Di Rudio, il bellunese che combatté con Custer
IL BELLUNESE CHE COMBATTE' A LITTLE BIGHORN
Chi era l'avventuriero, ex garibaldino, coinvolto nell'attentato a Napoleone III, condannato all'ergastolo alla Cayenna da cui fuggì, che forse ispirò l'autore del romanzo Papillon e che combattè a fianco del generale Custer contro i Sioux?
Carlo Di Rudio - Charles DeRudio |
Una vita avventurosa
Il conte Carlo Camillo Di Rudio nacque a Belluno in una famiglia di nobili: il padre era il conte Ercole Placido e la madre la contessa Elisabetta de Domini. Detto "Moretto" per i suoi capelli neri corvini, assieme al fratello Achille, fu avviato, non ancora quindicenne, alla carriera militare presso il Collegio Militare di San Luca di Milano, l'odierna Scuola militare "Teuliè".
Nel 1848 fu coinvolto nei moti lombardi delle cinque giornate di Milano e uccise un soldato austro-croato dopo essere stato testimone di uno stupro e dell'assassinio di due donne. A seguito di queste esperienze maturò un forte sentimento antiaustriaco. Trasferito nelle prigioni di Graz, ritornò clandestinamente a Belluno, accompagnato dal fratello Achille. Dopo aver abbracciato gli ideali mazziniani, accorse alla difesa di Venezia seguendo il compaesano Pier Fortunato Calvi. Fu sulle barricate di Venezia che il fratello Achille trovò la morte a causa di una infezione colerica.
Sfuggito alla polizia austriaca, Carlo di Rudio trovò riparo a Roma dove combatté per la Repubblica Romana e qui ebbe modo di conoscere Garibaldi, Mazzini, Mameli, Bixio, i fratelli Dandolo ed Aurelio Saffi. Con Venezia occupata dall'esercito austriaco e Garibaldi esule a New York, Di Rudio, ormai braccato dalla giustizia austriaca, fuggì a Parigi, per schierarsi sulle barricate con i Giacobini che si opponevano al colpo di stato di Napoleone III di Francia.
Nello stesso anno, 1851, partecipò all'insurrezione mazziniana del Cadore dove il padre Ercole Placido e la sorella maggiore Luigia furono arrestati e incarcerati a Mantova.
Nel 1857 si trasferì a Genova per imbarcarsi per l'America del Nord.
Naufragato a Cartagena, fu costretto a rifugiarsi in Spagna, poi travestito da prete giunse in Francia e attraversando la Svizzera (venne pure arrestato ed espulso), arrivò in Piemonte dove potè congiungersi ai propri genitori ed infine, dopo tanto peregrinare, approdò a Londra. Qui conobbe la nobile quindicenne Eliza Booth che divenne sua moglie, e per un certo periodo l'irrequieto patriota condusse una vita dedita alla famiglia pur continuamente afflitta da problemi economici. Per sbarcare il lunario lavorò per alcuni mesi come giardiniere al servizio di Luigi Pinciani, un noto filantropo amico di Victor Hugo e di Giuseppe Mazzini, con il quale era costantemente in contatto.
L'attentato a Napoleone III e la condanna all'ergastolo
Lo spirito rivoluzionario ebbe il sopravvento sulla vita anonima di tutti i giorni.
Così partecipò allo sciagurato piano progettato da Felice Orsini per assassinare l'imperatore Napoleone III, ritenuto colpevole del fallimento dei moti italiani del '48-'49.
Alle 8 e mezza di sera del 14 gennaio 1858, nei pressi dell'Opéra National de Paris, tre bombe furono lanciate contro il corteo imperiale che lasciarono Napoleone III e l'imperatrice Eugenia completamente illesi (l'imperatore subì solo una piccola ferita alla guancia), ma causarono invece otto morti e ben 156 feriti tra la folla assiepata ai bordi della strada.
Di Rudio fu catturato la sera stessa e processato nel mese di febbraio con tutti gli altri congiurati italiani: Giovanni Andrea Pieri di Lucca, Antonio Gomez di Napoli e naturalmente l'Orsini.
Un altro congiurato, il francese Simone Francesco Bernard, riuscì invece a sfuggire alla cattura. Orsini e Pieri, ritenuti colpevoli, furono condannati a morte e giustiziati il 13 marzo, mentre Di Rudio, condannato a morte in un primo tempo, riuscì grazie all'influenza del suocero inglese, all'abilità del suo avvocato e all'indulgenza concessa dall'imperatore a sfuggire alla ghigliottina, rimediando una condanna all'ergastolo nella colonia penale dell'Isola del Diavolo nella Caienna nella Guyana francese.
Detenuto alla Caienna
Di Rudio, considerato un sovversivo politico anche dai compagni di reclusione resistette alle provocazioni degli altri ergastolani, non smise mai di pensare alla fuga da quell'inferno. Ciò nonostante riuscì a trovare degli alleati a partecipare al suo tentativo di fuga. Dopo aver fallito il primo tentativo, con mesi e mesi di preparativi segreti, la fuga riuscì nel 1859 suscitando un clamore eccezionale in tutte le terre coloniali francesi.
I fuggiaschi raggiunsero, dopo innumerevoli peripezie, il territorio inglese della Guyana trovandovi funzionari ben lieti di nasconderli alle pressanti richieste francesi (molti deportati infatti erano condannati politici, invisi alla monarchia francese ma non alla corona inglese). Da qui si imbarcò per l'Inghilterra riabbracciando nuovamente la famiglia. Era il 1860.
Che abbia ispirato il francese Henri Charrière a scrivere Papillon, il romanzo autobiografico pubblicato in Francia nel 1969, da cui nel 1973 fu tratto l'omonimo film di grande successo, diretto da Franklin J. Schaffner ed interpretato da Steve McQueen e Dustin Hoffman?
DeRudio in dolce compagnia |
In cerca di fortuna in America
In Inghilterra, sempre afflitto dai problemi economici ma braccato dalle polizie francesi e austriache senza alcun futuro in terra inglese, su consiglio di amici e conoscenti decise di emigrare con la famiglia negli Stati Uniti con in tasca una raccomandazione di Giuseppe Mazzini.
Sbarcato a New York, anglicizzò il suo nome in Charles DeRudio e nel 1861 si arruolò come semplice volontario nell'esercito federale americano. Con il 79º Volontari Highlanders di New York venne impegnato nella guerra civile. Si mise ben presto in luce al punto di meritarsi i gradi di sottotenente di una compagnia del 2º USCT, composta essenzialmente di soldati di colore ed impegnata con compiti di polizia militare in Florida.
Nel 1865, terminata la guerra, Charles DeRudio (raccomandato da influenti amici repubblicani, i soli a conoscere il suo vero passato) fu incorporato nei ranghi dell'esercito americano e nel 1869 venne assegnato al 7th Cavalry Regiment degli Stati Uniti, agli ordini del personaggio più discusso e controverso della storia americana, il tenente colonnello George Armstrong Custer.
tenente colonnello George Armstrong Custer |
Little Bighorn
Il 25 giugno 1876 Carlo Di Rudio partecipò alla celebre Battaglia del Little Bighorn, che vide il 7° cavalleggeri impegnato contro le tribù dei Sioux, Hunkpapa, Oglala comandate da Toro Seduto e dei Cheyenne capeggiati da Cavallo Pazzo.
Inspiegabilmente il tenente Di Rudio fu uno dei pochi superstiti pur avendo eseguito eseguito gli ordini che lo vedevano impegnato in una colonna parallela che avrebbe doveuto attaccare il campo indiano.
Altri italiani militavano tra le file del 7º Cavalleggeri: il trombettiere Giovanni Martini (americanizzato in John Martin), giovane recluta nato Sala Consilina (SA), salvatosi solo perché Custer lo mandò a chiedere rinforzi, il capo della banda musicale del reggimento Felice Vinatieri, l'altro musicista Francesco (Frank) Lombardi, Agostino Luigi Devoto, Giovanni Casella, Alessandro Stella, Giuseppe Tulo e Francesco Lambertini.
il trombettiere Giovanni Martini (americanizzato in John Martin), nato a Sala Consilina (SA). Assieme a DeRudio fu uno dei pochi superstiti della battaglia di Little BIghorns |
Senz'altro ce ne saranno stati altri di cui oggi si è persa memoria. Essendo uno dei pochi superstiti della battaglia finì sulle prime pagine di tutti i giornali americani, tra polemiche, insinuazioni, inchieste e testimonianze in aula del tribunale. Alla fine furono tuttavia riconosciuti sia ilsuo valore sia il suo corretto comportamento militare ma non ci furono prove che abbiano confermatoo la sua non partecipazione alla battaglia.
Custer e il 7° Cavalleria |
Terminata la bufera mediatica venne trasferito nelle terre del Nordovest ed assegnato ad altri incarichi. Qui Carlo Di Rudio, ormai capitano, partecipò tra luglio e ottobre 1877 alla guerra dei Nasi Forati che si concluse con l'epico inseguimento a Capo Giuseppe, l'indiano Nez Percé che era riuscito a tenere in scacco l'esercito americano con i suoi pochi guerrieri e la sua disperata fuga verso il Canada. L'ormai anziano soldato italiano, trasferito in Texas con nuovi incarichi logistici, riuscì a conoscere anche il grande Geronimo degli Apache Chirichaua e nel 1896, a 64 anni nella tranquilla guarnigione di frontiera, raggiunse la tanto agognata pensione.
Ritiratosi a San Francisco nel 1904 con il grado di maggiore morì a Pasadena (California) all'età di 78 anni assistito dalle tre figlie Italia, Roma e America, in un letto sovrastato dai ritratti dei suoi tanto amati compagni d'avventura: Pier Fortunato Calvi e Giuseppe Mazzini.
Il giallo di Francesco Crispi
Di Rudio fu anche al centro di un mistero che, rimasto tale fino a nostri giorni, riguarda tutti i componenti dell'attentato a Napoleone III.
Allo storico Paolo Mastri, che gli scrisse poco prima della sua morte chiedendogli precisazioni sul ruolo dell'Orsini nell'attentato, Di Rudio rispose di averlo visto consegnare una delle tre bombe nientemeno che a Francesco Crispi, l'ex capo del Governo italiano.
Inoltre Di Rudio sostenne che sarebbe stato proprio Crispi e non Orsini a lanciare la terza ed ultima bomba contro il corteo imperiale; le altre due furono lanciate, una dallo stesso Di Rudio e l'altra da Gomez. La rivelazione, ripresa dai giornali francesi, scatenò una furiosa ed inevitabile polemica internazionale. I parenti di Crispi, nel frattempo morto, le definirono come fantasie di un povero vecchio mentre una buona parte della pubblica opinione prender le sue difese.
Gli storici odierni ritengono poco probabile ipotizzare una partecipazione all'attentato del futuro presidente del Consiglio, anzi non danno eccessivo peso alle affermazioni di Di Rudio in quanto Crispi, pur essendo effettivamente a Parigi il giorno dell'attentato, venne arrestato ed espulso dalla Francia.
Gli storici sono scettici sulla effettiva partecipazione di Crispi non tanto per la descrizione fisica che ne fece Di Rudio (a quei tempi Crispi portava una folta barba e non solo dei grossi baffi), ma soprattutto perché in quegli anni era politicamente ancora legato a Mazzini (il maggior nemico di Orsini), dal quale si allontanerà solo due anni dopo per unirsi a Garibaldi nella spedizione in Sicilia.
La tomba di Di Rudio al National Cemetery di San Francisco |
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