LE MESTOLAIE, le ambulanti bellunesi e friulane
Storie di lavori e mestieri dell'altro ieri, forse oggi già scomparsi, ma che facevano parte integrante della vita del dopo guerra negli anni della ricostruzione.
Assieme alle prime rondini, appena finito l'inverno, arrivavano nei mercati della pedemontana o della pianura con i loro carretti pieni di una mercanzia fatta di legno.
Scendevano dal bellunese, dai monti friulani o trentini con carri e carretti pieni di mestoli e cucchiai di legno (dal mestolo per fare la polenta al cucchiaino per il miele), forchettoni, mattarelli di legno di varie lunghezze e diametri, battipanni in “canna d'india” sagomata, sessole di varie dimensioni, contenitori per il sale, assi per il bucato (toea da masteo o da lanpor), seggiolini, fusi, còrli, sgabelli e mortai col pestello. Tamisi grandi e piccoli per granaglie, farine e macinati. Le mùneghe per riscaldare il letto non mancavano. C'era tutto quello che poteva servire in cucina per far da mangiare, per filare e tessere, realizzato lavorando il legno con il tornio o con la britoea, sgubie e manarin. Quando la gente di montagna doveva rimanere chiusa in casa nelle lunghe giornate invernali.
Le mestolaie, così chiamate nel Veneto mentre in Friuli erano dette le sedonarie (sedonariis al plurale), erano venditrici ambulanti di oggetti casalinghi in legno. Si muovevano a piedi per le città e i paesi del Friuli e del Veneto, scendevano dalle loro montagne a piedi, arrivavano sulle piazze dei mercati trainando un carretto stracarico di mercanzia, quelle più povere giungevano a piedi con la gerla in spalla. Poche quelle accompagnate dai rispettivi mariti. Pochissime quelle che potevano disporre di un mulo per trainare quei carri di legno ad un asse dalle ruote molto alte.
Riposo di una nerta |
Le friulane che percorrevano i mercati del Veneto orientale scendevano da Cimolais, da Claut e dalla Val Cellina (provincia di Pordenone), mentre quelle della Carnia arrivavano a Udine e fino a Monfalcone.
Comunque tutti questi ambulanti seguivano percorsi acquisiti da secoli di percorrenze dei loro avi, dai monti verso il mare, nei fondi valle e lungo i corsi d'acqua, come l'Adige o la Brenta o la Piave o il Tagliamento.
Le mestolaie o le sedonariis me le ricordo sempre vestite di nero, non importa che fosse un abito dalle maniche lunghe o una gonna con camicia ma sopra portavano sempre un grembiule, i capelli erano raccolti sotto un grande fazzoletto nero, pure le calze erano nere di lana ed ai piedi le pantofole di velluto (papusse**) talvolta ricamate con motivi floreali con suola ricavata da un vecchio copertone di bicicletta.
Le papusse in velluto e ricamate che venivano usate il giorno di festa |
CURIOSITA' FURLANE
Per queste figure del commercio ambulante c’erano altri modi di chiamare le sedonarie, come “Chei des cjaçutis”, quelli delle stoviglie.
“Las Nardanas” erano chiamate invece le donne che scendevano da Erto (PN), da "Nert", perché usavano una parlata tutta particolare, un friulano corrotto dal vicino dialetto bellunese. Naturalmente “las Clautanas cu las crassignas" erano le Clautane (quelle di Claut, sempre della provincia di PN) con la cassetta portaoggetti, la “crassigne”, lo strumento a spalla, usato dai “cramars”, gli ambulanti carnici che dal XVI° sec. giravano per tutta l'Europa a vendere spezie, tessuti ed erbe medicinali. La "crassigne" o "crama" era un contenitore di legno, da portare a mo' di zaino sulle spalle, composto da cassetti per portare tutta la mercanzia.
La crassigne o crama |
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