LE ESCORT? Le prime contribuenti della Serenissima



QUANDO ESCORT SIGNIFICAVA CORTIGIANA
Ai tempi in cui Venezia era méta di turismo sessuale da tutta Europa ed il Maggior Consiglio tollerava la prostituzione sostenendo che pecunia non olet.

Il termine cortigiana deriva senz’altro dalla parola corte. Infatti le cortigiane vivevano alla corte dei nobili rinascimentali concedendo i loro favori non solo al signore del maniero ma anche ai ricchi ospiti che lo frequentavano. Le cortigiane erano quindi spesso donne affascinanti, eleganti e ben istruite, che conoscevano diverse lingue, grazie alle quali erano in grado di sostenere buone conversazioni e conoscevano i codici comportamentali dell'alta società.

Sin dal 1200/1300, il governo della Serenissima, conscio che religione e prostituzione potevano andare a braccetto, fece scelte strategiche di marketing turistico (si direbbe oggi). Per attrarre mercanti e viaggiatori pellegrini, la Serenissima aveva fatto incetta di un gran numero di reliquie preziose nei paesi dove la tradizione voleva la nascita del Cristianesimo o dove avevano operato gli Apostoli. Siccome gli uomini d'affari e i pellegrini non vivevano di puro spirito, la prostituzione fioriva. Era un mestiere che garantiva alla città alti profitti, tali da mantenere una squadra navale. Anzi si può affermare che non solo tollerava ma in un certo senso proteggeva questa categoria che garantiva e costituiva entrate sicure per tutte le attività economiche della laguna e non solo per il fisco e le casse marciane.
Venezia, città cosmopolita ricca per le attività commerciali e culturali (dalla letteratura alla pittura, dalla musica alla danza), per prima cercò di dare un’immagine di rispettabilità alla professione più antica del mondo, anche con leggi appropriate per difendere le prostitute dalle angherie commesse in particolare dai nobiluomini. Creò un quartiere a luci rosse, un’albo in cui venivano distinte le cortigiane oneste da quelle dei ceti bassi (cortigiane di lume più simili alle attuali prostitute) e regolando pure la categoria dei cicisbei (uomini di compagnia per donne nobili e ricche).

Montesquieu, diceva della Serenissima: “Mai, come a Venezia, ho visto tanti devoti e tanta poca devozione. Però devo ammettere che la devozione che hanno i veneziani e le veneziane mi stupiscono: un uomo ha il suo bel da fare per mantenere una cortigiana ma non mancherà la sua messa per nessuna cosa al mondo”.

La dolce vita dei nobiluomini veneziani del ‘700 veniva così descritta dal popolo:
La matina una messeta (messa),
dopo pranzo una basseta (fare un salto al Ridotto per giocare d'azzardo alla bassetta dove si sperperavano enormi fortune, arrivando perfino a privarsi anche della moglie e non solo di denaro, terreni, case o gioielli),
dopo zena una donneta (andare dall’amante o al casino).

Fece scalpore la protesta delle prostitute per la concorrenza sleale dei “prostituti maschili” che avevano fatto diminuire le loro entrate. Il governo le incoraggiò a “mostrare la mercanzia”, cioè stare ai balconi a seno scoperto per arginare il diffondersi dilagante dell’omosessualità. Per capire il peso che avevano nella vita sociale veneziana del XVI°sec. basta un dato: nel 1509 le prostitute, femene da partito, risultavano ben 11.164 su una popolazione di circa 200mila abitanti.
I foresti che arrivavano in città potevano consultare una pubblicazione “ufficiale e garantita”, affinché non fossero raggirati dalle prostitute senza titolo, il Catalogo de tutte le principal et più honorate cortigiane di Venetia, l’elenco delle 210 cortigiane più in vista della città con nome, indirizzo e le tariffe delle prestazioni (dalla semplice conversazione al bacio, dal rapporto orale a quello intero), oltre la loro pieza (cioè la mezzana). Quest’ultima era una specie di direttrice-segretaria, che teneva la contabilità di ogni appartamento ed era la referente per lesattore delle tasse.
Con il XIV°sec. le cortigiane erano sottoposte al controllo dei capisestiere e della magistratura, i "Signori di Notte". Comunque non era una professione disonorevole però, per il loro tenore di vita e per le amicizie che coltivavano, erano invidiate dal mondo femminile della nobiltà. Avere più di un amante non era ritenuto un comportamento scandaloso come era considerata normalità accompagnare i loro protettori alle funzioni sociali e, a volte, a sostituire loro legittime consorti.
Mercante foresto accompagnato da una cortigiana
 Il Catalogo individuava due diversi tipi di cortigiana: la cortigiana onesta, ossia la cortigiana acculturata, intellettuale, che conosceva più lingue, e la cortigiana di lume (più simile alle moderne prostitute), una cortigiana dei ceti bassi, che viveva e praticava il mestiere vicino al Ponte di Rialto.

CORTIGIANE ONESTE
(Onesta: termine che ha la matrice nel latino, non significa virtuosa, ma “dignitosa”, cioè arrivata, di successo).
Le cortigiane oneste erano spesso donne affascinanti, eleganti e ben istruite che non sapevano solo leggere e scrivere ma erano colte in diverse discipline (dalla musica alle lettere, dalla danza alla politica), in grado di sostenere buone conversazioni in diverse lingue e conoscevano i codici comportamentali dell'alta società. Per certi versi si potrebbero paragonare alle gheishe giapponesi.
Può sembrare un paradosso ma le vere donne libere erano proprio le cortigiane di altissimo rango, alle quali venivano riservati pubblici onori senza alcuna decenza o pudore di sorta.
Le cronache riferiscono come i numerosi visitatori ed esponenti nobiliari stranieri rimanessero meravigliati e sorpresi per la facilità con cui erano riusciti ad entrare nella vita politica e culturale della città grazie a loro, oltre che per i piaceri del corpo.
Fra le tante leggende create attorno alle cortigiane più famose, c’è quella riguardante Veronica Franco, quando fu portata completamente nuda su di un enorme vassoio alla tavola del futuro re di Francia Enrico III° durante un banchetto allestito in suo onore a Palazzo Ducale.
Tullia D'Aragona
I salotti più frequentati da artisti e poeti di fama, dai membri dell'autorità locale, dai prelati della curia e dai nobili stranieri erano quelli di famose cortigiane come Imperia, Tullia d’Aragona, Clarice detta Matrema-non-vuole, Gaspara Stampa (definita la voce femminile più autentica e spontanea della poesia erotica dei suoi tempi),
Gaspara Stampa
Giulia la Lombarda (“che d’oro e terreni/ ricca si fè con la virtù del tondo”, grazie alle sue relazioni con vescovi e sacerdoti importanti, alla sua morte, venne sepolta vicino l’altar maggiore della chiesa di S. Francesco della Vigna a Castello), Angela dal Moro detta Zaffetta (è una delle due cortigiane che Tiziano si ispira per il suo “Amor Sacro e Amor Profano”. Citata da Pietro Aretino nella sua opera Sonetti lussuriosi perché non disdegna gli amori multipli e che urina a gambe aperte in mezzo alla cucina per farsi notare), la Parisotta in la sua barca s’entra per mezzo scudo”, 

Tiziano, Amor Sacro e Amor Profano. In questo dipinto la Zaffetta impersonifica l’Amor Sacro, mentre Violante, la figlia di Jacopo Palma il Giovane, è l’Amor Profano.
Veronica Franco [Tra i suoi amanti o clienti ci sono nomi altisonanti come Andrea Tron (procuratore e diplomatico della Serenissima), Ludovico Ramberti (ricco mercante chioggiotto dal quale ebbe un figlio), MarcAntonio della Torre di Fumane-VR (anatomista e lettore di Medicina e promotore alle lauree presso l’Università di Padova e di Pavia), il pittore Jacopo Robusti, detto Tintoretto, i fratelli Marco e Maffio Venier (eccellenze nel campo delle lettere), il futuro re di Francia Enrico III° (provenendo dalla Polonia e transitando per Venezia per andare a Parigi, fece una doverosa sosta per soddisfare la curiosità maschile di conoscere la cortigiana più famosa dell’Adriatico). All'età di quarant'anni, con l'aiuto di alcuni patrizi, fondò ai Carmini la "Casa del Soccorso", dove si accoglievano le cortigiane che volevano "cambiare vita". Da lì uscivano future monache, donne da sposare o ottime lavoratrici. Alcuni anni prima di morire fece richiesta al Governo di avere fondi per aprire una casa di riposo riservata alle prostitute anziane cadute in disgrazia, purtroppo la sua domanda rimase senza risposta ma fu anche l’ultimo atto pubblico di cui si abbia notizia. Sembra che abbia contribuito a crearsi una particolare immagine nelle arti amatorie con la realizzazione di “sexi-toys”, riproduzioni in vetro di falli in erezione, dall’interno cavo per poterli riempire di acqua calda, e renderli come fossero veri].
Confrontando le “cortigiane da lume” (povere donne che praticavano tariffe decisamente economiche) con le “cortigiane oneste”( ricche, ammirate e rispettate) impressionano le similitudini che oggi ci sono tra una nigeriana che batte lungo un viale ed una escort che si accompagna a un ricco imprenditore. Allora le cortigiane oneste sceglievano il cliente, al contrario di quelle da lume che venivano scelte dal cliente. In molti casi erano obbligate a intraprendere questa strada per questioni economiche
Passano i secoli ma le motivazioni rimangono sempre le stesse.

Calzatura con zeppa che poteva arrivare ai 25 cm di altezza
CORTIGIANE DI LUME
Chiamate così perché per farsi riconoscere e attirare i clienti accendevano una candela alla finestra. Abitavano in tuguri malsani ed erano frequentate dal popolino.
Indossavano giubbotti di tela, camicie e braghe da uomo. In capo avevano un mezzo velo bianco di cambrai acconciato con una falda, la quale sporgeva in fuori sopra la testa da coprire tutta la fronte. Ai piedi portavano scarpe rialzate, simili agli attuali zatteroni. Camminare per calli e salizade non doveva essere facile, dato che la loro lastricatura con i masegni arrivò qualche secolo più tardi.
Dal 1360 furono obbligate ad esercitare al Castelletto, una specie di ghetto a San Matteo di Rialto.
Oltre al Castelletto, le meretrici dimoravano anche dalle parti di San Cassiano ed esattamente nelle case di proprietà della nobile e antica famiglia Rampani. Quando le Ca’Rampani (Ca’: casa) cambiarono proprietà passando alla famiglia Trapani, in quelle case vivevano le prostitute ritiratesi dall’attività e da allora si usò il termine carampane per indicare sia l’anziana meretrice sia la donna volgare, sguaiata e dall’aspetto brutto e trasandato. Rimase comunque il toponimo (vedi nizioletti) ed il modo di dire assegnato al concetto carampane.
Dalle zone a loro riservate potevano uscire soltanto per muoversi dentro un perimetro piuttosto preciso e ristretto, inoltre alla sera, dopo la terza campana, dovevano rimanere chiuse in casa, pena multe in denaro e frustate. Stesse pene previste dal Consiglio dei Dieci anche per chi adescava i clienti nei periodi di Natale, di Pasqua e nelle altre festività sacre. Non era concesso frequentare le osterie e potevano andare a passeggio per la città solo di sabato indossando uno scialle o fazzoletti da collo di color giallo (anche per poter essere facilmente individuate dai visitatori foresti che arrivavano in città).
La leggenda vuole che sia stato proprio Solone (VI secolo a.C.) a regolarizzare il sesso a pagamento con la creazione dei bordelli di stato, dove avrebbero praticato solo attraenti schiave e pagavano le tasse alla Repubblica ateniese.
Due secoli dopo Demostene enunciava l'assioma (resisterà fino al 2000 d.C.) che il mondo femminile era fatto da tre categorie: le mogli per generare
prole legittima , le concubine per servire l'uomo e le amanti per il piacere personale.

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