FRATI BUZZARÒNI E MONACHE ALLEGRE
ovvero quell’educazione molle e lasciva che portò il libertinaggio in laguna
Prima di parlare della formazione del '700 a Venezia è necessario andare alle origini, alla fine del medioevo. La laguna, per chi faceva di mestiere l'insegnante, diventa con il XIV° sec. una piazza molto ambita per due motivi: primo, era la capitale economica e politica più importante dell’Europa di allora; secondo, era il centro di mediazione fra Oriente e Occidente al crocevia degli scambi culturali, tra il nord ed il sud, tra est ed ovest, e ciò avrebbe generato il primo polo dell’industria tipografica ed editoriale italiana dove si stampava di tutto (dalla letteratura classica greca e latina alla musica sacra). L’arrivo di tanti maestri giunti da fuori potrebbe far credere che non ci fossero disponibilità locali, come se fosse stato un mestiere che non interessava ai Veneziani. In realtà la Stato veneziano non promuoveva la formazione o l’apertura di scuole pubbliche ma “sosteneva” quella privata, lasciando al pater familia la massima libertà di scegliere il percorso formativo per i propri figli. Inoltre era di moda nelle famiglie aristocratiche, come in quelle dei neo ricchi, assegnare l’istruzione della propria figliolanza ad insegnanti privati, faceva tendenza avere maestri “foresti” francesi o tedeschi o provenienti da Milano, da Bologna e da Firenze.
Lezione universitaria |
Qual’era
la formazione scolastica ai tempi del Rinascimento nella Serenissima?
L’istruzione pubblica era ridotta molto male dopo
la chiusura delle scuole gestite dai gesuiti per lo scioglimento dell’ordine (avvenuto
a metà circa del 1600), al punto da
ritenere necessario quanto urgente riformare i programmi dell’intero sistema scolastico della Serenissima, dalle scuole elementari veneziane all’università padovana.
La riforma venne affidata al nobile Gasparo Gozzi
che con buon senso e pragmatismo portò a termine i diversi compiti ed incarichi
assegnatigli dal 1770 al 1775, pur non essendo
un pedagogista ma un letterato, storico, scrittore, editore, commediografo ed insegnante per necessità. Innovativo per quei tempi fu il modo con cui formulò
le sue proposte dopo aver “intervistato” i ragazzi, come su cosa avrebbero voluto fare da grandi e che
tipo di scuole avrebbero voluto frequentare.
Gasparo Gozzi |
Dopo la denuncia di un sistema superato ed
obsoleto, preparò un modello educativo che puntava sulle scuole pubbliche in
cui i libri di testo dovevano essere scritti dai docenti stessi (modo per dimostrare le reali conoscenze dell'insegnante). Propose l'istituzione del collegio universitario S. Marco, la riforma dell'Università
di Padova, senza scordare che progettò in chiave laica la ristrutturazione dell'Accademia
veneziana della Giudecca (frequentata dai nuovi poveri, gli ex aristocratici che
aumentavano ogni anno).
Il suo piano di studi era articolato in otto anni,
(le nostre medie inferiori e superiori), con specializzazioni nell’ultimo
biennio; introdusse il tempo pieno con il giovedì e la domenica liberi, e premi in denaro per
gli studenti bisognosi più meritevoli.
L’integrazione della teoria con la pratica e con
gli studi umanistici è alla base della riforma della scuola di Nautica, ubicata
nei pressi dell’Arsenale, che prevedeva due anni di teoria, poi due di imbarco,
quindi altri due anni di studio con le materie umanistiche. Questo modello sarebbe
stato ripreso dall’Austria, con l’accademia di Sant’Anna a Castello (nell’ex convento
delle monache
benedettine dove visse Suor
Arcangela Tarabotti), da cui uscirono ottimi marinai, e Venezia se ne accorse nella
battaglia di Lissa.
A Venezia
la formazione è lasciata all'iniziativa delle famiglie ed è orientata a quella mercantile.
Mappa delle eccellenze nella formazione dell'Italia rinascimentale |
Sulla formazione culturale dei giovani, Venezia, che non
fa eccezione rispetto gli altri Stati europei o italiani, sembra adottare un atteggiamento di disinteresse per il mondo della scuola e della
formazione di base. In particolare il Trecento rappresenta il momento cruciale
delle pratiche formative: l'istruzione professionale dei ragazzi e del loro avviamento al lavoro
avvenivano all’interno della famiglia, se l’attività era a conduzione
familiare, o tra le mura della bottega, se era sotto padrone.
I maestri laici insegnavano per mestiere e ricevevano un
compenso che veniva pattuito direttamente con i genitori o con i tutori dei
ragazzi, ovviamente l’importo dipendeva dal tipo di scuola e dalla
qualità/esperienza del maestro ma l'abbondanza dell'offerta faceva da calmiere
tenendo abbastanza bassi i costi, dato l'alto numero d'insegnanti presenti
sulla piazza, provenienti dai territori limitrofi per gli interessi o
per traffici commerciali con cui erano
più intensi i rapporti o perché assoggettatisi volontariamente.
Tra il 1300 ed il 1400 si assiste al fiorire delle scuole
gestite dai comuni, con insegnanti che beneficiavano di una paga assieme ad alcuni
privilegi: esenzione da tasse, gabelle e dalle prestazioni militari; spesso usufruivano
gratuitamente di un'abitazione arredata di proprietà del comune, fino ad una
quota annua di legname per il riscaldamento. Quando l’insegnante era famoso, da
venir conteso tra più comuni, l’autorità arrivava a pagare perfino le spese del
trasloco, comunque va precisato che queste spese erano parzialmente coperte
dalle rette fatte pagare agli studenti. Rette che venivano differenziate
secondo il grado d'istruzione richiesto, partendo dalla fondamentale
distinzione fra i non latinantes, per
i quali la frequenza in certi casi era gratuita, e i più avanzati latinantes.
A Venezia, tra il 1300 ed il 1500 durante la massima espansione economica
e politica, il mondo dell’istruzione (in cui è raro
incontrare insegnanti donne) visse lo scontro tra la cultura dominante
mercantile e quella umanistica come tra i nuovi modelli educativi che
proponevano le nuove forme delle
strutture pubbliche, subentrate a quelle ecclesiastiche
che fino ad allora ne avevano detenuto il monopolio.
La Serenissima, dal XVI° secolo, vantava il
miglior tasso d’istruzione in Italia ed in Europa con oltre il 30% di
alfabetizzazione nella sola Venezia lagunare, quasi il 90% dei ragazzi in età
scolastica frequentavano le scuole private, mentre nei piccoli centri erano le
scuole comunali quelle più frequentate.
L'educazione dei fanciulli
Un saggio del 1866 sulle concause dello
sfaldamento della società veneziana che precedettero la caduta della
Serenissima, metteva sotto accusa i “pervertiti
costumi” in uso e i comportamenti lascivi e molli presenti a tutti i
livelli della società dei precedenti 150 anni circa.
A quel tempo l’educazione dei fanciulli veniva
molto spesso affidata ad abatucoli e pretonzoli ignoranti e dissoluti che molto
volentieri approfittavano dell’innocenza dei ragazzini per soddisfare le
proprie tendenze sessuali. Non parliamo poi dell’educazione delle fanciulle
che, come abbiamo avuto modo di vedere in altri articoli del blog [vedi https://dalvenetoalmondoblog.blogspot.it/2018/03/le-violenze-sulle-donne-compiute-dai.html],
veniva affidata a monache definite a quei tempi “rilassate” e “scandalose”.
Grazie ad una letteratura disponibile al riguardo, dal Baffo al
Casanova, dal De Sade al Manzoni, sappiamo cosa avveniva all’interno dei
conventi dove venivano “recluse” le giovani ragazze mediante la “monacazione
forzata”.
Quando si parla di educazione molle e lasciva, non si può non citare
Giorgio Baffo, magistrato della Serenissima Repubblica nel 1700, compositore di
numerose poesie erotiche irriverenti, divertenti ed oscene con le quali denuncia spesso
il clero quale corruttore di fanciulli e ragazzi.
Giorgio Zorzi Baffo |
Il nobiluomo Zorzi Baffo dimostrava di avere idee
ben chiare sugli “usi e costumi” di una certa parte della società veneziana, con
versi diretti e senza mezzi termini, seppur in rima, riesce a rendere il quadro
reale per niente piatto e noioso.
Il titolo, semplice e lapidario, della poesia Contegno de Preti e Frati non lascia spazi a
dubbi interpretativi sul comportamento di certi frati e preti:
CONTEGNO DE PRETI E FRATI
Preti e frati, canagie buzarae,
zente de ogni estrazion, razza de muli,
ch’andè a sti putti buzzarando i culi,
e chiavando le done maridae;
de povertà fè voto e castitae,
e po’ ve volè tior tuti i trastuli,
sé ziogadori, puttanieri e buli,
e questa xè la vostra santitae!
Mi no so come a un viver cussì tristo,
e alle tante gran buzare che fè,
in Cielo staga saldo Gesù Cristo!
O che bisogna dir, che vu savè,
come se za de posta avessi visto,
che tute quante buzare le xe.
A quanto pare questi libertini tonacati vivevano una missione che di spirituale aveva ben poco.
Esistendo allora il fenomeno della “monacazione forzata”, che spessissimo portava nei conventi quella libertà di costumi di cui tutti ne erano a conoscenza, nonostante le restrizioni al riguardo della Serenissima e della Chiesa per tutelare le bambine da questa violenza, si potrebbe affermare che anche per preti e frati ci fosse una situazione similare, la “fratazione o pretazione forzata”, essendo l’unico modo per tirare a campare in maniera dignitosa senza le preoccupazioni quotidiane della sopravvivenza. Quindi questi uomini in abito talare dovevano convivere con tutte le naturali pulsioni che si acutizzavano a causa della reclusione nei monasteri e per la mancanza di quella libertà che normalmente ha un individuo.
Nella storia dell’uomo, l’educazione delle giovani
ragazze e ragazzi ha da sempre rappresentato il passaggio fondamentale per diventare
parte integrante del tessuto sociale; purtroppo nella Serenissima il marcio peggiore
si trovava proprio nel punto nevralgico e strategico della comunità, quello della
formazione che avrebbe dovuto essere la fucina destinata alla creazione dell’individuo
su cui costruire e sviluppare il futuro.
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