LA PENA AL REMO E LA CLEMENZA DEL GIUDICE VENETO

Da un saggio di Andrea Viaro, storico.
I giudici veneti non parvero particolarmente propensi a calcare la mano riguardo la durata della pena, eccettuati i periodi in cui per il motivoi di guerre in corso, si necessitava di forza umana in maniera maggiore e l’arruolamento normale non era sufficiente.

Al confronto i tribunali esteri erano molto più severi; i forzati provenienti da altri stati ed utilizzati sulle galere veneziane, in base ad accordi diplomatici stipulati nel Cinquecento, erano spesso condannati a un servizio “in vita”, in “perpetuo” e talvolta “ad arbitrio” o anche a 50 anni, quasi mai per periodi inferiori ai 12 o ai 10 anni.

I sudditi della Serenissima non potevano invece, secondo una parte (legge) del 1559, presa su suggerimento dell’allora Capitano Generale da Mar Cristoforo Canal, esser condannati a più di dodici anni. Lo scopo di questa illuminata misura era evidentemente quello di lasciare al forzato buone speranze circa il suo rilascio: la prospettiva di un servizio troppo lungo o addirittura in vita avrebbe infatti indotto alla disperazione, all’apatia e quindi alla mancanza di buona volontà da parte del galeotto.


Se si escludono condanne per crimini come l’omicidio, diciotto mesi e tre anni era la durata media del condannato. Tutto questo aveva un maggior senso, per il giudice veneto, dato che alla fine della pena, il galeotto doveva ripagare lo stato del debito da lui contratto con la permanenza nella galea: gli veniva infatti addebitato tutto. Dai vestiti (“i drappi”) forniti, alle cure mediche e al vitto. Poiché la magioranza dei forzati appartenevano allos trato sociale del proletariato, essi dovevano ripagare il tutto con altra permanenza in galea percependo eprò una paga “virtuale” che andava a diminuire il suo debito.

Un esempio è rappresentato da tale Lorenzo Soldini. inviato sulle galere venete da Mondrizza (Mendrisio) nel 1752, viene liberato nel 1769. Il suo debito era di lire 772. Di queste 452 lire le aveva scontate in seguito al servizio al remo di ulteriori cinque anni, le restanti 320 erano state contate “dal di lui interveniente” nelle casse dello Stato.





da “la pena della galera” in una raccolta di saggi curati da Gaetano Cozzi Ed Jouvence

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