L'UNITA' IMPOSSIBILE DELL'ITALIA, LE RAGIONI.

Oggi ritorno sull'evidente disunità dell'Italia, paese che mai dalla sua preistoria, fino allla seconda metà dell'Ottocento, fu unito. Infatti anche durante l'impero romano, sotto la scorza del latino diventata lingua comune, continuavano ad esistere Liguri, Veneti, Siculi, come evidenziò uno storico nel primo secolo. L'Italia fu unita, paradossalmente, dall'universalità espressa dalla chiesa romana, che abbracciava le differenze e non le negava, ma il risorgimento massonico fu nemico del papato e anche per questo "i piemontesi" non furono accettati dalle masse, fedeli al campanile della chiesa di paese. Mi pare evidente che, se questo stato non riuscirà ad assumere una struttura federalista, continuerà a portarsi sulle spalle i problemi  profondi di identità che potrebbero, in un momento di crisi, portarlo alla dissoluzione.


Le due Italie, Identità nazionale, unificazione, guerra civile di Massimo Viglione



Il libro di Viglione è un utile manuale delle contestazioni al Risorgimento e ai primi decenni dell’Italia unita. Contestazioni non nuove, ripetute anche nel recente volumetto del cardinale (in pensione) Giacomo Biffi, L’Unità d’Italia. Centocinquant’anni 1861-2011 (Cantagalli). Il testo di Viglione è pieno, però, di riconoscimenti a storici di formazione molto diversa dalla sua. Il che si segnala come un gesto inedito e cavalleresco, atto a favorire un confronto civile.
Punto di partenza del libro è che «mai l’Italia fu amministrativamente e politicamente unita dalla preistoria al 1861 (anche nei secoli romani non si può parlare di "unità" nel senso moderno del concetto), ma sempre fu unita nella sua universalità». Ancora a metà del XIX secolo, quello che oggi è il nostro territorio nazionale «era sempre stato abitato non da un popolo etnicamente unitario, ma da un insieme di popolazioni, unite tra loro esclusivamente dall’elemento religioso e dalla memoria - più o meno pregnante - dell’eredità di Roma imperiale e della sua civiltà».


Per mille e cinquecento anni, dalla fine dell’Impero Romano, aveva scritto Aldo Schiavone (Italiani senza Italia, Einaudi), la Chiesa «si era data la missione di tenere insieme, pur adattandosi alle diverse epoche, le torri e i campanili d’Italia». L’istituzione religiosa ebbe dunque «la ventura di rimanere l’unica forza attiva nella Penisola che fosse riconducibile a una genealogia italiana... Finì con l’assumere perciò un ruolo di supplenza scopertamente politica ben al di fuori dei confini dei suoi domini temporali; in molte occasioni di difesa e di protezione locale - o almeno di velo - contro l’invadenza straniera».
E, prosegue Viglione, «visto che la religione e la Chiesa cattoliche erano di fatto non solo l’anima dell’italianità, ma anche l’unico concreto elemento unificatore delle popolazioni preunitarie, sarebbe stato logico ritenere che proprio su tale elemento si sarebbe dovuto far leva per costruire un processo di unificazione nazionale e statuale di tali popolazioni». E invece...
Invece le cose andarono alla maniera per la quale Viglione riprende la definizione «Rivoluzione italiana». Nel senso che tra l’altro «l’unificazione avvenne non solo non rispettando, ma andando contro il diritto vigente dei vari legittimi Stati preunitari, che furono infatti conquistati con la violenza e con l’inganno».


E una volta fatta l’Italia ad opera di élites minoritarie, si dovette procedere a «fare gli italiani» come disse Massimo d’Azeglio. Gli uomini del nostro Risorgimento, scriveva Adolfo Omodeo, «operarono essi per il popolo; si adattarono ad essere loro la nazione». È vero: da noi, come ha notato Ernesto Galli della Loggia (L’identità italiana, Il Mulino), si è fatta storia alla rovescia; prima si è costituito uno Stato, poi si è dovuto pensare a creare una nazione. E, per giunta, contro la Chiesa. L’Italia, ha scritto ancora Galli della Loggia, si trova ad essere «l’unico Paese d’Europa (e non solo dell’area cattolica) la cui unità nazionale e la cui liberazione dal dominio straniero siano avvenute in aperto, feroce contrasto con la propria Chiesa nazionale... L’incompatibilità fra patria e religione, fra Stato e Cristianesimo, è in un certo senso un elemento fondativo della nostra identità collettiva come Stato nazionale».

Estratto da un meraviglioso articolo che troverete qua: http://www.recuperanti.it/risorgimento_st.php?ar=1



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