I TRE RELITTI DI LAZISE SUL GARDA E LA GUERRA DI CAMBRAI
La Nave lunga di Lazise
di Massimo Capulli
da "Laguna Mare" anno 1 n. 2 - dicembre /gennaio 2001-02 pp. 22-23
per gentile concessione del
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Direttore Responsabile Sebastiano Giorgi
Come Io stesso Francesco Guicciardini riporta: "voltati tutti i pensieri a difendersi coll'armi, soldavano da ogni parte quantità grandissima di cavalli e di fanti, e armavano molti legni per la custodia de' liti di Romagna, e per metterne nel lago di Garda e nel Po e negli altri fiumi vicini".
L'incarico di recarsi sul Garda col grado di Capitano del Lago fu affidato per volontà del Senato di Venezia a Zaccaria Loredan. La piccola flotta assegnatagli sembra essere stata costituita soltanto da una galea e da due fuste, per di più in cattive condizioni, conservate nell'arsenale di Lazise.
Quest'ultima notizia ha portato molti ad ipotizzare che le tre navi fossero ciò che restava della flotta inviata dalla Serenissima attraverso i monti, durante la guerra con il Ducato di Milano.
(Tra il 1426-1454, per portare aiuti a Brescia assediata, il Senato fece infatti trasportare una flotta, composta da due galee sottili, tre fuste e venticinque copani, attraverso il Po e quindi, risalito l'Adige, fino a Mori. Servendosi di tronchi e numerosissimi buoi, le navi furono trascinate fino al lago, ora prosciugato, di Loppio. Con lo stesso sistema i veneziani trasportarono la flotta a Nago, poi lungo il pendio fino a Torbole e quindi sul lago. La ciclopica impresa della Serenissima riuscì nel suo intento, tuttavia l'anno seguente la flotta veneziana venne distrutta.)
La seconda flotta non venne così inviata da Venezia, bensì "assemblata" sul lago, con l'invio solamente del materiale necessario e forse d'alcuni maestri d'ascia in grado di seguire i lavori.
All'attuale stato delle conoscenze, tuttavia, l'identificazione del relitto con una delle navi mandate attraverso i monti o "assemblata" sul lago, rimane una mera suggestione.
Il 14 maggio l'esercito francese, battendo sul tempo i Veneziani, sferrò il primo attacco ad Agnadello. Sbaragliato l'esercito della Serenissima, le milizie francesi dì Luigi XII dilagarono senza quasi alcuna resistenza nel "Dominio di Terraferma". Il 28 dello stesso mese al governo della Serenissima giunge una missiva del Loredan, il quale chiede disposizioni, non sapendo "che far con quella galia e le do fuste.
Et che Salò è perso, à levà il provedador e conduto di qui, vien a Verona; Lonà è persa e la rocha; item, Riva, Peneda, Nago et Torbole, mancha Peschiera e Lacise." Lo stato delle cose non dava possibilità a scelte diverse da un'immediata ritirata, sicché il Senato dì Venezia ordinò di "brusar la galia e le fuste, et vegnir in questa terra".
Il 31 Maggio del 1509, a poche centinaia di metri dì distanza dal porto di Lazise, Zaccaria Loredan, eseguì l'ordine del Senato, facendo appiccare il fuoco alla galea e a una delle due fuste. Sì diresse poi sull'altra fusta verso Garda e a cavallo fino a Verona e quindi a Venezia, per riferire dell'accaduto al Senato della Repubblica.
Se l'inabissarsi delle tre navi nelle fredde acque del Lago di Garda forse non rappresentò un fatto storico particolarmente rilevante (e per questo motivo si trova confinato nelle "pieghe" della storia) per l'archeologia navale costituisce un evento eccezionale, poiché il fondale del lago, in questo punto fangoso, l'ambiente freddo e buio, e la conseguente scarsa attività biologica, hanno permesso la conservazione in buono stato di parte dello scafo di una nave da guerra d'epoca rinascimentale.
LA SCOPERTA
La posizione di una delle navi era nota ai pescatori di Lazise da sempre, tuttavia essi non potevano certo asserire con certezza che sì trattasse dì un'imbarcazione della Serenissima.
La scoperta ufficiale avvenne nell'estate del I 962, quando Enrico Scandurra, un volontario che collaborava col Museo di Storia Naturale di Verona, riuscì a localizzare il relitto, anche se, secondo un articolo comparso nel '58 sull'Arena, quotidiano di Verona, non spetterebbe a lui il merito del rinvenimento, ma ad un palombaro immersosi per cercare il corpo di un giovane annegato.
Questi, infatti, per primo raccontò dì aver visto affiorare dal limo trenta metri circa della costolatura dì una nave adagiata su dì un fianco.
In ogni caso a Scandurra sì deve il coordinamento della prima campagna di scavi che iniziò nel 1962 e sì concluse nel 1968, cui hanno fatto seguito per volontà del professor Luigi Fozzati, del Ministero per i Beni Culturali, altre due campagne: una nel 1990, diretta dall'archeologo Marco D'Agostino, ed una nel 1996, diretta dalla dottoressa Giuseppina Grimaudo.
IL RELITTO
Il relitto giace ad una profondità compresa tra i 24 ed i 27 metri su un fondale fangoso, a circa 500 metri dal porto moderno di Lazise, sponda veronese del lago di Garda. Lo scafo, che si è conservato per una lunghezza complessiva dì poco meno dì trenta metri ed una larghezza massima di tre metri e mezzo, a causa della conformazione del fondale, che è in leggera pendenza, presenta una giacitura doppiamente inclinata.
Sono perfettamente leggibili molti dei principali elementi costitutivi dell'ossatura della nave, tra questi si segnalano:
il paramezzale (il rinforzo longitudinale che unisce le varie corbe); le corbe (gli elementi trasversali dell'ossatura) e la scassa (una struttura costituita da due grosse tavole poste in opera dì taglio ai lati del paramezzale che serviva sia ad alloggiare il piede dell'albero, distribuendone le sollecitazioni, sia alle operazioni di abbattimento dell'albero stesso. Era infatti pratica comune durante gli scontri calare l'albero in coperta, in quanto costituiva un eccellente bersaglio per le armi da getto, e procedere unicamente con la propulsione remiera).
Inizialmente sì era ipotizzato che il relitto dì Lazise andasse identificato con la galea, com'è normalmente riportato nelle pubblicazioni dedicate a tale imbarcazione. Una recente rilettura della struttura, confrontata con le informazioni ricavate dalle fonti letterarie, consente invece dì ipotizzare che il relitto individuato non sia la galea, bensì la fusta, una nave simile alla galea ma dì dimensioni minori. Se quest'ipotesi fosse confermata allora la vera galea del Loredan deve essere ancora individuata.
- Servizio in collaborazione con: Soprintendenza Beni Archeologici Veneto - Nausicaa
- Foto subacquee di Giorgio Merighi
il paramezzale (il rinforzo longitudinale che unisce le varie corbe); le corbe (gli elementi trasversali dell'ossatura) e la scassa (una struttura costituita da due grosse tavole poste in opera dì taglio ai lati del paramezzale che serviva sia ad alloggiare il piede dell'albero, distribuendone le sollecitazioni, sia alle operazioni di abbattimento dell'albero stesso. Era infatti pratica comune durante gli scontri calare l'albero in coperta, in quanto costituiva un eccellente bersaglio per le armi da getto, e procedere unicamente con la propulsione remiera).
Inizialmente sì era ipotizzato che il relitto dì Lazise andasse identificato con la galea, com'è normalmente riportato nelle pubblicazioni dedicate a tale imbarcazione. Una recente rilettura della struttura, confrontata con le informazioni ricavate dalle fonti letterarie, consente invece dì ipotizzare che il relitto individuato non sia la galea, bensì la fusta, una nave simile alla galea ma dì dimensioni minori. Se quest'ipotesi fosse confermata allora la vera galea del Loredan deve essere ancora individuata.
- Foto subacquee di Giorgio Merighi
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