COME ERA FATTA UNA GALEA?

Non c’è accordo tra gli studiosi sull’etimologia del nome; dalla forma della galea, tuttavia, si può ritenere la parola derivante dal greco galeos, pesce spada. 
Le origini risalgono alla liburna romana e al più tardo dromone bizantino, il cui dominio sul Mediterraneo finì con l’apparizione della galea. Nata nel IX secolo, la sua struttura, vero gioiello idrodinamico, restò quasi invariata per tutto il basso medioevo. 

Nel quattrocento le armi da fuoco sostituirono quelle da lancio1 e nei secoli XVI - XVII la lunghezza fu notevolmente aumentata. Nave da guerra per eccellenza, la sua forma rispondeva egregiamente alle rapide manovre richieste dal combattimento. 

galeazza, ricostruzione forse un poco di fantasia
Lo scafo lungo, stretto e basso, poteva misurare 40 – 45 metri di lunghezza per una larghezza che non superava i 6 metri e una profondità di circa 2 metri. La prora affilata finiva in un lungo sperone, la poppa ricurva alloggiava due remi di governo, ricurvi anch’essi come una scimitarra. 

Sullo scafo, chiuso da una coperta curvata, poggiava un’intelaiatura rettangolare denominata telaro. Era costituita da due grosse travi longitudinali chiamate posticci, unite a prora e a poppa da altre due travi, i gioghi. Questa robusta struttura sporgeva per oltre un metro da entrambi i lati delle murate, era sostenuta dai baccalari, grosse mensole saldamente unite allo scafo e sorreggeva due passerelle usate per schierare gli armati durante le battaglie. 

spaccato di galea romana
Un camminamento sopraelevato di circa un metro e mezzo dal ponte e molto stretto, chiamato corsia, attraversava centralmente da prora a poppa il telaro; ai lati della corsia, angolati verso poppa, erano sistemati i banchi dei rematori, in numero di 55 – 65 per banda con un intervallo tra di loro di circa un metro, lasciando uno spazio libero a tribordo per il focone, la rudimentale cucina, e un altro a babordo per il caico (scialuppa) . 

imbarco di truppe oltremarine sulle galee, sullo sfondo delle galeazze
La corsia era munita di grandi sportelli che chiudevano un magazzino dove si conservavano alberi di rispetto e attrezzi vari. Sul giogo che delimitava il telaro a prora si trovava la rembata, piccola piattaforma destinata alle armi da lancio e tra questa e lo sperone restava libera una porzione triangolare di coperta, usata per le manovre di ancoraggio e ormeggio. 

Dopo il giogo di poppa, si alzava sul ponte un tavolato di forma leggermente trapezoidale, con una superficie di una trentina di metri quadri e chiuso ai fianchi da impavesate; lo sormontava una leggera struttura in legno ricoperta di stoffa: la cosiddetta carrozza, destinata al capitano e ai suoi ufficiali. Due barcarizzi situati ai lati di uno spazio chiamato giardino, disposto tra la fine del telaro e la carrozza, permettevano di salire a bordo.

Gladis Alicia Pereyra

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