la cassa peota, invenzione veneziana
La Cassa Peòta,
un’invenzione tutta veneziana
Mentre i nobili veneziani
trascorrevano le loro vacanze estive in ville costruite sulle rive della Brenta,
o lungo il fiume Sile, scambiandosi visite reciproche, chiacchierando,
sparlando e amoreggiando, le popolane
veneziane potevano accontentarsi di una sola giornata all’anno di festa tutta
per loro che veniva chiamata garanghello.
Era una giornata di giusto
compenso, dopo un intero anno durante il quale accantonavano piccole somme
nella cassa peòta per permettersi una gita in campagna, senza mariti o
fidanzati o figli.
peota in regata |
I garanghelli erano effettuati risalendo i fiumi a bordo delle peòte, barconi che di solito trasportavano il carbone, che per l’occasione veniva governato da due anziani e che dopo averlo ripulito per bene ed addobbato a festa, vi si caricavano vivande e vino.
Le donne per finanziarsi queste
giornate di svago s’inventarono la cassa peòta, un sistema geniale e profiquo
per poter disporre di modeste somme di denaro.
Questa giornata di svago veniva
vissuta, nell’attesa che arrivasse, come il rito che scacciava i pensieri e la
miseria del quotidiano.
Come funzionava
Era un rudimentale sistema di
risparmio ed investimento con a capo una cassiera, la quale versava una piccola
somma iniziale, quindi veniva stabilita la quota che le componenti della Cassa
dovevano versare per formare il capitale iniziale di questa piccola “banca”.
Venezia aveva già le sue banche ma quelle etiche furono inventate dalle
donne e avviate grazie alla cresta sulla spesa o impegnando le bucole d’oro o
vendendo il copriletto ricamato al tombolo da bambine. Le socie potevano così
chiedere un prestito per sanare qualche debito, far fronte a una spesa
improvvisa come una malattia o una figlia che “doveva maridarse parchè insinta”
o soddisfare qualche piccolo capriccio. La somma ottenuta doveva esser
restituita a rate settimanali entro sei mesi o un anno aggiungendo un piccolo
interesse, che andava a finanziare proprio il garanghelo. Inoltre potevano
contribuire ad aumentare il capitale in Cassa. Ogni sei mesi i denari ricavati
dagli interessi e dalle multe venivano spesi per gite o per pranzi in cui tutte
mangiavano e bevevano divertendosi in compagnia, in attesa di riprendere questo
ingegnoso sistema per finanziare svaghi o per affrontare momenti particolari di
necessità.Le Casse Peòte sono continuate per secoli all’insaputa di mariti e padri e dimostrarono l’inventiva, lo spirito pratico e le capacità manageriali delle donne veneziane che erano di fatto le vere amministratrici dei salari dei mariti e dell’economia familiare. Erano donne consapevoli del proprio acume, allegre e fornite di inventiva e intelligenza per godere delle gioie della vita!
E’ stato proprio l’ingresso nell’Unione
Europea a metterle fuori legge, dichiarando indebita la loro attività
creditizia e privandole di tutela giuridica. Tutte dovettero ufficialmente
chiudere al 31.12.1997 (solo in provincia di Venezia ne esistevano un centinaio)
ad eccezione della Società Operaia di Mutuo Soccorso di Mogliano Veneto (una
variante del sistema) fondata nel 1874 da Giuseppe Boldini, pittore, patriota
risorgimentale, podestà e poi sindaco del paese e che ogni anno celebra
l’anniversario della fondazione con la manifestazione dei “5 panaini”, pan e
vin, nelle varie borgate di Mogliano. Oggi i soci “si danno una mano” non a
reciproco vantaggio, ma per aiutare i nuovi poveri, gli emarginati, gli
stranieri.
Vennero sostituite o assimilate dalle
casse rurali, sembravano scomparse, fino a quando non si leggevano notizie di
cassieri infedeli che scappavano con il bottino, “una volta perfin do miliardi!” scriveva il Gazzettino.
OGGI come possono funzionare
(http://www.bankpedia.org/index.php/it/90-italian/c/19020-cassa-peota)
Le
casse peota sono iscritte in una sezione dell’elenco previsto dall’art. 155
TUBC presso l’UIC e devono rispettare le direttive del CICR
(del. 9.2.2000) che prevedono:
-
che lo statuto deve contenere la denominazione, lo scopo, la sede ed il nome
del rappresentante legale, con la specificazione dei relativi compiti e
responsabilità;
-
che il numero degli associati non sia superiore a 200;
-
che i fondi raccolti siano contenuti entro il limite di 3 milioni per ciascun
associato e possano essere impiegati, in misura non superiore alla metà,
esclusivamente per fini mutualistici, in prestiti agli associati entro il
limite individuale di 6 milioni;
-
che i fondi residui vengano investiti in titoli di stato, obbligazioni bancarie
o depositi bancari;
-
che sia preclusa la raccolta di fondi a vista e ogni forma di raccolta
collegata all’emissione o alla gestione di mezzi di pagamento a spendibilità
generalizzata.
Il
rappresentante legale di una cassa peota deve essere in possesso dei requisiti
di onorabilità.
Il
d.m. Tesoro 26.7.2000 precisa che le casse peota continuano a svolgere la
propria attività nell’attuale forma giuridica e le esenta dai requisiti minimi
di capitale versato di cui all’art.106, comma 3, lettera c), del testo unico
bancario.
Informate il presidente zaia grazie
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