GIANNA MARCATO, LA LINGUISTA PADOVANA CHE NEGA LA "LENGUA" VENETA
Gianna Marcato insegna al dipartimento Studi Linguistici dell'Ateneo,ho apprezzato moltissimo il suo primo libro "Parlar veneto"e l'ho citato spesso nelle mie note. Un'opera pregevole ma, guarda caro, limitativa già dal titolo: infatti, per sgomberare già allora ogni dubbio, non si parla di "Lingua veneta".
Il che, proprio in forza delle centinaia di anni della sua storia, che parte dal "CO VOL DEONI"(quando vuole Dio) inciso su una tomba del IV secolo dopo Cristo ad Aquileia (mi pare si trovi lì), è narrata così bene dalla docente, sembra assurdo. La dottoressa Marcato nega forse che il sardo, o il friulano, poiché sono parlate con varianti locali, siano lingue? Teoria curiosa, a dir poco.
La mia impressione è che quando in certi temi si tocca l'identità dei Veneti, scatti una specie di autocensura, nella nostra "intelighenzija" nostrana.
Il loro timore, più o meno inconscio, a parer mio, è quello di venir incasellati come dei simpatizzanti "venetisti" (termine nato in senso sprezzante e diminutivo dopo la "presa del campanile"di San Marco, nel 1997, proprio con un saggio di sociologi dell'università Ca' Foscari, intitolato "Venetismi"). Lo spartito del "political correct" degli intellettuali nostrani, per esser ben accetti dal mondo culturale dominante italiota, è che non esiste una Nazione veneta, quindi neanche una lingua identitaria comune,
A pensarla diversamente si rischia grosso, eh... specie se si appartiene al mondo accademico, o dello spettacolo (dominato ugualmente dai radical chic, vedi il caso del comico Natalino Balasso, che ha espresso le stesse opinioni della Marcato) e scatta un freno mentale più o meno inconscio.
Insomma, a toccare certi temi, si rischia di diventare "brutti,sporchi e cattivi" come gli indipendentisti.. pardon .. i "venetisti".
Si a simpatizare per dei " boari " che parla con inflessioni venete si va fuori dell'arco "radical schic ". Non si è più " in " .
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