Augusto Krüll, el sior dee pierete

Il poeta della preistoria montelliana
Sul Montello, negli anni '60, i vecchi contadini si ricordavano ancora benissimo di quel sior che nel dopo guerra veniva da Treviso e girovagava per i campi dopo l'aratura a cercare e pierete. Se poi capitava dopo un acquazzone, di quelli primaverili, era ancora meglio. Il dilavamento della pioggia portava in superficie i reperti di selce e quindi non serviva scavare o attrezzarsi di pala e piccone ma di stivali.
I contadini lo lasciavano fare, in fin dei conti spietrava, cioè toglieva del pietrame che altrimenti avrebbero dovuto fare loro. Poi una volta entrati in confidenza gliele raccoglievano e quando lo vedevano arrivare, gli andavano incontro per dargliele senza conoscere il valore di quelle strane pietre di selce. Buona parte dei contadini più anziani che avevano vissuto le vicende della guerra '15-'18 non sapevano, ironia della sorte, chi fosse el sior dee pierete ch'el vegnéa da Treviso.

Augusto Krüll era il secondogenito di Herman Krüll, un tedesco prussiano che nel 1850 arrivò a Venezia come studente e da allora non se ne va più. Scopre Treviso che ne rimane affascinato tanto che nel 1869 apre una piccola fabbrica per produrre spazzole per cavalli appena fuori delle mura cinquecentesche, a pochi passi dal centro (tutt'ora esistente e funzionante). Quando scoppia la Prima Guerra Mondiale il signor Krüll ha passaporto tedesco, così la fabbrica gli viene espropriata.
Negli anni Venti, facendo un debito di due milioni di lire oro, se la ricompra. Erano un bel po' di soldi. Per aumentare il fatturato aggiunge alle spazzole per cavalli quelle per capelli, per scarpe ed abiti, i pettini di legno e di osso, gli spazzolini da denti e i pennelli per la barba. Decide che le spazzole dovevano essere vendute ad una clientela ricercata, prodotte con materiali costosi usando legno massello di ebano makassar e setole animali pregiate provenienti dalla Cina e dall'India.
Nel 1936 Herman Krüll muore lasciando l'azienda ai cinque figli, curiosamente tutti maschi: Herman jr, Walter, Augusto, Günther, Fritz.
Nel 1944 durante la IIª Guerra mondiale perde la vita Günther; alla fine del conflitto gli operai per salvaguardare il posto di lavoro occupano la fabbrica per riconsegnarla nel 1947 ai proprietari.
Poi, uno ad uno, gli esponenti della seconda generazione scompaiono: Augusto nel 1961, Fritz nel 1977, quindi Herman jr. e Walter nel 1984.
Curiosamente nessuno di loro ha figli maschi ed in pratica la terza generazione è composta da cinque donne. L'azienda sopravvive su un mercato povero ma spietato grazie all'assunzione di manager; l'Acca Kappa rappresenta l'anomalia nel panorama produttivo del Nordest in quanto le centinaia di imprese della zona, tutte nate nel boom economico del dopo guerra, sono senza storia alle loro spalle. Dal 1996 è presidente dell'azienda fondata dal suo bisnonno la quarantenne Elisa Gera, figlia di Ursula che aveva sposato un imprenditore tessile con una filanda per la seta di Conegliano Veneto. Entrando in azienda fa delle scelte strategiche nella distribuzione: sono abbandonati i grossisti a tutto vantaggio delle profumerie, mercerie, tabaccherie. Infine ricorrendo al design, dalle forme innovative e al packaging che dà una nuova vita alle collezioni in ebano makassar, legno pregiato per via delle venature calde e brune, crea un collegamento alla produzione di cinquant'anni prima. Sempre nel 1996 aggiunge creme, saponi, bagni schiuma, acqua di colonia. Inizialmente per il benessere maschile, in seguito anche femminile. In questo modo realizza un abbinamento tra spazzole e cosmetica che segna il “nuovo trand” nel settore rispetto ai grandi marchi dei prodotti di bellezza.
Alcuni esempi di punte di freccia in selce provenienti dal bellunese
Che fine avrà fatto la sua collezione?
Oggi non si hanno notizie certe sulla sorte della sua colezione che era motivo e scopo della sua vita, sul come è stata smembrata e in quali collezioni private e pubbliche è finita. Di sicuro una parte è stata donata al Museo Civico di Crocetta del Montello.
Secondo i racconti di appassionati e studiosi che hanno potuto vedere e toccare la collezione di Augusto Krüll, questa era composta da reperti che appartenevano al Paleolitico Superiore (36.000 – 10.000 anni fa): bulini, grattatoi, troncature, punte, becchi, lame a dorso, lame ritoccate, lame raschiatoio e dorso troncature.
Raffigurazione di lama a dorso e troncatura
Il Montello aveva restituito, nonostante avesse subito profonde devastazioni durante la Prima Guerra Mondiale dallo scavo delle trincee e dai bombardamenti, quelli che furono definiti i migliori reperti del neolitico italiano.
Dalle punte di freccia con lavorazione bifacciale alle punte di lancia (pezzi interi di selce da 20/25 cm), dai raschiatoi per la lavorazione delle pelli ai bulini/aghi per cucire, dalle asce ai coltelli e lame.
Fin dai primordi del Paleolitico la selce era stata scelta per fabbricare utensili che potessero tagliare la carne e questo materiale venne ampiamente usato per produrre armi, lame, asce, punte di lancia e di freccia o strumenti di lavoro, quali i raschiatoi, coltelli e lame per falcetti.
Le strade del Montello con tutte le Prese
Foto satellitare Nasa del Montello
I colli euganei rappresentavano “la cava” naturale d'eccellenza per il Veneto, tanto da venir scambiata grezza o già lavorata con quella proveniente da Carnac o Lascaux in Francia.
Augusto Krüll percorreva in lungo ed in largo il Montello (https://it.wikipedia.org/wiki/Montello_(colle) ), in particolare i poderi tra la Quinta e l'Ottava Presa dove poteva trovare i pezzi migliori. Ciò perché la Quinta Presa, che da sul Piave, doveva essere ricca di insediamenti, grazie al ritrovamento di resti organici all'interno di vasi e contenitori di terracotta. Il posto consentiva di controllare il greto della Piave dove andavano ad abbeverarsi gli animali da cacciare.

Stele dipinta in ocra rossa con motivi alberiforme che ornava la tomba del "cacciatore di Sovramonte"
Ai Musei Civici di Belluno sono esposti i più antichi reperti individuati in Provincia provenienti dal sito del Campon di Monte Avena (Sovramonte), come la sepoltura di un cacciatore morto in Val Cismon (BL) circa 14.000 anni fa (fine Paleolitico superiore) e seppellito in una fossa ricoperta da alcune pietre dipinte in ocra rossa con motivi geometrici e naturalistici. Inoltre sono stati raccolti tutti i reperti provenienti dal sito preistorico del Col del Buson (valle del fiume Ardo – BL).
Nella foto la sepoltura del "cacciatore di Sovramonte" risalente alla fine del Paleolitico superiore (14.000 anni fa circa) scoperta in una cavità, alla sinistra del torrente Rosna nella valle di Cismon a Ripari Villabruna (BL), ricoperta da alcune pietre dipinte in ocra rossa con motivi geometrici e naturalistici. Lo scheletro apparteneva ad un uomo di circa 25 anni, “tipo Cro-Magnon”, deposto in posizione supina in una fossa scavata alla base del riparo. Il corredo funebre, verosimilmente contenuto in origine in una sacca di materiale deperibile, era costituito da alcuni manufatti in selce, una punta d’osso decorata lungo i margini da tacche organizzate in due bande longitudinali, e da un grumo di propoli ed ocra. 
Al cacciatore di Sovramonte non è stato dedicato alcun museo, nonostante la stele e la sua importanza archeologica, al contrario di quanto accaduto per Oetzi o per l'uomo di Mondeval. I resti sono venuti alla luce negli anni '80 e da allora sembra che questo "cacciatore di Sovramonte" non debba avere una degna esposizione mediatica ma rimanere abbandonato nell'oblio della burocrazia.

Al Museo Civico di Crocetta del Montello è possibile vedere in chiave didattica nella sezione archeologica (dal Paleolitico Superiore all’età dei metalli) l'evoluzione dei progressi tecnologici dell’uomo veneto attraverso le sue scoperte, presentando gli utensili e il loro uso nelle diverse epoche.
Il percorso inizia dalle tecniche di scheggiatura dei materiali litici e per ogni tecnica (percussione diretta, diretta su incudine e indiretta) viene presentata attraverso un disegno esplicativo ed un esempio di manufatto litico corrispondente, dai più antichi chopper ai più recenti ottenuti dalla lavorazione di schegge e lame; tra questi ricordo, raschiatoi, punte foliate, coltelli a dorso, lame a dorso, punte a dorso, perforatori, grattatoi e bulini.
Proseguendo la visita si incontrano le vetrine che espongono gli utensili del Paleolitico Medio, 120.000 – 36.000 anni fa, scoperti sul Montello, nell’area del Quartier del Piave e del Grappa. Raschiatoi, grattatoi, bulini, troncature, microbulini, punte di freccia e arpioni da pesca, realizzati in selce estratta dal Grappa o dal Cesèn, che provengono dai siti di Capo di Monte, (Montebelluna), Santa Mama (Croceta del Montello) e Sopra Piana (Vidor).
Una sezione è dedicata al Neolitico (4.500 – 2.000 a.C.), momento importantissimo per la storia dell’uomo perché passò da un’economia di ricerca del cibo (caccia e raccolta) ad un’economia di produzione di beni di consumo (agricoltura e allevamento), ricordiamo un falcetto a mandibola tipo “Fiavè”, un’ascia levigata da Falzè di Piave, un idoletto, bulini, grattatoi, troncature, raschiatoi foliati, punte foliate e bifacciali, punte peduncolate, raschiatoi, macine e zappe.
Una vetrina raccoglie una parte della collezione di Augusto Krüll, consistente in diverse tipologie di manufatti litici europei, africani ed americani prodotti durante la rivoluzione agricola (avvenuta in momenti diversi nei vari continenti).
Raccolta di punte di freccia con peduncolo dalla lavorazione bifacciale
L’ultima parte del percorso è dedicata alla scoperta della metallurgia e all’inizio dell’età del Bronzo dove sono visibili diversi tipi di asce (“ad alette mediane” da Col Fosco e da Crocetta del Montello, “ad alette” da Ciano del Montello e “con innesto a cannone” da Susegana), di spade del Bronzo Recente (tipo “Castions” da Strada Marano Lagunare, tipo “Sauerbrunn Bolu” da Susegana e tipo “Sombor-Smolenice” da Susegana) e dell’età del Ferro (tipo “Tarquinia”), pani e scorie di fusione dal greto del fiume Piave e diversi tipi di oggetti (un manico di situla, un anello, spilloni, un frammento di colino, un pendaglio a forma di ascia e una fibula con cavaliere).
Nei Musei Civici di Santa Caterina - Treviso è esposta un'ascia a mano, un reperto archeologico risalente al Paleolitico inferiore, ovvero a 600 mila anni fa, che funziona come un "coltellino svizzero di pietra", avendo la superficie tagliente lungo i margini sagomata per consentire di tagliare, perforare, percuotere.
Rinvenuta nel 1958 in Tanzania da Krull durante una spedizione di ricerca con gli amici di sempre, Mario Botter e Giancarlo Ligabue.
Il reperto, pur non appartenente né all'area trevigiana né a quella veneta, ci consente di avere un quadro evolutivo anche del nostro territorio perché, forse, quegli ominidi con le loro scoperte potrebbero essere arrivati anche sul Montello.
Spada di bronzo ad antenne ritrovata a Casier (TV)
Di notevole interesse sono le spade di bronzo rinvenute in gran numero, tra fine Ottocento e primo Novecento, nelle cave di ghiaia, aperte e sfruttate senza controlli, lungo il Sile e il Piave che hanno creato problemi idrogeologici a Sud di Treviso, tra Silea e Casier. Ma questo è un altro discorso, da approfondire in un prossimo articolo.
Purtroppo le ricerche fatte in internet non mi hanno dato alcuna foto di un solo componente della dinastia Krüll. L'unica immagine disponibile è quella della sede (roba da archeologia industriale) che si trova su uno dei viali che dal centro di Treviso portano in periferia.
Sede della Acca Kappa a Treviso, ormai fa parte dell'archeologia industriale trevigiana

Commenti

  1. In realtà uno dei fratelli Krull, Augusto Krull ebbe un figlio Maurizio Krull, tuttora vivente (è lo scrivente) , che lavorò per diversi anni nella fabbrica di famiglia , dopo per vari motivi, indipendenti dalla sua volontà prese altre strade.

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  2. Io, Gian Luigi Carancini, archeologo, interessato alla collezione archeologica di suo padre Augusto, fui ospitato per un'intera giornata nella sua casa dalla gentilissima mamma, che m'invitò anche a pranzo. Con grande liberalità mi fece disegnare spade ed asce della collezione di suo padre. Ricordo che sua madre mi disse di essere pittrice e nipote del Generale Graziani. Ricordo anche che lei, Maurizio, comparve ad un certo momento con la tenuta da moto-cross, sport che a quel tempo l'appassionava.

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