IMMIGRAZIONE ED INTEGRAZIONE, UNA TESTIMONIANZA DAGLI STATES

Una mia amica veronese che ora vive in California ha pubblicato nella sua pagina:
La mia famiglia rappresenta l'immigrazione in tutte le sue forme...già dalla fine del 700.Alcuni dei miei avi sono arrivati a Napoli dalla Francia nel 1799 con la Rivoluzione Napoletana (i Monet, mia madre di cognome faceva Monetti) e si stabilirono ad Ischia acquistando vigneti e locande.
Un Monetti emigrò a N.Y. nel 1922(il mio bisnonno) e con lui due dei suoi figli. 
Da parte paterna l'emigrazione puntò verso l'Argentina, dove emigrarono prima i miei nonni paterni e dopo i miei genitori...e dove sono nata io. I miei tornarono in Italia nel 63...e nel 77 emigrai io verso gli USA dove poi...dieci anni dopo, è nata mia figlia. Mi sento quindi titolata ad esprimermi sull'emigrazione, immigrazione, integrazione, non integrazione.
Qualsiasi sia la ragione per cui si emigra, l'integrazione risulta difficile se non impossibile se non ci si distacca dal proprio gruppo di provenienza.Più grande è il gruppo nel quale ti includi e più resterai attaccato al tuo Paese d'origine e alla sua cultura, legato a quel momento in cui sei partito...anche se il tuo Paese, nel frattempo è cambiato, si è evoluto.
Questo è stato il primo pensiero che mi è venuto quando sono stata a N.Y., e ho visitato parenti a Little Italy e Brooklyn. Nell'80 un esercito di italo-americani si professava Italiano. Non parlavano bene Inglese , mantenevano usi e costumi ormai desueti in Italia e la loro mentalità era pre-seconda guerra mondiale. Una specie di spaventoso salto indietro nel tempo, con contaminazioni americane incredibili. Un ibrido che non apparteneva nè all'Italia, nè all'America. 
Diverso completamente il "troncone " familiare Californiano, perfettamente integrato, dove essere Italiani riguardava solo l'unità familiare. La mia conclusione, viste le varie esperienze familiari e personali è che per integrarti nel Paese d'accoglienza, devi necessariamente distaccarti da quello di provenienza. E' questa la vera sfida di chi emigra...non tutti ne sono capaci e restano legati da un falso senso di appartenenza a culture, usi e consumi e a gruppi etnici o nazionali che li porta ad un'auto esclusione e ad essere sempre stranieri, perfino nei Paesi più accoglienti.

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