Quell'incidente di 45 anni fa che poteva cancellare Marghera e Mestre
Argo16, il caso che coinvolse SID/SISMI, Mossad e i servizi segreti libici
Pochi giorni fa, con il fermo dell’ex presidente
francese Sarkosy e l’indagine sui fondi neri arrivati al suo partito dalla
Libia, ho avuto per associazione di idee alcuni flash back, dalla tragedia di
Ustica al Mig libico abbattuto sopra le montagne calabresi.
In particolare quell’incidente, la tragedia di Argo16, che accadde 45 anni fa e
che avrebbe potuto cambiare le sorti di Venezia-Mestre/Porto Marghera e dell’Italia
intera.
Chissà quanti Veneziani e non oggi si ricordano di
quella tragedia?
Ho cercato di mettere assieme quei fatti pescando dalle cronache di allora e dalla memoria personale (allora abitavo a una decina di km dal disastro).
I resti di Argo16 |
Onestamente non ricordo come i media descrissero la
drammaticità di quegli eventi e delle conseguenze evitate per puro caso, come
non correlandoli al fatto che erano avvenuti una settimana dopo la fine della
guerra del Kippur e dell’accordo tra Italia e Arafat (lodo Moro). Inoltre le
proteste di tutti lavoratori di Porto Marghera che chiedevano la chiusura del
deposito di fosgene furono fatte passare per normali rivendicazioni salariali.
Se fosse esploso, qualche decina di migliaia di
mestrini e veneziani non potrebbero ricordare quel fatto.
Per gli effetti scampati, provate pensare alla
tragedia di Bhopal in India del 1984 dove morirono direttamente e
indirettamente circa 15.000 persone per la fuoriuscita di isocianato di metile
che si ricava industrialmente dalla reazione fra metilammina e fosgene.
Purtroppo per il segreto di Stato, il quadro d’insieme
è ancora avvolto dalla nebbia.
Ho tentato di ricostruire gli scenari degli
anni ‘70 e ‘80 in cui l’Italia venne coinvolta nei fatti terroristici degli
arabi medio-orientali, tuttavia ai quei tempi pochissimi giornalisti erano
riusciti a dimostrare i collegamenti esistenti.
La scia di sangue lasciata dal terrorismo medio-orientale lunga
dodici anni:
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Novembre 1973 - Argo16
·
Dicembre 1973 - Massacro all’Aeroporto Leonardo da Vinci
·
Giugno 1980 - Ustica
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Ottobre 1985 – Sigonella (dirottamento Achille Lauro)
L’Italia di quegli anni doveva scontare l’ambiguità creata da
quella parte filoaraba delle
istituzioni che, per evitare ritorsioni da quel mondo arabo rimasto escluso dall’apertura
del dialogo con Arafat (leader dell'OLP) e con Abu Abbas
(capo del FLP-Fronte per la Liberazione della Palestina),
“erano tenute” a collaborare con Gheddafi fornendogli nomi e indirizzi degli
oppositori al suo regime che si trovavano in Italia. L’Italia, un alleato degli
USA che dialogava con OLP e FLP, nemici di Israele che era uno storico alleato
degli USA, aveva inevitabilmente creato malumori, screzi, sospetti e veleni tra
i vari servizi segreti occidentali ed orientali.
Subito i Servizi Segreti Italiani si rendono conto che
dietro il disastro dell’Argo16 potrebbe esserci un attentato nel momento in cui
è altissima la tensione internazionale. Da poche settimane si era combattuta la
Guerra del Kippur, in cui l’Italia aveva fornito aiuti e sostegni logistici ad
Israele.
La politica estera italiana si fondava su un accordo ben
preciso (lodo Moro) tra il nostro Governo e l’OLP di Arafat: un accordo
segreto che sarebbe rimasto tale per molti anni. Quel patto, stipulato
nell’autunno del 1973 tra il Ministero degli Esteri italiano e l’OLP, prevedeva
che l’OLP non avrebbe compiuto attentati sul nostro territorio e in cambio l'Italia
avrebbe consentito la liberazione dei guerriglieri palestinesi
catturati sul suolo nazionale.
Gli Usa, assieme ai francesi (come si vedrà qualche
anno più avanti con l’attacco alla Libia), avevano lo stesso obbiettivo, quello di rovesciare Gheddafi anche se le motivazioni erano diverse. I primi per eliminare il possibile capo di una coalizione araba contro Israele, i secondi per quelle risorse energetiche, gas e petrolio, che finivano nei serbatoi dell'Eni.
Oggi, dopo 38 anni, possiamo affermare che la tragedia di Ustica fu causata, o meglio,
fu la conseguenza della battaglia aerea fra due Tomcat americani e quel Mig23
libico precipitato in un canyon dei monti della Sila. Il magistrato incaricato
delle indagini, alla fine del suo lavoro, affermò: "Non è forse tutta la verità,
ma è certo la verità".
Douglas C-47 Dakota, gemello di Argo 16 |
1973 - è il 23 novembre, a meno di un chilometro dal
deposito di fosgene della Montefibre a Marghera, si schianta Argo16. Incidente? Attentato?
L’aeromobile, in Radio Callsign è Argo16 che, pur non avendo
alcuna scritta di riconoscimento sulla carlinga, sulle ali e sulla coda, apparteneva al 306° Gruppo, 31°
Stormo dell' Aeronautica Militare Italiana e svolgeva missioni speciali per i
Servizi Segreti italiani (SID e SIOS delle FF.AA.),
inoltre lungo le coste adriatiche effettuava monitoraggi della rete radar jugoslava per conto del SIOS Aeronautica (Servizio Informazioni Operative e Situazione).
Argo16 è un vecchio Dakota Dc3, regalato dai servizi segreti
americani agli italiani negli anni '50.
Nei giorni successivi all’incidente fonti giornalistiche
affermarono che l'aereo, registrato con il codice MM61832, fosse stato usato anche
da Gladio per trasferire uomini e mezzi alla
base di addestramento di Capo Marrargiu, in Sardegna e per
trasportare le armi destinate ai depositi segreti dei gladiatori.
C'erano stati quattro morti: due ufficiali e due
sottufficiali dell'Aeronautica Italiana, anche se si era parlato di agenti del
Sid o di appartenenti a Gladio. Le cause non furono mai chiarite del tutto.
Anzi, sulla tragedia fu posto subito il sigillo del segreto di stato. Quando da
Venezia, il giudice Mastelloni chiese al SID, poi SISMI, documentazioni su Argo16 questi gli risposero che
non esisteva alcun fascicolo, quel velivolo non era mai esistito.
Argo16 termina il volo da Roma il pomeriggio precedente (22
novembre) e sosta per tutta la notte fermo sulla pista del Marco Polo e non chiuso in un hangar. Sarebbe
ripartito alle 7,30 del mattino successivo con destinazione Aviano.
Lo scalo a Venezia era avvenuto al rientro della missione a
Malta dove erano stati consegnati i palestinesi agli emissari di Gheddafi.
(Quelli del fallito attacco con missili terra-aria di un aereo di linea
israeliano a Fiumicino)
A questo punto il giallo, per tutte le domande a cui non ci sono risposte ma ipotesi, diventa ancora più fitto: alla Valletta gli emissari libici non si
sarebbero presentati, allora che fine avrebbero fatto i terroristi? Argo16 andò
effettivamente in Libia o a Malta? Sul numero delle vittime accertate ci sono
versioni che parlano di tre morti quando l’equipaggio era composto da quattro
militari, il quarto che fine ha fatto?
Nel corso del processo a Venezia, il generale Maletti
(numero due del SID-ServizioInformazioniDifesa) dichiarò che Argo16 ritornava dalla Libia, dove aveva
appena trasportato i cinque palestinesi, catturati ad Ostia dai servizi segreti
italiani, mentre progettavano «di far saltare un aereo El-Al». «Durante il volo
verso la Libia, qualcuno dell’equipaggio aveva messo in atto un'infelice idea:
fermarsi a Malta per una «bella mangiata di pesce». «Una sosta infelice, afferma
Maletti, vengono notati dagli agenti del Mossad e lungo la via del ritorno,
Argo16 precipita». Purtroppo il giorno della «sosta infelice per la bella
mangiata di pesce» non corrispondeva a quello dell'attentato.
Durante il dibattimento era venuta a galla perfino l'esistenza
di un Argo16-1 e di un Argo16-2, che scorazzavano per i cieli del Mediterraneo secondo
le necessità dei vari servizi segreti italiani. Quello caduto a Porto Marghera,
non sarebbe stato quello che aveva trasportato i palestinesi.
Si aprono le inchieste ma vengono chiuse senza dare risposte
Nel 1973 quel patto (lodo Moro) era ancora coperto da Top
Secret. Intanto l’Aereonautica Militare apre un’inchiesta che porterà ad
affermare prima che "quel disastro era stato solo un incidente" e poi (dopo 13 anni nel 1986)
che "fu fatto esplodere quale avvertimento del Mossad al Governo Italiano".
Il caso viene chiuso ed archiviato nel 1974. Riaperto nel 1986 e richiuso definitivamente nel 1999.
Dal 1980 diverse dichiarazioni di ex militari, congedati su due
piedi dopo pochi mesi dall’incidente, di testimoni ambientali ed ex agenti segreti
non fanno altro che aumentare le domande senza risposte.
Ricostruzione piuttosto verosimile dei fatti
Il pilota di Argo16, poco dopo il decollo dal Marco Polo, arrivato alla quota di 2.500 piedi il velivolo perde colpi, poi un’esplosione, non potendo tornare indietro (si troverebbe a pochi chilometri dall'aeroporto) cerca
di compiere un atterraggio di emergenza sulla strada principale che porta a
Marghera, ma precipita al suolo, a poca distanza dalla Montefibre.
L'aereo, forse per aver toccato un traliccio dei ripetitori
per le telescriventi, finì la propria corsa andando a sbattere contro la
ringhiera della palazzina dove c’era la direzione dell'ufficio personale della
Montefibre.
"Vedemmo corpi maciullati, gettati, spazzolati via,
addirittura la testa di un pilota fu trovata sotto un’autovettura. C'erano
soldi, tanti soldi dappertutto, dentro all'aereo e che volavano attorno da
tutte le parti." Così parlava l'ispettore di polizia, dottor D'Aquino, che
arrivò sul posto con i primi soccorsi. Inoltre affermò: "Questa storia mi
puzzava, e tanto, che decidemmo di non toccare niente, aspettando l’arrivo
della scientifica, perché siamo stati noi i primi ad arrivare".
Dopo cinque minuti arriva un Capitano dei Carabinieri,
"Mi dispiace per te", dice a D'Aquino, "ma questo è di competenza
nostra, sono militari, e qui operiamo noi".
"Eravamo troppo piccoli per condurre quell'indagine, questa
è la verità, perché era tutto blindato e di conseguenza non si riusciva a
sapere nulla".
"Per un caso fortuito oggi riusciamo a raccontare i fatti,
perché se fosse esploso il deposito di fosgene, non saremmo qui a parlarne",
così si legge negli atti della deposizione dell’Ispettore D’Aquino.
Area che sarebbe stata coinvolta qualora Argo16 fosse caduto sul deposito di fosgene dello stabilimento Montefibre a porto Marghera: area A) distruzione, area B) danni collaterali |
L'attaccò all'aeroporto Leonardo Da Vinci,
Fiumicino da parte del commando palestinese di Settembre Nero |
Fu un massacro in cui morirono 34
persone ed il ferimento di altre 15, e all'epoca risultò essere
stato il più grave attentato terroristico in Europa. I cinque
palestinesi provenienti da Madrid, quando arrivarono alla barriera del
controllo passaporti (allora i sistemi di controllo erano in effetti
inesistenti), tirarono fuori le armi e presero in ostaggio sei agenti di PS. Il
gruppo si divise: uno con gli ostaggi si diresse verso il gate14, mentre
l’altro iniziò a sparare contro le vetrate per poter uscire direttamente
sulla pista. Si diressero verso il Boeing 707
della Pan Am,
volo Beirut-Teheran, e vi gettarono all'interno due bombe al fosforo uccidendo 30 passeggeri.
I resti del PanAm dopo l'attacco con granate al fosforo |
Dopo essersi impadroniti di un aereo Lufthansa,
pronto sulla pista per il decollo, fecero salire alcuni ostaggi tra cui i sei agenti
di PS e costrinsero l'equipaggio, che già era a bordo, a decollare. Qui uccisero il tecnico della società Asa, il cui corpo venne gettato
sulla pista dell'aeroporto di Atene dove l'aereo aveva potuto far scalo, dopo che molti aeroporti
negarono l'atterraggio, infine l'aereo arrivò all'aeroporto di Kuwait
City dove vennero liberati gli ostaggi.
I terroristi, pur negoziando la loro fuga, vennero catturati
poco dopo dalle autorità del Kuwait che, dopo averli interrogati, decisero di
non sottoporli a processo ma di consegnarli all' OLP - Organizzazione per la
Liberazione della Palestina.
Per la politica “filo-araba”dell’Italia, ci fu chi insinuò
la complicità tra i servizi segreti italiani e i terroristi. Quella strage, oggi,
è stata quasi dimenticata, come i collegamenti che c'erano con altri eventi.
1980 - Ustica, il 27 giugno viene
abbattuto il Dc-9 dell’Itavia. (Purtroppo le vicende sono note a tutti)
Al rientro sulla Saratoga, da una missione speciale, due
Phantom risultano disarmati e scarichi, e secondo le voci di coperta avrebbero
abbattuto altrettanti Mig libici in volo proprio lungo la traiettoria aerea del
Dc9. I due aerei di ricognizione, secondo le affermazioni ufficiali Usa, avevano (o avrebbero?) evitato l’attacco
alla portaerei da parte libica.
Nel sito di AirDisaster vengono elencati gli altri tre
incidenti "strani" che hanno coinvolto i velivoli dell’Itavia nei venti anni precedenti: quello del 14
ottobre del 1960, avvenuto sull'isola d'Elba, quello del 30 marzo del 1963, nel
quale un Dc3 è precipitato nei pressi di Sora, e quello del Fokker F-28
avvenuto a Torino il primo gennaio del 1974. Tutti incidenti ancora avvolti da
un velo di mistero.
27 giugno del 1980,
un imprenditore lombardo in vacanza a Sellia Marina (CZ) assiste ad un fatto
accaduto poco dopo le 21, quando nessun telegiornale aveva ancora lanciato la
notizia della tragedia di Ustica, e racconta del Mig libico schiantatosi in un
canyon della Sila:
« Quel giorno io e mia moglie eravamo in Calabria, a Sellia
Marina precisamente, e alloggiavamo al Triton. Prima di andare a cena eravamo
sul terrazzo. Guardavamo le montagne della Sila, erano circa le 21 e 05,
massimo le 21 e 10. Guardavamo in direzione di Sersale e in lontananza, proprio
verso la Sila, si vedevano come dei fuochi d’artificio. La cosa strana era che
erano solamente orizzontali: raffiche velocissime che avevano lo stesso colore
della luce emessa dalle lampadine a filamento, e quei bagliori sono durati
almeno un minuto. Ho guardato meglio, c’era ancora luce, e ho visto che c’erano
due aerei in salita verso Crotone: ho avuto la sensazione che uno rincorresse
l’altro sparandogli. Dopo alcuni minuti, forse cinque, ma anche meno, ne ho
visti altri due, li ho sentiti arrivare alle mie spalle, potrebbero aver
sorvolato Catanzaro, venivano da Sud-Sud-Ovest. Volavano a bassissima quota, a
pelo d’acqua e paralleli in direzione di Capo Rizzuto. Sono sicuro che quelli
sul mare erano dei caccia militari, colore verde mimetico e sotto le ali non
avevano coccarde. Negli anni successivi mi sono documentato, ho guardato decine
di foto, per me erano due F-16. Poi mi hanno detto che di quel colore li
avevano solo gli israeliani. »
Il primo medico che esaminò il cadavere del pilota del Mig affermò
che era deceduto da circa venti giorni. Sembra che quel medico, qualche mese
dopo, subì un’aggressione a sangue all’aeroporto di Caselle a Torino e poi fu costretto
a cambiare versione e sostenere che quel cadavere non era in avanzato stato di
decomposizione.
Affermazioni e riscontri che fanno aumentare i dubbi sulle
versioni ufficiali e le domande senza risposta non mancano:
- Causa della caduta, era rimasto senza carburante.
- Ezzedin Fadah El Khalil, il pilota 30enne siriano di
origine palestinese alla guida del Mig23 libico, perché indossava stivali e
tuta della nostra Aeronautica militare? Inoltre il biglietto bruciacchiato
trovato tra i rottami, con scritto a mano in arabo "io sottoscritto pilota (nome del pilota) colpevole
dell’abbattimento e della morte di tanti …", era una dichiarazione
di responsabilità del pilota, scritta prima dell’incidente o prima di morire o addirittura
postuma all’abbattimento e messo tra i rottami dai primi investigatori giunti
sul posto?
- La sera del 27 giugno, due nostri agenti dei Servizi segreti
militari si trovavano a Monte Scuro, sulla Sila, dove poi furono rimandati il
18 luglio a vedere ufficialmente i resti del Mig che avevano già visto
segretamente il 27 giugno. Cosa successe in quei 21 giorni al Ministero della
Difesa, ai vertici dei Servizi Segreti?
- Perché i medici anatomopatologi, incaricati dal PM che
gestiva le indagini, furono costretti a scrivere una seconda relazione? Per
quali motivi doveva essere diversa da quella del primo medico in cui affermava
che il corpo era stato trovato in avanzato stato di decomposizione, e che, dopo
l’aggressione subìta all’aeroporto di Torino-Caselle, dovette cambiarla pure
lui. Nella seconda relazione il pilota era "appena deceduto" con il sangue
rappreso, nonostante fossero trascorse diverse giornate molto assolate con temperature molto
alte tra il l’incidente ed il ritrovamento?
- Gli esperti dell’Aeronautica diranno che i buchi sulle
lamiere sulla carlinga del Mig23 non c’erano al momento della caduta. Oggi agli
atti risulta che quei buchi furono fatti dopo l’incidente dalla nostra
Aeronautica per dei test.
- Un Mig libico entra nello spazio aereo italiano quando nel
basso Mediterraneo è in corso un’imponente esercitazione della Nato, la "Natinad Demon Jam V". Com’è possibile? Una svista ordinata dall’alto? Una
strana leggerezza della nostra intelligence nei rapporti con gli americani?
- Testimoni calabresi affermano di aver visto, da
angolazioni e da località diverse, gli stessi fatti alla stessa ora, senza sapere che
accadevano contemporaneamente alla tragedia di Ustica.
- Perché alcuni militari in servizio alla base di Milazzo
dell’Aeronautica Militare dopo quella notte furono trasferiti a Firenze?
- Per quali motivi i resti di quell’aereo interessavano alla
Cia, al Sismi, al Sios (Servizio Informazioni dell’Aeronautica), oltre ai
servizi segreti francesi e di mezza Europa occidentale?
- A cosa voleva alludere Giovanni Spadolini, ministro della Difesa
al tempo dei fatti, quando disse ai giornalisti “… se scoprite cos’è successo
al Mig troverete la chiave per capire la strage di Ustica»?
- Come mai le prove importanti di questo caso (Mig libico) sparirono come
quelle di Ustica?
- Su quali basi di verità si fondano le dichiarazioni di ex
agenti segreti (anche italiani) che lo scontro in Calabria avvenne tra 2 aerei
libici, 2 americani e due francesi, anche se qualcun’altro afferma che c’erano
gli israeliani al posto dei francesi, questi sarebbero arrivati invece sulla
scena a duello concluso dopo l’abbattimento del Mig.
1985 - Sigonella, nella notte tra il 10 e l'11 ottobre del 1985,
Bettino Craxi osò sfidare gli USA
di Donald Reagan e a Sigonella, dove
c’era una base americana. Il nostro premier difese la sovranità nazionale schierando i
carabinieri contro i marines, ma segnò la sua fine politica con l’esilio in
Libia ad Hammamet dove morì.
Il governo italiano era così composto: COSSIGA, presidente
Repubblica; CRAXI, presidente Consiglio; SPADOLINI, ministro della Difesa (filoamericano);
ANDREOTTI, ministro degli Esteri (filo palestinese e capo dell’unità di crisi).
Il Boeing 737 Egyptair, con a bordo i terroristi che avevano
sequestrato la nostra nave da crociera Achille Lauro, viene fatto atterrare
sulla parte italiana della pista della base militare di Sigonella, per essere
poi bloccato e circondato dai nostri militari, i quali a loro volta vengono
circondati con armi spianate da 60 Navy SEALs, gli incursori americani
atterrati senza alcuna autorizzazione. Arrivano due battaglioni di carabinieri
che circondano gli americani e spianano pure loro le armi verso gli americani. Se
ci fosse stato un conflitto a fuoco, i SEALs avrebbero avuto la peggio, ma
l’Italia sarebbe passata giocoforza dalla parte dei dirottatori e avrebbe
annullato tutti gli accordi in essere con gli americani che avevano basi
militari sul nostro territorio tra cui Aviano, al tempo contenente testate
nucleari.
Reagan telefona a Craxi pretendendo che dirottatori e
mediatori vengano messi in galera al contrario di Craxi che lo vuole solo per i
dirottatori tenendo i mediatori sotto sorveglianza, Ledeen fa da interprete
visto che conosce sia l’italiano che Craxi, ma traduce che il presidende USA li
vuole tutti in galera. Craxi capisce che c’è qualcosa che non funziona e quindi
decide di disobbedire. Nel contempo Mubabarak (presidente egiziano) blocca
l’Achille Lauro e trattiene tutti i passeggeri, dicendo che non usciranno dal
porto finché Abbas (uno dei mediatori) non sarà decollato da Sigonella. Craxi
ordina il decollo del 737 e di farlo atterrare a Ciampino. Viene scortato da 4
nostri F-104 che bloccano il tentativo di dirottare il Boing dei due F-14
americani partiti dalla USS Saratoga. I due mediatori devono
uscire dall’Italia per non essere consegnati agli americani, vengono trasferiti
ed imbarcati su un volo di linea yugoslavo diretto a Belgrado.
Regan, l’ambasciatore USA a Roma e Ledeen si arrabbiano
molto. Abu Abbas viene catturato nell’aprile del 2003 dai SEALs in Iraq. Protetto
da Saddam Hussein viveva da esule in una villa di Baghdad. Muore nel 2004 in
carcere, ufficialmente per un attacco cardiaco.
Senza l’Italia gli USA avrebbero perso non solo il
Mediterraneo ma la certezza di avere un fronte contro la Russia.
1986 – La procura di Venezia riapre il caso Argo16.
1997 – L'inchiesta
condotta dell'allora giudice istruttore veneziano Carlo Mastelloni si indirizzò
verso l'ipotesi di sabotaggio da parte dei servizi segreti israeliani come ritorsione
contro l'Italia per aver trasportato in Libia, proprio con Argo16, due dei
cinque palestinesi accusati di aver organizzato ad Ostia un attentato contro un
aereo delle linee israeliane con l’uso di missili terra-aria.
Il p.m. incrimina 22 ufficiali dell’Aeronautica militare con
l’accusa di “soppressione, falsificazione e sottrazione di atti concernenti la
sicurezza dello Stato”.
A suo giudizio "coloro che negli anni si sono occupati
dell’inchiesta hanno sistematicamente occultato, falsato o distrutto ogni
elemento che poteva portare sulla strada giusta".
Vengono accusati di strage Zvi Zamir, ex capo del Mossad, e
Asa Leven, direttore del Mossad in Italia all’epoca degli incidenti aerei.
1999 - chiusura definitiva del processo
Il 16 dicembre 1999 i giudici chiusero il processo stabilendo che l'aereo cadde per un'avaria o per un errore del pilota e l'ex-capo del Mossad, Zvi Zamir, venne assolto dall’accusa di strage perché il fatto non sussisteva. Oggi quel deposito di fosgene non esiste più: sarebbe stato smantellato ed il sito bonificato nel 2007. Da allora la DowChemical, secondo colosso mondiale della chimica, ha iniziato le operazioni necessarie alla chiusura definitiva del sito produttivo.
Io ho vissuto in pieno i giorni della fuoriuscita di fosgene a Marghera.
RispondiEliminaERo ispettore del lavoro inviato dal Ministero del lavoro per ispezionare l'area di Porto Marghera, denunciai le situazioni pericolose. Ma mentre stavo ispezionando la centrale elettrica in costruzione insieme al capo della sicurezza della centrale una nuvola di fosgene ci stese a terra, anzi, su un traliccio al terzo piano delle incastellature e il pretore veneziano bloccò lo stabilimento per 40 gg. Ovviamente il ministero inviò un chimico ed un ingegnere, miei colleghi e dato che ero stato ricoverato alla Casetta Rossa dell'INAIL a Marghera fu l'occasione per togliermi di mezzo, ero troppo pignolo.
Ma ne avrei molte da raccontare su quei lontani fatti, ho ancora tutta la documentazione ed un libro in cui mi si cita su quei fatti...