GIUSTIZIA VENETA: PRESUNTO INNOCENTE? VEDIAMO CHE TIPO SEI...

Di Edoardo Rubini
Giustizia veneta, mai con la benda sugli occhi
Quanto alla presunzione di innocenza, nessuno al mondo la conobbe prima che fosse teorizzata da Cesare Beccaria. È un’innovazione meno intelligente di quanto venga decantata all’università o dai mass media, perché presenta il grave svantaggio di porre tutti gli imputati sul medesimo piano, come fossero tutti innocui (e così non è), in omaggio all’altro famoso dogma illuminista della “uguaglianza” di tutti gli esseri umani. Gli esseri umani hanno invece ciascuno una propria singolarità, non sono mai uguali (piuttosto la Civiltà Cattolica insegnava la pari dignità degli uomini: questo principio era sempre valido nella Repubblica Veneta, che riconosceva la parità degli individui davanti alla Legge).

Nella Repubblica Veneta non vigeva dunque la presunzione di innocenza, ma non vigeva neanche la presunzione di colpevolezza: in astratto non si presumeva un bel niente. Su chi gravavano lievi accuse, oppure indizi labili (“remoti” si diceva allora) non era disposto il tormento della corda, mentre i pericolosi farabutti, che avevano dato scandalo, non erano trattati con troppi riguardi perché sarebbero tornati a delinquere o a minacciare le loro vittime, quindi subivano il trattamento necessario a indurli a collaborare con la Giustizia. Non si capisce perché non debba essere più così.

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