PORTA LIVIANA A PADOVA E BARTOLOMEO D'ALVIANO


Porta Liviana per i padovani è quella che fu costruita (per due terzi a spese della città, in genere si usava così) da Venezia, in zona Pontecorvo. Ma pochi, anche tra loro sanno che il nome è tale perché riecheggia quello del grande Bartolomeo d'Aviano, intrepido condottiero umbro veneto del Rinascimento. Allora era di moda latineggiare i cognomi e così "d'Alviano" divenne "Liviano" per cui Tito Livio, come pensavo io, non centra nulla. Bartolomeo morì proprio nel 1515, l'anno in cui si iniziò l'opera. Aggiungiamo poi che fu su suo impulso che le mura poderose di Padova presero forma. 

.
..

Prima porta patavina a essere terminata (nel 1517), probabilmente su disegno dell'architetto luganese Sebastiano Mariani, la porta è dedicata al capitano generale Bartolomeo d'Alviano, morto il 7 ottobre 1515. Essa è infatti anche nota come porta Liviana.
E' un prisma cubico di 16 m di lato, con gli archi del passaggio sottolineati, sulle due facciate contrapposte, da paraste, trabeazione e timpano modellati nella pietra d'Istria. Si tratta di una delle prime connotazioni di esplicito significato architettonico che compaiono nel complesso fortificato padovano. Ma che prevalga la funzione utilitaristica non sembra dubbio, se solo si osservano le profilature del timpano tagliate dai passaggi per i tiranti dei due ponti levatoi, carraio e pedonale: gli spigoli dell'opera sono rinforzati da conci lapidei irregolari.
qui ancora con le mura integre ora in parte  abbattute per la viabilità 
.
Le superfici esterne in mattoni sono divise in tre fasce orizzontali da un cordone mediano in pietra tenera e da una cornice di gronda in calcare istriano; nella zona di mezzo si aprono due finestre per lato, che illuminano il locale al primo piano. Sopra la cornice, che raccoglieva l'acqua piovana dalla terrazza di copertura, si allunga il parapetto, arrotondato in sommità, nel quale si aprono le feritoie delle cannoniere.


Sopra il vertice del timpano esterno, tra le due finestre del piano superiore, è collocata un'architrave sostenuta da tre mensole che reggeva il leone di San Marco: vi si legge incisa la dedica al prefetto Giuliano Gradenigo, capitano di Padova nel 1517. Un ponte a tre arcate laterizie di 5 m di luce ciascuna e 10 di larghezza attraversava il fossato fino ad un ponte levatoio, che è stato poi sostituito con una quarta arcata in mattoni larga solo 6,5 m. Oggi esso si trova interrato sotto l'asfalto del piazzale.
.
Lo spazio interno è quadrato, con volta a botte lunettata; la porzione orientale è stata ritagliata con una tamponatura muraria per ricavare locali più confortevoli per il corpo di guardia. Il primo piano, accessibile tramite una stretta scala a chiocciola, è racchiuso da una volta a botte semicircolare che regge la terrazza di copertura ed è illuminato da otto finestre alquanto strombate in larghezza. Le feritoie sul parapetto sono state ricavate nella sola porzione esterna alla linea delle cortine; una delle due aperture frontali è chiaramente orientata sulla via esterna per Chioggia, l'odierna via Facciolati, che non è ortogonale alla porta.
C'è anche chi ha la fortuna di abitarci dentro, alla porta, abitando nei locali destinati ai "birri"  o guardie
.
La porta appare oggi slegata dalla cortina muraria e si presenta quindi come monumento isolato. Originariamente le mura si legavano ai lati della porta dove oggi si possono notare due nicchie semicircolari. Le brecce furono aperte per esigenze di viabilità e inizialmente, essendo le mura anche confine daziario fino agli anni '20 del Novecento, erano dotate di cancelli metallici.

(testo tratto da 
A. Verdi, Porte, bastioni, cortine, in G. Mazzi, A. Verdi, V. Dal Piaz, Le Mura di Padova, Il Poligrafo 2002, con integrazioni)

dal sito lemuradipadova.it

Commenti