carcere segando le sbarre. Un'altra, in centro a Rovigo, si fa pubblicamente beffe di due carabinieri: scappa dopo averli canzonati davanti alla folla. Si traveste da prete, da donna, perfino da carabiniere per assistere ai funerali del padre.

E' troppo per il regime fascista, che teme sia l'attacco all'ordine costituito sia la carica rivoluzionaria del bandito. Mussolini in persona ordina il giro di vite. Arriva il "superispettore" Giuseppe Gueli: con metodi spicci e decine di arresti, intorno a Robin Hood viene fatta terra bruciata. Nonostante la taglia di un milione, il popolo non lo tradisce, ma sul territorio ora ci sono meno complici e più forze dell'ordine.
A Casoni di Mussolente, per non smentirsi, Bedin si è finto commerciante e fa la spola tra la casa di una famiglia numerosa, dove ha una tenera amicizia con una ventunenne, e la canonica, dove frequenta la sorella del cappellano. In un'alba di primavera scatta il blitz e il bandito è centrato da due pallottole dei carabinieri. Il Duce in un telegramma elogia «il trionfo dei principi di autorità contro l'agguerrita delinquenza». Complici e luogotenenti cadono o vengono arrestati. Ma altri di loro assumeranno ruoli di primo piano nella Resistenza. E "Bedin", ultima epica ironia, diventerà il nome di battaglia di vari partigiani.
© riproduzione riservata
Fonte IL GAZZETTINO

Commenti