LE CRAINE DELLA DALMAZIA VENETA
Fu dopo la guerra di Cambrai che Venezia ebbe piena coscienza di esser uno stato vero e non più un Dogado con estensioni territoriali in Terraferma e Oltremare. La coesione, il sentimento di fedeltà nella Terraferma veneta (Lombaria veneta e Patria del Friuli comprese) da parte della popolazione, considerata anche da Marin Sanudo come "lombardi" acquisiti, fu esemplare.
Il Macchiavelli, osservatore del conflitto per conto della Signoria di Firenze ne diede chiara a
testimonianza nei sui rapporti, giungendo ad osservar che Venezia fino a quando avesse potuto contare su simili sudditi, non aveva da temere nessun nemico. Lo stato dei veneti era fatto, e San Marco era il suo simbolo, il simbolo di una antica Nazione ora rinata.
Andrea Gritti, diventato Doge, riorganizzò la Milizia territoriale non solo della Terraferma ma anche d'Oltremare chiamando "Cernide" le prime "Craine" le seconde.
Le craine erano truppe irregolari, inquadrate con compiti di azione di controllo delle frontiere della Dalmazia (da CRAIJ, termine slavo che significa frontiera, appunto) e facenti capo al comando di un ufficiale veneziano. Il quale doveva avere il suo da fare a controllare truppe fiere, fedelissime ma altrettanto indisciplinate.
Erano impiegate anche in azioni di disturbo, e nella “guerra sporca” dato che questi guerrieri erano soliti non fare prigionieri, se non si poteva estorcere qualche riscatto. La componente etnica era varia, potevano essere serbi, croati, morlacchi anche a cavallo, e albanesi. La divisa che ho ricostruito, non è una vera e propria uniforme, ma un abito etnico di fine Seicento. Quindi anche tra un soggetto e l’altro, poteva presentare variazioni quasi infinite. In effetti, negli archivi non risulta che questi militi avessero una divisa, mentre truppe analoghe inquadrate nell’esercito austriaco, avevano uniformi vere e proprie che si rifacevano al costume etnico.
L’armamento era il più vario, specie se a cavallo la schiavona (spada che vedete nella foto), era a volte sostituita da una specie di scimitarra alla moda turchesca. Un cinturone di cuoio, sotto la sciarpa in vita di vari colori (giallo, rosso, o a striscie colorate come questa) tratteneva una o due pistole. Immancabile il coltellaccio, a volte lungo come una spada, con il manico in osso, ricavato dal femore di un agnello, dalla forma caratteristica (lo potete vedere accanto alla pistola, ricostruito).
Il berretto che ho adottato, è un cappuccio rosso ornato da tre piume, a volte queste erano portate sulla fronte, a volte al lato sinistro, questo almeno nel 700, ma non escudo la prima soluzione anche per questo periodo. Il cappuccio era molto spesso, specie d’inverno, a volte contornato da pelliccia.
Il mantello rosso, è un capo che non mancava mai, con un ampio cappuccio permetteva di resistere alle notti all’addiaccio. Tale mantello era in uso anche agli schiavoni veneziani regolari.
Ho ripreso, dietro i polpacci, il sistema di allacciatura tipico per gli schiavoni, che permetteva una aderenza stretta del pantalone trasformato così in calzabraca. Nella stagione estiva al posto dello stivaletto, compariva un paio di sandali, detti opanci, con la punta in su. Immancabile una pipa a completare il quadro dell’anziano schiavone, fedelissimo a San Marco e quindi mai disposto ad andare in pensione 😉 .
Erano impiegate anche in azioni di disturbo, e nella “guerra sporca” dato che questi guerrieri erano soliti non fare prigionieri, se non si poteva estorcere qualche riscatto. La componente etnica era varia, potevano essere serbi, croati, morlacchi anche a cavallo, e albanesi. La divisa che ho ricostruito, non è una vera e propria uniforme, ma un abito etnico di fine Seicento. Quindi anche tra un soggetto e l’altro, poteva presentare variazioni quasi infinite. In effetti, negli archivi non risulta che questi militi avessero una divisa, mentre truppe analoghe inquadrate nell’esercito austriaco, avevano uniformi vere e proprie che si rifacevano al costume etnico.
L’armamento era il più vario, specie se a cavallo la schiavona (spada che vedete nella foto), era a volte sostituita da una specie di scimitarra alla moda turchesca. Un cinturone di cuoio, sotto la sciarpa in vita di vari colori (giallo, rosso, o a striscie colorate come questa) tratteneva una o due pistole. Immancabile il coltellaccio, a volte lungo come una spada, con il manico in osso, ricavato dal femore di un agnello, dalla forma caratteristica (lo potete vedere accanto alla pistola, ricostruito).
Il berretto che ho adottato, è un cappuccio rosso ornato da tre piume, a volte queste erano portate sulla fronte, a volte al lato sinistro, questo almeno nel 700, ma non escudo la prima soluzione anche per questo periodo. Il cappuccio era molto spesso, specie d’inverno, a volte contornato da pelliccia.
Il mantello rosso, è un capo che non mancava mai, con un ampio cappuccio permetteva di resistere alle notti all’addiaccio. Tale mantello era in uso anche agli schiavoni veneziani regolari.
Ho ripreso, dietro i polpacci, il sistema di allacciatura tipico per gli schiavoni, che permetteva una aderenza stretta del pantalone trasformato così in calzabraca. Nella stagione estiva al posto dello stivaletto, compariva un paio di sandali, detti opanci, con la punta in su. Immancabile una pipa a completare il quadro dell’anziano schiavone, fedelissimo a San Marco e quindi mai disposto ad andare in pensione 😉 .
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