I MULINI NATANTI DELL'ADIGE

Nel 1480 si contavano fra Boara, Lusia e Concadirame 7 molini che, per statuto del 1440, dovevano stare 18 piedi dalla riva.
Nel 1575 se ne contavano 42 da Lusia ad Ariguillara e 52 nel 1584, mentre nel 1587/88, a Concadirame quelli che erano tenuti a pagare il dazio erano 14.
A Grompo, sul Ceresolo, operavano 4 molini, forse terragni: 2 della famiglia Targa ed altri 2 della famiglia Scalabrin.
Nel 1590 nella parte Padovana dell'Adige se ne enumeravano 40 e 25 nel Polesine.
In una rappresentazione cartografica della parte padovana di Concadirame del 14 settembre 1590 di Cristoforo Sorte sono ben figurati i molini in numero di 12, lungo le due sponde. Questi erano di proprietà dei Manfredini per diritto feudale ed i mugnai ne erano affittuari o livellari.
Come riporta la Camera di Commercio di Rovigo, istituita nel 1803, i mugnai del Polesine nel 1808 sono 250.
Nel 1819 i mugnai di Concadirame del Polesine risultano:
1 - Paganin Paolo di Girolamo n. 1795 m. 1855
2 - Paganin Giuseppe
3 - Bassani Antonio di Francesco n. 1786 m. 1849
4 - Bordin Giò Batta di Giuseppe n. 1784
5 - Zurma Giò Batta n.1778 m. 1848
6 - Carotta Domenico n. 1766
7 - Carotta Antonio n. 1761
8 - Bordin Francesco di Antonio n.1782 m. 1824
9 - Zennaro Antonio n. 1765

Bellotto, veduta dell'Adige con mulini
I molini sull'Adige ed il Po nella seconda metà dell'Ottocento raggiunsero il numero ragguardevole di quasi 200.
I mulini natanti del Regno Lombardo-Veneto dovevano sottostare a discipline dettate dalle condizioni generali, fra cui si prevedeva di:
non stare ad una distanza inferiore di 12 mt. dalla riva per non danneggiare la sponda;
da opificio ad opificio la distanza doveva essere almeno di 65 mt. e le ruote non potevano stare dalla parte dell'argine;
ogni molino doveva essere fermato ed attaccato mediante un palo conficcato nell'acqua, e se questo non era possibile, si poteva piantare un palo sulla scarpata del fiume che pendeva verso la campagna, collegandovi una corda o catena senza interrarla nella sponda;
gli opifici dovevano essere posizionati in modo di lasciare intravedere il fiume 500 mt. a valle e 500 mt. a monte;
non si doveva intralciare la navigazione fluviale e bisognava lasciare al canale una larghezza non inferiore agli 80 mt.;
il molino non doveva essere mai abbandonato e doveva essere fornito di un battello con 2 remi.
Ogni molino era numerato a spese del proprietario con numero progressivo ed iniziale del Circondano da porre alla poppa.
In caso di formazione di ghiaccio sulla superficie dell'acqua del fiume, il molino doveva essere trasportato nei punti meno pericolosi indicati dall'lng. dell'Ufficio delle Pubbliche Costruzioni o dal custode della Sezione.
Angelo Montagnolo
-2
pubblicato nel trimestrale "L'Adese" anno II, n. 2 - settembre 2001 - pp 1-2 

Commenti