Venezia e la sua edilizia popolare del '500: le prime case a schiera!

Di Gianni Cecchinato

Uno dei più importanti aspetti nell’urbanistica veneziana del '500 furono le "case a schiera" che
raccoglievano un gruppo di appartamenti costruiti per diverse famiglie, soluzione abitativa che si
impose per la modernità concettuale. In realtà realizzarono per primi le case popolari, tenendo
presente la morfologia delle isole che costituivano la città, il nucleo urbano e la dislocazione delle
attività produttive. Lo spazio edificabile era ovviamente limitato e quindi le costruzioni dovettero
svilupparsi in altezza quando la popolazione aumentò notevolmente tra il l'XI° ed il XIII°° secolo.
Il più bel esempio di sfruttamento in verticale lo si trova all'isola del "ghetto", dove gli ebrei
realizzarono i primi "grattacieli" da 7/8 piani su terreni rubati alla laguna costruendo, com'è poi tutta
la città, su piattaforme di palafitte ottenute piantando tronchi di legno (acacie o castagno) sul fondo
della laguna. I pali rimanendo sommersi nella terra rimanevano senza ossigeno, fatto che in caso
contrario li avrebbe fatti marcire in poco tempo, quindi sono durati fino ad oggi e la città non è
ancora sprofondata.
La Serenissima cercò di mantenere la ricchezza ed il benessere dei fautori della sua potenza, cioè:
artigiani, operai, marinai.
Dedicò una tipologia di edilizia popolare, attravero il giudizio della nuova classe dirigente, che attuò
un progetto per la costruzione di case adibite ad abitazione per marinai particolarmente meritevoli
già dal 1347, e che vide il suo sviluppo architettonicamente valido e splendido nella Marinarezza a
Castello, sulla Riva dei Sette Martiri.

La Serenissima, con la consapevolezza di aver raggiunto un ordine politico nuovo, realizzò un
costume sociale definito giustamente "arte di Città-Stato".
Tutte le case, anche le più umili, facevano parte di un paesaggio con la sua urbanistica unica.
Alcune Scuole, a partire dal 1400 con un fervore edilizio unico, sull’esempio dello Stato fecero
costruire per i loro iscritti deliziose case a schiera come appaiono nelle straordinarie vedute di
Jacopo de Barbari, una architettura di tessuto vivente, senza distinzioni di edilizia maggiore o
minore, di ricchi o di poveri.
Lo sviluppo di questa tematica e di questo approccio ad un'urbanistica che rendesse merito alla
crescita di Venezia venne dato da Andrea Dandolo, primo doge umanista laureatosi a metà del 1300
a Padova.
La struttura e la razionalità di queste case in serie superano lo schema dell’antica pianta della "casa
fondaco" di ispirazione orientale, con al piano terra o livello d'acqua il salone centrale ed i vani
laterali dedicati alle mercanzie in entrata od in uscita, comunque sempre posta su un canale. Ai piani
superiori si trovavano gli alloggi della proprietà mentre quelli della servitù nel sottotetto.
Essa sorgeva sull’acqua ed uno degli esempi più noti arrivati fino a noi sono la Cà d’oro oppure il
fondaco dei tedeschi sul Canal grande.
Le case in serie moltiplicavano lo spazio in vari piani in un serarato blocco di vani interni: esse
furono frutto di uno spirito di collaborazione e di vita comunitaria suggerite già alla fine del trecento.
dalle “scuole” , grandi o piccole di aspirazione assistenziale o corporativa di lavoro.
L’edificio divenne per esigenze sociali una costruzione più complessa e articolata per singoli nuclei
familiari, fatta il più delle volte con sovvenzione dello Stato o delle “Schole Grandi”.
Caratteristiche sono ad esempio le case a schiera di Proprietà di S. Rocco, o della Schola della
carità, che mettono in mostra lo stemma delle confraternite.

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