BADOGLIO, IL MASSONE, PROMOSSO PER "DEMERITI SPECIALI"?

Mi è venuto in mente nonno Luigi, travolto come tanti dalla tempesta immane della Grande Guerra. Dopo esser stato ferito sul Pasubio, con una mano sfracellata, nelle retrovie finì sotto processo per insubordinazione e furispedito in prima linea con tre anni e tre mesi da scontare a "bocce ferme" se fosse sopravvissuto.. Nella zona di Caporetto c'era anche lui, e anche lui fuggì, privo di ordini e direttive, per non esser preso dal nemico.
Cadorna
Cadorna non trovò di meglio che accusare la truppa, tante volte condotta al macello inutilmente, ma l'inchiesta che ne seguì mostrerà tutte (o quasi) le colpe dei comandi, tra cui qulleo del Gen. Cappello e del Badoglio, noto massone, il quale malgrado gli avvisi dell'offensiva, si rese irrintracciabile nelle immediate retrovie per l'intera notte.
Qualche "mano santa" però fece sparire ben tredici pagine del rapporto che lo accusava e la sua carriera militare, invece che finire davanti al muro con una fucilazione, proseguì nel modo che sappiamo.
Riporto qui quanto scrisse di lui il Generale Caviglia, nel 1925 riprendendo il brano dal sito "Ereticamente":
Capello
E lo Stato Maggiore dell’Esercito sabaudo? Di alcuni ufficiali è nota l’appartenenza alla massoneria. Di altri si ha solo il forte sospetto. 

Cosa devo pensare e dire di Badoglio? Mi limiterò a riportare alcune parole del Maresciallo d’Italia Enrico Caviglia. Correva l’anno 1925 e alla data del 26 maggio così possiamo leggere nel suo Diario: 
«Oggi tutti restano silenziosi davanti alla nomina di Badoglio a capo di Stato Maggiore dell’Esercito, con l’incarico di organizzare la difesa della nazione.
Nulla di più burlesco che preporre alla difesa della Nazione l’eroe di Caporetto, il quale, essendo stato sfondato il suo corpo di armata, fuggì abbandonando prima tre divisioni, poi ancora una quarta, e portò il panico nelle retrovie. La sua fuga, indipendentemente dalla sconfitta, causò la perdita di quarantamila soldati italiani fra morti, feriti e prigionieri, da lui abbandonati il 24 ottobre 1917 al di là dell’Isonzo. Tutti lo sanno e fanno finta di non saperlo. Che cosa debbono pensare gli ufficiali italiani che lo hanno visto fuggire o quelli che ne hanno sentito parlare? Essi non possono che diventare scettici sull’onor militare, sulla giustizia militare, sulle leggi militari, sulla serietà del governo e della Dinastia» (Enrico Caviglia, Diario (aprile 1925 – marzo 1945), Gherardini Casini Editore, Roma 1952, pp. 4-5).

Bene, chi vuole proseguire  vada ai seguenti link, magari: 




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